Elie Wiesel: la donnola travestita da agnello

UNA DONNOLA[1] TRAVESTITA DA AGNELLO

Di Thomas Kues, Gennaio 2010[2]

Il 27 Gennaio 2010, in occasione del decimo Giorno della Memoria, Elie Wiesel pronuncerà un discorso nell’Aula di Montecitorio, su invito del Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Qualcuno potrebbe pensare che l’invitato abbia bisogno dell’onorario della conferenza, dopo essere stato truffato di una parte del proprio patrimonio dal suo correligionario ebreo Bernie Madoff (anche se da una persona presuntamente saggia e spirituale come Wiesel ci si dovrebbe aspettare la consapevolezza del carattere transitorio delle ricchezze mondane…). Per quanto riguarda il contenuto della conferenza, è probabile che contenga le solite banalità sulla tolleranza e sull’importanza della memoria olocaustica.

Un comunicato ufficiale in rete diramato dal governo italiano descrive Wiesel come “il grande scrittore Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace, sopravvissuto all’Olocausto ed autore di numerosi, fondamentali libri sulla persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti”[3]. Ma questa reverente descrizione è davvero corrispondente alla vera natura di Wiesel? I leader politici italiani farebbero bene a chiedersi non solo perché fanno tenere a Wiesel la conferenza ma che tipo di persona è l’oratore in questione. Naturalmente, auspicare una tale cautela critica è chiedere molto, in un’epoca “illuminata” come questa. Nondimeno, mi rivolgerò anche ad orecchie non amiche e presenterò un breve riassunto di chi davvero è il signor Wiesel.

Wiesel il falso testimone

Se Elie Wiesel è certamente uno dei sopravvissuti più famosi di Auschwitz, i suoi ricordi sul presunto sterminio degli ebrei ad Auschwitz-Birkenau differiscono vistosamente dall’immagine fornita dagli storici dell’Olocausto. Invece delle camere a gas omicide, egli parla - nelle sue memorie su Auschwitz La Notte (1958) - di vittime ebree che venivano bruciate vive:

“Non lontano da noi delle fiamme salivano da una fossa, delle fiamme gigantesche. Vi si bruciava qualche cosa. Un autocarro si avvicinò e scaricò il suo carico: erano dei bambini. Dei neonati! Sì, l’avevo visto, l’avevo visto con i miei occhi…Dei bambini nelle fiamme”[4].

La diceria che ad Auschwitz venivano bruciati vivi neonati e bambini piccoli compare anche in altre storie di “testimoni oculari”, così che Wiesel non merita davvero il credito dell’originalità per questa storia “horror”. Quello che davvero invalida il racconto di Wiesel è la sua affermazione che anche gli ebrei adulti venissero sterminati in fosse fiammeggianti, in cui venivano avviati ordinatamente in colonne sotto la supervisione dei tedeschi (!):

“La nostra colonna non aveva da fare più che una quindicina di passi. Io mi mordevo le labbra perché mio padre non sentisse il tremito delle mie mascelle. Ancora dieci passi. Otto. Sette. Marciavamo lentamente, come dietro a un carro funebre, seguendo il nostro funerale. Solo quattro passi. Tre. Ora era là, vicinissima a noi, la fossa e le sue fiamme. Io raccoglievo tutte le mie forze residue per saltare fuori dalla fila e gettarmi sui reticolati. In fondo al mio cuore davo l’addio a mio padre, all’universo intero e, mio malgrado, delle parole si formavano e si presentavano in un mormorio alle mie labbra: Yitgaddàl veyitkaddàash shemé rabbà…Che il suo nome sia elevato e santificato…Il mio cuore stava per scoppiare. Ecco: mi trovavo di fronte all’Angelo della morte…No. A due passi dalla fossa, ci ordinarono di girare a sinistra, e ci fecero entrare in una baracca”[5].

La nozione stessa di un tale metodo di sterminio utilizzato per uccidere centinaia di migliaia di persone dovrebbe suscitare lo scetticismo anche dei più ardenti sostenitori della Shoah. Nell’edizione originale francese del libro, La Nuit, la locuzione “camera a gas” non compare neppure una volta; nella traduzione tedesca, d’altro canto, la parola “crématoire” è stata resa come “camera a gas” – persino nella descrizione di Buchenwald (dove anche secondo gli storici sterminazionisti non vi furono mai camere a gas omicide)![6]

Nel Gennaio del 1945, le SS del campo offrirono a Wiesel e a suo padre l’alternativa tra rimanere al campo ad aspettare l’arrivo dei sovietici o fuggire con i tedeschi. Padre e figlio, che all’epoca stavano entrambi nell’ospedale del “campo di sterminio” (!) decisero di fuggire con i loro carnefici, invece di aspettare sul posto i liberatori sovietici[7]. E’ davvero ironico che sia Wiesel a tenere nel Parlamento italiano una conferenza per il Giorno della Memoria, che commemora la “liberazione” sovietica di Auschwitz del 27 Gennaio 1945. Questo è un uomo che afferma di aver visto vagoni di neonati bruciati vivi dagli orridi nazisti, che afferma che le vittime di Auschwitz venivano avviate in colonne dentro enormi fosse ardenti, che nelle sue memorie su Auschwitz non ha mai menzionato le camere a gas, e che preferì essere evacuato dai tedeschi piuttosto che venire “liberato” dai sovietici quel 27 Gennaio – ed è proprio lui ad essere stato scelto per predicare sulla “verità e la memoria” dell’Olocausto davanti ai deputati! Persino il fiero anti-revisionista Pierre Vidal-Naquet disse che “dovete solo leggere dei brani di La notte per capire che certe sue descrizioni non sono esatte e che è essenzialmente un mercante della Shoah…che ha fatto un danno, un danno enorme alla verità storica”[8]. Che “certe” affermazioni di Wiesel non siano “esatte” è, ovviamente, ampiamente riconosciuto ma forse non ci si dovrebbe aspettare un resoconto schiacciante da “testimone oculare” da parte di un pio difensore della fede nell’Olocausto.

Wiesel l’oscurantista

Dopo aver dato prova, in La notte, della natura malsicura delle accuse sulle camere a gas omicide, Wiesel decise di avallare questa stessa leggenda, ma con il suo modo tipicamente oscurantista. Secondo Wiesel, le presunte “camere a gas” non dovrebbero essere oggetto di studio scentifico, nemmeno da parte degli storici di regime:

“Le camere a gas, è meglio che restino al riparo da sguardi indiscreti. E dall’immaginazione”[9].

Per Wiesel, le “camere a gas” sono nientemeno che il nuovo Santo dei Santi, un luogo sacro precluso a tutti tranne che agli uomini più santi – ai quali, naturalmente, egli stesso appartiene:

“L’Olocausto è un sacro mistero, il cui segreto è ristretto alla cerchia sacerdotale dei sopravvissuti”[10].

Elie Wiesel è, in realtà, il Sommo Sacerdote dell’Olocausto e il primo oscurantista di una religione mondiale tenebrosa e grottesca, che prospera al riparo della luce della ragione e che è sostenuta dagli odierni inquisitori e da apposite leggi contro l’eresia.

Wiesel il fanatico

La nuova fede dell’Olocausto custodita da Wiesel e dai suoi accoliti non è di certo una religione che predica la misericordia, come si può notare da un’altra classica citazione di Wiesel:

“Ogni ebreo, da qualche parte dentro di sé, dovrebbe serbare una zona di odio – un odio sano e virile – per quello che il tedesco personifica e per quello che persiste nel tedesco. Agire altrimenti sarebbe come tradire i morti”[11].

Per Wiesel, i tedeschi sono un popolo che si dovrebbe genuflettere davanti a Israele in eterna sottomissione, continuando a sborsare i soldi dei risarcimenti. Non c’è da sorprendersi che Wiesel fosse presente quando il nuovo “Museo della Tolleranza” di Gerusalemme – costruito sopra un cimitero musulmano palestinese (!)[12] – aprì finalmente le sue “Porte del Paradiso”. Dopo tutto, chi potrebbe essere più qualificato per parlare di tolleranza?

Wiesel il negazionista della Nakbah

Non c’è da sorprendersi che - se nei suoi scritti ha qualche volta menzionato i “guai dei palestinesi” - Wiesel rimanga comunque silenzioso sui crimini israeliani commessi contro i palestinesi, oppure che li minimizzi, quando non li nega completamente. Per quanto riguarda la Nakbah, la pulizia etnica della Palestina compiuta negli anni 1947-1948, Wiesel afferma che nel 1948, “istigati dai loro leader, 600.000 palestinesi lasciarono il loro paese convinti che, una volta che Israele fosse stata sconfitta, avrebbero potuto tornare a casa”[13]. Così Wiesel diffonde il mito che i palestinesi abbiano lasciato il proprio paese volontariamente e nega implicitamente il fatto che le forze armate sioniste uccisero migliaia di palestinesi in massacri come quello di Deir Yassin, e che rasero al suolo interi villaggi nel quadro di un piano dettagliato di pulizia etnica[14].

Wiesel l’umanista guerrafondaio

Durante lo scorso decennio, i falchi del sionismo e le loro quinte colonne in occidente hanno invocato sempre di più un’azione militare contro la nazione fieramente antisionista dell’Iran. Nel momento in cui si presenta come una colomba della pace, Wiesel, che è un falco dissimulato, ha contribuito la sua parte alle pressioni in favore della guerra. Così, egli ha dichiarato:

“Sono contro la guerra, non sopporterei me stesso nel sentirmi parlare in favore della guerra. Non sono un generale, ma forse è necessario inviare un commando a distruggere le installazioni [nucleari iraniane]”[15].

Ovviamente, la distruzione delle installazioni nucleari legittime di uno stato straniero è di certo un atto di guerra, a cui l’attaccato ha il diritto di rispondere militarmente. L’idea che l’Iran stia cercando di difendersi da uno stato nemico, Israele, che è provvisto di forze armate all’avanguardia e di un arsenale di centinaia di testate nucleari – la cui esistenza è risaputa ma nondimeno ufficialmente negata – a quanto pare non è mai venuta in mente al signor Wiesel – o, se gli è venuta, preferisce non parlarne. C’è una ragione particolare, del perché i sionisti vogliono vedere l’Iran attaccato – o il suo governo rovesciato (magari mediante una “rivoluzione colorata”) – oltre a quelle dell’antisionismo dell’Iran e del vecchio odio biblico contro i persiani: si tratta dello scetticismo del presidente iraniano nei confronti della Shoah. Nel medesimo articolo, Wiesel definisce il presidente dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad “il negazionista dell’Olocausto numero uno del mondo”. Certamente, non bisogna permettere ad un arci-eretico come costui di difendere il proprio paese dagli attacchi del nemico! Dopo tutto, abbiamo a che fare con il nuovo Hitler, il nuovo Haman, che deve essere fermato a tutti i costi prima che riesca a gettare il povero, minacciato, assediato Israele nelle fosse ardenti di un nuovo “Olocausto”. In questa situazione non c’è spazio per mediazioni politiche. Inoltre, Wiesel è un propagandista del mito sionista palesemente falso che l’”unico obbiettivo” del regime di Ahmadinejad consiste nella “distruzione di Israele”, e che il governo iraniano sta progettando di “cancellare Israele dalle mappe” utilizzando le armi nucleari. Mentre diffonde tali menzogne, Wiesel ha la chutzpa[16] di scrivere che Ahmadinejad sta “ridicolizzando la verità storica”[17]! Per Wiesel, la guerra è un male, a meno che sia una guerra “umanistica” a beneficio dell’ebraismo! Insieme a Barack Obama e a Menachem Begin, Elie Wiesel fa parte dei Premi Nobel della Pace più immeritevoli.

Conclusione

E’ giusto che politici onesti e degni – ammesso che ancora esistano – invitino un arci-impostore, guerrafondaio, oscurantista e fanatico, a tenere una conferenza su argomenti come la “verità storica”, la “memoria” e la “tolleranza”?

[1] In inglese, weasel, la cui citazione dà all’autore lo spunto per il gioco di parole Wiesel-Weasel.
[2] Traduzione di Andrea Carancini
[3] http://presidente.camera.it/comunicatistampa/schedacomunicato.asp?idcomunicato=5183
[4] Elie Wiesel, La notte, Giuntina, Firenze, 1986, pp. 37-38.
[5] Ivi, p. 39.
[6] Robert Faurisson, “Witnesses to the Gas Chambers of Auschwitz”, in Germar Rudolf (curatore), Dissecting the Holocaust [Esaminare l’Olocausto], seconda edizione, Theses & Dissertation Press, Chicago, 2003, p. 144. In rete all’indirizzo: http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndwitness.html .
[7] Elie Wiesel, op. cit., pp. 81-84.
[8] Citato nella rivista francese Zéro, Aprile 1987, p. 57.
[9] Elie Wiesel, Tous les fleuves vont à la mer, Mémoires, vol. 1, Editions du Seuil, Paris, 1994, p. 97.
[10] Citato in Peter Novick, The Holocaust in American Life, Houghton Miffin, 1999, pp. 211-212.
[11] Elie Wiesel, Legends of Our Time, Schocken Books, New York, 1982, p. 142.
[12] http://en.wikipedia.org/wiki/Museum_of_Tolerance
[13] Elie Wiesel, “Jerusalem in My Heart”, New York Times Op-ed, 24 Gennaio 2001.
[14] http://andreacarancini.blogspot.com/2009/11/la-pulizia-etnica-della-palestina.html
[15] “Jewish leader: Iran president a ‘second Hitler’”: http://www.msnbc.msn.com/id/13201140/
[16] Impudenza.
[17] Elie Wiesel, "Ahmadinejad’s regime doesn’t deserve global recognition", http://www.jweekly.com/article/full/31064/ahmadinejad-s-regime-doesn-t-deserve-global-recognition/