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Membri del futuro Circolo 22 marzo |
Devo assolutamente raccontare una storia che mi è capitata
mesi fa. Eravamo all’inizio dell’anno: un amico – che è un noto giornalista d’inchiesta
– mi invia per email le foto, fino ad allora inedite su Internet, dei locali
romani del famigerato Circolo 22 marzo (quello dei finti anarchici Merlino e
Valpreda) . “È un regalo”, mi dice: “pubblicale pure sul tuo sito”.
Il regalo in questione mi fa tornare in mente che avevo da
diversi mesi nel cassetto un – importante – articolo di Vinciguerra proprio sul
detto Circolo, che mi ero dimenticato di pubblicare.
Riguardo alle foto inedite, una su tutte mi colpisce: l’ultima,
quella col disegno sul muro di quello strano personaggio sul cui cappello è
stampata la lettera A (anarchia) e che reca in mano una bomba. Quello accompagnato
da un fumetto con il seguente messaggio: “NO ALLA CULTURA”.
Un particolare, soprattutto, non cessa di intrigarmi: il
fatto che il detto personaggio indossi, oltre al poncho, anche una gorgiera,
il tipico colletto pieghettato indossato dagli aristocratici del ‘500-‘600.
Che c’entra la gorgiera con un bombarolo (presuntamente)
anarchico?
Ne riparleremo tra breve.
Curiosamente, proprio in quel periodo, mi rivedo in dvd I promessi sposi,
lo storico sceneggiato RAI del 1967: uno dei grandi sceneggiati della grande
RAI dell’epoca.
Mentre guardo l’episodio su Renzo che, a Milano, viene
condotto all’osteria dopo l’assalto ai forni del pane, sobbalzo: è l’episodio
(corrispondente al capitolo 14° del romanzo) in cui Renzo viene circuito da Ambrogio Fusella, il falso spadaio – e vero
bargello (sbirro) – che lo invoglia a
bere per carpirne le generalità.
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Renzo trascinato all'osteria da Ambrogio Fusella |
Ma questo, mi dico, sembra l’antenato dei Merlino e dei
Valpreda di Piazza Fontana: a quanto pare, già nella Milano del ‘600 esisteva
la figura dell’agente provocatore (oltretutto, nello sceneggiato Ambrogio
Fusella è barbuto proprio come Mario Merlino)!
Mi vado a rileggere il romanzo, e verifico che la
somiglianza con il modus operandi dei finti anarchici sessantottini non solo c’è
ma è addirittura sconcertante.
Chi ha letto il capolavoro del Manzoni, Ambrogio Fusella se
lo ricorderà certamente: è quello che accosta Renzo, dopo il discorso in piazza
tenuto dal giovane, con le fatidiche parole:
«Son qui io a
servirvi, quel bravo giovine … Conosco appunto un’osteria che farà al caso
vostro; e vi raccomanderò al padrone …».
Quello stesso che, una volta all'osteria, per farlo parlare, si mette a fare quel discorso che oggi si direbbe “di
sinistra”:
«Eh! Se comandassi
io,» disse, «lo troverei il verso di fare andar le cose bene … vorrei che ci
fosse pane per tutti; tanto per i poveri, come per i ricchi … Ecco come farei.
Una meta onesta, che tutti ci potessero campare. E poi, distribuire il pane in
ragione delle bocche: perché c’è degli ingordi indiscreti, che vorrebbero tutto
per loro, e fanno a ruffa raffa, pigliano a buon conto, e poi manca il pane
alla povera gente.»
Quello che poi lo fa arrestare dagli sbirri come pericoloso
delinquente …
Sembra il ritratto, con tre secoli di anticipo, dei Merlino
e dei Valpreda, che accostano i compagni con discorsi “di sinistra” e poi li
mettono nei guai!
Confrontate, ad esempio, il detto capitolo manzoniano con i
passaggi riguardanti Mario Merlino da me già pubblicati nel post Mario Michele Merlino, l’infiltrato per
antonomasia:
e in particolare l’ultimo, quello sulla manifestazione di
piazza del 1964, in cui Merlino era “impegnato
nell’indicare alla polizia gli studenti da inseguire e manganellare”.
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Mario Merlino in ona foto d'epoca |
A questo punto sorge una domanda: ma perché, nel romanzo
manzoniano, un acuto osservatore (e delatore) come Ambrogio Fusella se la prende proprio con
Renzo, che era un bravo ragazzo, e trascura le eventuali frange violente del movimento?
Anche in questo I
promessi sposi si rivelano di un’attualità sconcertante: perché, ancora
oggi, il potere si comporta esattamente così. Non solo – da piazza Fontana in
poi – nei cosiddetti “anni di piombo”, ma anche in episodi molto più recenti,
come nel G8 di Genova o nella manifestazione romana degli indignados di due anni fa …
A essere prese di mira sono innanzitutto le frange non
socialmente pericolose: i veri delinquenti, invece, vengono allevati e tendenzialmente
protetti. Li si sbatte dentro solo quando non se ne può più fare a meno (e,
quando si può, li si “redime” e recupera: vedi la storia di pluriergastolani
come Mambro e Fioravanti o di certi esponenti delle Brigate rosse e di Prima
Linea …).
Perché l’esempio dei contestatori civili, come il Renzo manzoniano, potrebbe essere contagioso …
Torniamo ora all’enigmatico disegno di cui parlavamo all’inizio:
Paolo Cucchiarelli mi dice essere opera di “Anna Bolena”, un famigerato informatore/provocatore
dell’epoca.
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L'emblematico "murales" del Circolo 22 marzo |
La sua caratteristica è quella di essere composto di
elementi eterogenei solo all’apparenza, ma che in realtà costituiscono una
sorta di ideogramma del perfetto provocatore: il poncho, la gorgiera e il
cappello.
Il poncho, indumento tradizionale dell’America latina, è da
sempre emblema dei colonizzati e degli sfruttati del medesimo continente (e,
per estensione, dei poveri di tutto il mondo): in questo caso costituisce l’apparenza di “sinistra” del provocatore.
La gorgiera invece sta a significare: a parole stiamo con
gli sfruttati, ma nei fatti lavoriamo per mantenere (e per estendere) i
privilegi dei dominanti.
Certo, è curioso che i neofascisti dell’epoca abbiano
pensato proprio alla Spagna coloniale, come simbolo del potere (anche se è noto
che la Spagna di Franco fu un punto di riferimento per tutti costoro): non
escludo che “Anna Bolena” si sia ispirato proprio allo sceneggiato di Bolchi,
che in quegli anni ebbe un enorme successo!
Da notare anche il cappello, che assomiglia proprio al
tipico cappello a punta del mago: ecco, tra i
corsi e i ricorsi della storia, proprio la magia e l’esoterismo potrebbero
essere visti come l’elemento - il valore aggiunto - che differenzia i moderni agenti provocatori dal
manzoniano Fusella. È ben noto infatti, seppur solo agli addetti ai
lavori, l’importanza dell’esoterismo nella formazione dei neofascisti atlantici
“di servizio” (come li ha definiti Vinciguerra).
Quanto al messaggio “NO ALLA CULTURA”, è chiaro che uno
degli strumenti per mantenere (e estendere) i privilegi dei dominanti è proprio
quello di impedire la crescita culturale complessiva della nazione, che
renderebbe evidenti (e insopportabili) a tutti i detti privilegi.
Questo è, purtroppo, il lascito più persistente dei vecchi
arnesi della strategia della tensione, come si vede dalla politica dei tagli alla cultura dei governi degli
ultimi decenni, anche dei più recenti.
Rimane da dire della “A” (anarchia) che campeggia nel detto cappello:
erano davvero “anarchici” personaggi come Merlino e Valpreda?
La domanda non è retorica: certo, non erano anarchici nel
senso comune (e onesto) che si da al termine in questione ma, sia pure a modo
loro, lo erano. In che senso? Nello stesso senso in cui Pasolini definiva “anarchico”
il Potere: il Potere è anarchico “perché fa quello che vuole” (compresi gli
omicidi e le stragi, come quella di Piazza Fontana).