Michael Hoffman: Obama a Hiroshima - La cosa giusta da fare




OBAMA A HIROSHIMA – LA COSA GIUSTA DA FARE[1]

Di Michael Hoffman, 27 maggio 2016

I super-patrioti neocon sono scandalizzati che un Presidente americano lamenti il massacro americano di decine di migliaia di civili a Hiroshima e, di conseguenza, anche nella città giapponese di Nagasaki (quest’ultima, quando venne incenerita, era la capitale del cattolicesimo dell’Estremo Oriente). L’aviazione del generale Curtis LeMay, utilizzando bombe convenzionali, aveva in precedenza incenerito la città di Tokyo, in gran parte costruita con edifici di legno, uccidendo circa 100.000 civili. Si ritiene che questi massacri siano stati delle rappresaglie per l’attacco giapponese alla base militare americana di Pearl Harbor.

L’alibi per la barbarie atomica è che abbia “abbreviato la guerra e salvato vite americane”. Nel 1985, quando lavoravo in California come reporter e scrivevo una storia su Hiroshima e Nagasaki, parlai al telefono con Walter Trohan, già giornalista per il quotidiano populista Chicago Tribune, del colonnello Robert McCormick. Trohan si occupava della Casa Bianca. Era stato vicino a tutti i presidenti americani, da FDR a Reagan. Conosceva anche i pesci più piccoli, come l’ammiraglio William Leahy[2], il capo di stato maggiore di Franklin Roosevelt. Trohan informò il sottoscritto, con un tono di indignazione, anche se l’incidente di cui parlava era avvenuto 42 anni prima, che l’ammiraglio Leahy gli aveva detto nel 1943 che i giapponesi stavano cercando di arrendersi alle forze americane. Egli ammonì Trohan che se avesse stampato questa informazione segretata prima che la guerra fosse finita, Trohan sarebbe stato incarcerato con l’accusa di spionaggio. 

Trohan e il suo boss McCormick tennero nel cassetto la storia fino alla domenica del 1945 dopo che il Giappone era stato colpito con le bombe atomiche e si era arreso in modo incondizionato. Dal 1943 in poi il governo giapponese aveva cercato una pace negoziata che avrebbe lasciato l’Imperatore Hirohito sul trono e un governo ponte in una Tokyo intatta. Tutte le forze armate giapponesi si sarebbero arrese e i soldati e i marine americani sarebbero entrati in Giappone senza colpo ferire. Tutto ciò sarebbe stato la resa condizionata. 

Dopo che questa offerta di pace venne rifiutata dal Presidente Roosevelt, decine di migliaia di marine e di marinai americani, e centinaia di migliaia di civili giapponesi finirono uccisi, sacrificati sull’altare della dottrina della “resa incondizionata” di Roosevelt.

Franklin Roosevelt era stato il criminale presidenziale che aveva permesso che Pearl Harbor venisse attaccata. Egli sapeva in anticipo che l’attacco sarebbe avvenuto nel dicembre 1941. Incredibilmente, quasi 75 anni dopo molti dei dati di intelligence su Pearl Harbor rimangono segretati e non sottoposti alla divulgazione del Freedom of Information Act. Cosa nasconde il “nostro” governo? Molto di quello che può essere ricostruito venne compilato da Robert Stinnet nel suo indispensabile libro Day of Deceit (Il giorno dell’inganno)[3]; meritevole di lettura è anche l’articolo di James Perloff “Pearl Harbor: Hawaii was Surprised; FDR Was Not (Pearl Harbor: le Hawaii furono sorprese; FDR non lo fu), in New American Magazine, 7 dicembre 2015[4]

I palestinesi in particolare e i musulmani in generale sono studenti di storia. Essi hanno notato che gli Stati Uniti e i loro Alleati sono ricorsi ad ogni mezzo disponibile, non importa quanto mostruoso, per sconfiggere quelli che gli Alleati consideravano i loro “mostruosi” nemici: la Germania e il Giappone. Il terrorismo contro le truppe tedesche (“la guerra partigiana”) come pure contro le popolazioni civili (i centri abitati di tutte le più importanti città tedesche vennero bombardati, in molti casi con bombe incendiarie dalle forze americane e inglesi) era un fatto di routine. Lo scopo era quello di sterminare, il più possibile, gli uomini, le donne e i bambini della Germania e del Giappone.
Quando i palestinesi sparano e gettano bombe contro le truppe israeliane, o i militanti dell’Isis prendono di mira i teatri francesi o le metropolitane belghe, essi adottano le stesse tattiche che gli Alleati hanno usato durante la “Guerra Giusta”. Questo è il contagio del terrore che noi, nella nostra arroganza senza limiti, abbiamo diffuso.

Per quanto possano essere cinici i motivi ulteriori che hanno spinto Obama a visitare Hiroshima, il fatto è che la sua visita dovrebbe servire come una riconsiderazione della dottrina, propugnata dagli Alleati, del giusto terrorismo inflitto alle popolazioni civili risiedenti in nazioni con cui gli Stati Uniti sono in guerra. Altrimenti, non possiamo aspettarci un trattamento meno inumano dai musulmani sunniti/wahabiti/salafiti che sono in guerra contro di noi e che stanno seguendo il nostro esempio inumano. 

La prossima visita di riconciliazione di Obama dovrebbe essere Dresda, in Germania, sito di un altro vero olocausto alla pari con Hiroshima e Nagasaki.       


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://revisionistreview.blogspot.it/2016/05/obama-in-hiroshima.html