La Cina buona per gli ebrei


LA CINA BUONA PER GLI EBREI

Un libro intitolatoGli ebreiperché sono ricchi?” sarebbe considerato antisemita in ogni altro paese del mondo. In Cina, tuttavia, è una forma di complimento. Ronen Medzini sviluppa delle considerazioni sull’idolatria dei cinesi per lo spirito ebraico

Di Ronen Medzini, 13 Aprile 2008[1]

Quando mi presento ad un cinese, il mio ego rimane sempre lusingato. “Un ebreo? Molto intelligente!”, è la risposta immediata. La maggior parte delle volte viene seguita da: “siete molto bravi negli affari”,

Non c’è dubbio, tuttavia, che la mia risposta preferita è: “siete come Einstein!”. In realtà c’è una certa somiglianza tra Einstein e me. E la prova è che solo questa settimana sono riuscito a riparare una perdita nella mia lavatrice tutto da solo.

Da tempo immemorabile, e in molte parti del mondo fino ad oggi, gli ebrei hanno sofferto a causa dell’antisemitismo e della discriminazione. Anche in Cina vi sono dei pregiudizi contro gli ebrei e Israele, ma sorprendentemente la maggior parte di essi sono positivi.

Sebbene la grande maggioranza dei cinesi non ha mai incontrato un ebreo, l’opinione prevalente in Cina elogia e glorifica gli ebrei e lo stato d’Israele. Altre perle di saggezza dei cinesi sono le seguenti: “Israele è piccolo e circondato da nemici, ma riesce a sopravvivere e ad avere successo”, e “La Cina e il giudaismo sono le sole cose che hanno conservato il loro carattere nel corso della storia”.

“Israele e la Cina sono amici intimi”: ai cinesi piace lusingare, mostrando grande competenza nella storia degli ebrei in Cina. E in realtà, gli ebrei devono molto alla Cina, che è stata come un oasi di tregua per gli ebrei della diaspora nel secolo scorso.

La bolla ebraica in Cina

I documenti storici dicono che i primi ebrei arrivarono in Cina nell’ottavo secolo dalla Persia, attraverso la Via della Seta. La prima comunità ebraica in Cina venne fondata nell’anno 1163 nella città di Kai-Fang nel distretto di Nan, dove venne costruita la prima sinagoga cinese.

Alla fine del diciannovesimo secolo, gli ebrei russi si stabilirono nelle città di Tianjin e di Dalian, nella Cina del Nord. Ma la più grande comunità dell’epoca, che comprendeva circa 25.000 ebrei al suo apice, venne costituita nella città di Harbin, dove gli ebrei arrivarono in seguito all’estensione della linea ferroviaria tran-siberiana.

Teddy Kaufman, presidente dell’associazione Israele-Cina, è nato a Harbin nel 1924 ed è emigrato in Israele nel 1950. La sua infanzia nella città fu tranquilla e normale. Aveva numerosi amici cinesi che studiavano con lui a scuola, ed egli prese parte attiva alla vita della comunità.

“Non sapevamo nulla di quello che accadeva in Europa. Eravamo completamente separati dal mondo ebraico”, mi ha detto. Quando gli ho chiesto se aveva mai sperimentato atti di antisemitismo, egli ha detto: “Naturalmente, da parte dei russi della città”. E da parte dei cinesi? “Mai”.

Quando gli ho chiesto se era grato ai cinesi del loro trattamento equo nei confronti degli ebrei, ha risposto immediatamente: “Senza dubbio”.

Nel 1931, e in seguito alla presa di possesso da parte dei giapponesi del distretto della Manciuria nella Cina settentrionale, la situazione degli ebrei peggiorò. Vennero costretti a vivere sotto il controllo e le restrizioni dei loro affari e ubbidirono alle leggi giapponesi. Negli anni seguenti, circa 4.500 ebrei emigrarono dalla Cina settentrionale a Shanghai, prima che i giapponesi prendessero il controllo della città.

Oasi di tregua a Shanghai

“Il mondo sembra essere diviso in due: i posti dove gli ebrei non possono vivere, e i posti dove gli ebrei non possono entrare”, scriveva Chaim Weizmann nel 1936, dopo che i nazisti ascesero al potere in Europa e che altri paesi vietarono agli ebrei di rifugiarsi colà.

Un’eccezione fu la città di Shanghai, che negli anni ’30 era il solo luogo al mondo che non richiedeva un visto d’ingresso. Negli anni ’30 e durante la seconda guerra mondiale, circa 18.000 ebrei che lasciarono l’Europa nazista trovarono rifugio in tale città.

Essi si unirono a due ondate di immigrati ebrei che avevano già raggiunto Shanghai. La prima, nel 1848, di ricchi ebrei provenienti da Baghdad, che avevano accumulato molto potere e molte proprietà nella città, e la seconda di ebrei russi negli anni ’30.

La maggior parte degli immigrati ebrei arrivarono senza nessuna risorsa, e vennero aiutati finanziariamente dai ricchi ebrei di Baghdad e dalle donazioni raccolte dal Joint degli Stati Uniti. La comunità ebraica sviluppo a Shanghai una vita indipendente, che comprendeva scuole, ospedali, cimiteri, teatri, e persino associazioni sportive.

Nel 1937 Shanghai venne occupata dai giapponesi, e nel 1942, in seguito alle pressioni della Germania nazista sulle autorità giapponesi, i giapponesi comandarono a tutti i “residenti di Shanghai senza cittadinanza” (una formula concepita contro gli ebrei) di trasferirsi in un’area affollata di poco più di un chilometro quadrato nel povero quartiere di Hongkou.

Il quartiere, che era conosciuto come il “ghetto di Shanghai”, era la zona dei poveri della città, e gli ebrei vissero lì assieme ai cinesi. Le condizioni di vita del ghetto erano molto difficili, c’era una grande penuria di cibo, e scoppi di epidemie dovute alle scadenti condizioni sanitarie. A Shanghai, tuttavia, a differenza del resto del mondo, quasi tutti gli ebrei sopravvissero alla guerra.

I cinesi all’epoca venivano anche perseguitati e massacrati dai giapponesi. “I cinesi e gli ebrei sono legati da una fratellanza speciale, la fratellanza dei perseguitati”, mi è stato detto da Shalom Greenberg, il rabbino di Shanghai. “Anche oggi gli ebrei sono grati ai cinesi per averli trattati come eguali, come esseri umani”.

Dopo la fondazione dello stato d’Israele, e in seguito all’ascesa in Cina del comunismo, che non portò benefici alle minoranze e alle religioni straniere, quasi tutti gli ebrei lasciarono la città. La maggior parte di loro emigrò in Israele, il resto si trasferì in altri paesi. Oggi, Dvir Ben-Gal guida le visite sulle tracce della comunità ebraica di Shanghai.

La comunità ebraica di Shanghai oggi comprende circa 2.000 ebrei, tutti nuovi arrivati. La prossima settimana, almeno 500 persone sono attese per prendere parte alla celebrazione notturna della Pasqua, che sarà organizzata in città dalla Chabad House e sarà condotta dal rabbino Greenberg.

La via ebraica alla ricchezza

Uno degli assunti basilari più comuni, in Cina e nel resto del mondo, è che gli ebrei hanno denaro e potere. La differenza sta nell’atteggiamento verso tale assunto. Mentre in molte parti del mondo gli affari e il dominio degli ebrei sono visti con un senso di disgusto, i cinesi hanno sviluppato una grande ammirazione, persino un’idolatria, nei riguardi dello spirito ebraico.

Qual è la ragione principale di questo atteggiamento? La Cina non si sente, e non si è mai sentita, minacciata dagli ebrei. Al contrario, la Cina guarda al giudaismo come ad una cultura antica e saggia come la propria, e rispetta la morale elevata e i valori familiari sottolineati nella Bibbia.

Perciò, il sospetto/odio/invidia verso il denaro e il potere ebraico è stato sostituito in Cina da un altro fenomeno: la curiosità. La domanda: “Perché gli ebrei sono così potenti nel mondo?” viene fatta da molti cinesi.

Ne ho trovato la prova nella libreria locale. Nella sezione business, ho notato un libro con un titolo interessante: “La via ebraica alla ricchezza”. Quando ho chiesto alla commessa se c’erano libri simili, mi ha indicato un’intera sezione di libri sugli affari che utilizzano il motivo ebraico per attirare clienti.

Un altro libro, che ho notato immediatamente, comprende un’illustrazione di Mosè che afferra le Tavole della Legge mentre la didascalia recita: “Le antiche e grandi scritture ebraiche per diventare ricchi”.

Quando ho chiesto alla commessa quali di questi libri era diventato un bestseller, ella mi ha porto il libro “La saggezza negli affari degli ebrei e l’arte del comportamento appropriato secondo il Talmud”. Non ricordo di aver imparato a scuola come diventare ricco ma questo è un modo sicuramente originale di rendere le lezioni più interessanti.

Altri libri che ho trovato sugli scaffali comprendevano: “I metodi più efficaci del business ebraico”, “Capire i mercanti ebrei: come riescono a vendere e ad avere successo”, e “Gli ebrei: perché sono ricchi?”.

E’ molto probabile che libri con titoli simili pubblicati in ogni altro paese sarebbero considerati antisemiti e razzisti. In Cina, tuttavia, possono essere considerati come una sorta di distorto complimento per la nostra tradizione. Dopo tutto, quando ho detto alla commessa che sono ebreo, ella ha esclamato immediatamente: “Wow, sei intelligente!”.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.ynetnews.com/Ext/Comp/ArticleLayout/CdaArticlePrintPreview/1,2506,L-3531164,00.html