Carlo Mattogno: "Affossatori" affossati. Matteo Luigi Napolitano e un "nuovo" libro del Museo di Auschwitz

Matteo Luigi Napolitano


“Affossatori” affossati.
Matteo Luigi Napolitano e un “nuovo” libro del Museo di Auschwitz

La patetica inettitudine degli storici olocaustici italiani è un fatto notorio; non ce n'è uno che abbia scritto qualcosa di degno di figurare in una bibliografia olocaustica di un certo rilievo, come “La distruzione degli Ebrei d'Europa” di Raul Hilberg (Einaudi, Torino, 1995), “The Origins of the Final Solution. The Evolution of Nazi Jewish Policy, September 1939-March 1942” di Christopher R. Browning (Yad Vashem, Gerusalemme, 2004), “Holocaust. The Nazi Persecution and Murder of Jews”, di Heinz Peter Longerich (Oxford University Press, New York, 2010); invano si cercheranno i nomi di “esperti” su Auschwitz di chiara fama come Marcello Pezzetti (notorio “esperto mondiale” di Auschwitz autore di ... nessun libro su questo campo) o Frediano Sessi (il cui “Auschwitz 1940-1945. L'orrore quotidiano in un campo di sterminio” è il frutto di uno spudorato saccheggio del libro  Auschwitz. Il campo nazista della morte”, pubblicato dal Museo di Auschwitz nel 1997)[1] in un'opera di riferimento come  The Case for Auschwitz. Evidence from the Irving Trial”, di Robert Jan van Pelt (Indiana University Press, Bloomington and Indianapolis 2002), tanto per menzionare qualche titolo. L'unico ambito in cui qualche storico italiano, per ovvie ragioni, viene preso in consididazione, è esclusivamente quello statistico, ossia quello relativo alla deportazione ebraica dall'Italia. A questo titolo, ad esempio, Liliana Picciotto Fargion figura tra gli autori dell'opera “Dimension des Völkermords. Die Zahl der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus”, a cura di Wolfgang Benz (Oldenbourg Verlag, Monaco, 1991, pp. 199-227).
Invano si cercheranno storici italiani tra i partecipanti a importanti conferenze olocaustiche internazionali, come quella di Stoccarda del 1984 (Der Mord an den Juden im Zweiten Weltkrieg. Entschlußbildung und Verwirklichung. A cura di Eberhard Jäckel e Jürgen Rohwer. Deutsche Verlags-Anstalt, Stoccarda, 1985), quella organizzata a Parigi nel 1982 (Colloque de l'École des Hautes Études en sciences sociales. L'Allemagne nazie et le génocide juif. Gallimard, Parigi, 1985) o quella di Oranienburg del 2008 (Neue Studien zu nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas. Historische Bedeutung, technische Entwicklung, revisionistische Leugnung. A cura di Günter Morsch e Betrand Perz, con la collaborazione di Astrid Ley, Metropol, Berlino, 2011)[2].
Se questa è la situazione degli storici, si può facilmente immaginare quale sia il livello dei loro surrogati, persone provenienti dalle discipline più varie che, incomprensibilmente, sentono l'irrefrenabile impulso a ciarlare di Olocausto e soprattutto di “negazionismo”. Di regola costoro non conoscono neppure i rudimenti della storiografia olocaustica e si mostrano tanto più supponenti quanto più sono storicamente e storiograficamente ignoranti.
Alla lista già lunga di questi escursionisti olocaustici della domenica, la cui rappresentante più nota è  l'esperta in Cappuccetto Rosso, malauguratamente prestata alla storiografia olocaustica, Valentina Pisanty[3], si è recentemente aggiunto Matteo Luigi Napolitano, «docente di storia delle relazioni internazionali all’Università degli studi del Molise e delegato internazionale del Pontificio Comitato scienze storiche».
Il sito “Radio Vaticana”[4] ha pubblicato un articolo - “Il Papa ad Auschwitz, nuovi documenti affossano negazionismo” che riporta le strabilianti rivelazioni di questo nuovo “esperto”:
«Sono carte che seppelliscono ogni negazionismo. In questi testi i nazisti stessi confessano che stanno ampliando il campo di concentramento di Auschwitz, costruendo dei forni crematori e ordinando il letale gas Ziklon-B [sic]. C’è la prova provata che stavano organizzando un piano di sterminio in modo molto meticoloso. Non furono però altrettanto meticolosi nel distruggere i documenti che dimostravano tutto ciò e questo ci consente di apprendere nuovi elementi sulla storia della Shoah».
Napolitano ci informa che queste “carte” si trovano nell'opera «The beginnings of the extermination of Jews in KL Auschwitz in the light of the source material, pubblicato in polacco e inglese, proprio dal Museo Memoriale di Auschwitz-Birkenau, nel 2014».
Più avanti egli aggiunge:
«Si tratta di documenti che i nazisti non riuscirono a distruggere durante la precipitosa fuga da quel campo di concentramento, all’arrivo dell’armata russa. Un materiale che viene raccolto, inventariato e gradualmente reso disponibile alla consultazione degli studiosi».
Napolitano ha un'idea alquanto curiosa dell'evacuazione del campo di Auschwitz; se avesse almeno sfogliato la migliore sintesi in italiano della storia olocaustica di questo campo - il libro che ho menzionato sopra, Auschwitz. Il campo nazista della morte”, - avrebbe appreso che l'evacuazione cominciò nell'agosto 1944 e che «nella seconda metà del 1944 le autorità delle SS si impegnarono non poco per cancellare e distruggere le prove dei crimini compiuti nel campo di Auschwitz» (pp. 244-245), sicché avevano avuto sei mesi per distruggere i documenti.
Segue, incomprensibilmente in neretto, questa frase:
«Non dimentichiamo che c’è altro materiale, come gli effetti personali dei deportati e delle persone decedute nel lager, che deve essere ancora inventariato».
A quanto pare, egli non ha il minimo sentore del fatto che un tale inventario era già stato effettuato e  il numero dei relativi “effetti personali” era già stato indicato dal giudice Jan Sehn (quello che preparò l'istruttoria del processo contro Rudolf Höss) alla metà degli anni Cinquanta![5].
Sorvolo sulle altre perle olocaustiche di tal fatta e passo subito all'articolo “Le carte di Auschwitz seppelliscono il negazionismo”, scritto direttamente da Napolitano[6]:
«Il negazionista Carlo Mattogno, in un suo saggio significativamente intitolato Il Mito dello sterminio degli ebrei, esordisce scrivendo che ciò che colpisce maggiormente nella voluminosa letteratura dedicata allo “sterminio” degli ebrei è la disparità esistente tra un’accusa così grave e la fragilità delle prove fornite a supporto. Uno si aspetterebbe, argomenta Mattogno, un profluvio di documentazione che dimostri lo sterminio ebraico, e invece niente. Nessuno che riesca a fornire prove a supporto. E quindi la tesi dello sterminio ebraico ad opera dei nazisti resta una mera speculazione di quella che Mattogno definisce la “storiografia sterminazionista”».
Napolitano non riesce a citare correttamente neppure il titolo di questo libretto, che è: Il mito dello sterminio ebraico. Introduzione storico-bibliografica alla storiografia revisionista (Monfalcone, 1985). Per non parlare delle sue oculate omissioni: egli non dice che il libretto in questione risale, appunto, al 1985 e che, da allora, la mia bibliografia revisionistica si è arricchita di una cinquantina di libri, molti dei quali dedicati proprio ad Auschwitz. Egli non dice neppure che il vuoto documentario sullo “sterminio” che avevo rilevato era una semplice constatazione dello storico francese Léon Poliakov; il suo libro “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei” (Torino, 1977) era infatti costellato di espressioni sconsolate come questa:
«Gli archivi del Terzo Reich e le deposizioni e i racconti dei capi nazisti, ci permettono di ricostruire nei particolari la nascita e lo sviluppo dei piani di aggressione, delle campagne militari e di tutta la gamma di procedimenti con i quali i nazisti intendevano rifare a guisa loro il mondo.
Soltanto il piano di sterminio degli Ebrei, per quanto concerne la sua concezione, come per molti altri aspetti essenziali, rimane avvolto nella nebbia.
Deduzioni e considerazioni psicologiche, racconti di terza o di quarta mano, ci permettono però di ricostruirne lo sviluppo con notevole approssimazione.
Molti particolari, tuttavia, resteranno per sempre sconosciuti. Per quanto riguarda la concezione propriamente detta del piano di sterminio totale, i tre o quattro principali responsabili non sono più in vita.
Nessun documento è rimasto, né forse è mai esistito. Di tanta segretezza i capi del Terzo Reich, millantatori e cinici come in altre circostanze, circondarono il loro crimine maggiore» (Il mito dello sterminio ebraico, pp. 4-5).
Napolitano continua:
«Il saggio di Mattogno va avanti per pagine e pagine su questo registro. Al massimo, secondo Mattogno, Hitler voleva far emigrare gli ebrei, non sterminarli. “Soluzione Finale” era dunque sinonimo di emigrazione, non di genocidio».
Ovviamente non ho mai scritto una simile scemenza, cioè che “Soluzione Finale” (Endlösung) era  «sinonimo di emigrazione» (Auswanderung). È un dato di fatto che tale espressione, nei documenti tedeschi, significava evacuazione (Evakuierung), reinsediamento (Aussiedlung), espulsione (Abschiebung). Se avesse guardato con più attenzione il libretto che cita, Napolitano vi avrebbe letto, alle pp. 32-33, la traduzione della lettera che Franz Rademacher, il capo del Referat D III dell'Auswärtiges Amt, inviò il 10 febbraio 1942 al consigliere d'ambasciata Harald Bielfeld:
«Nell'agosto del 1940 Le consegnai per i Suoi atti il piano della soluzione finale della questione ebraica (zur Endlösung der Judenfrage) elaborato dal mio ufficio, secondo il quale, nel trattato di pace, si doveva esigere dalla Francia l'isola di Madagascar, ma l'esecuzione pratica del compito doveva essere assegnata all'Ufficio centrale di Sicurezza del Reich. Conformemente a questo piano, il Gruppenführer Heydrich è stato incaricato dal Führer di attuare la soluzione della questione ebraica in Europa.
La guerra contro l'Unione Sovietica ha frattanto dato la possibilità di mettere a disposizione altri territori per la soluzione finale (andere Territorien für die Endlösung). Di conseguenza il Führer ha deciso che gli ebrei non devono più essere espulsi (abgeschoben) nel Madagascar, ma all'Est.
Perciò il piano Madagascar non deve più essere previsto per la soluzione finale (Madagaskar braucht mithin nicht mehr für die Endlösung vorgesehen zu werden)» (NG-5770).
Questo documento dimostra che fino al 10 febbraio 1942 (tre settimane dopo la “famigerata” conferenza di Wannsee) la “Endlösung” aveva un carattere territoriale e si riferiva all'espulsione degli Ebrei in una riserva ebraica all'Est.
La relativa decisione del  Führer era la risposta alla questione che  Reinhard Heydrich aveva sollevato nella lettera del 24 giugno 1940 al ministro del Reich Ribbentrop, nella quale si dice che dal 1° gennaio 1939 erano emigrati dal territorio del Reich 200.000 Ebrei, ma il problema generale dei circa 3.250.000 Ebrei che si trovavano sotto dominio tedesco non si poteva più risolvere «mediante emigrazione» (durch Auswanderung): «Perciò si rende necessaria una soluzione finale territoriale (eine territoriale Endlösung)» (idem, p. 20; T-173).
Attendiamo fiduciosi che il nostro “affossatore” di “negazionisti” esibisca i documenti dai quali risulta che il termine “Endlösung”, dopo il 10 febbraio 1942, divenne sinonimo di sterminio.
Indi Napolitano passa ad Auschwitz:
«Ma allora Auschwitz? Un luogo di lavoro per ebrei, ovviamente; alla stregua di altri Lager, argomentano i negazionisti. In verità è difficile credere che neonati e anziani potessero rappresentare una forza lavoro per la Germania hitleriana, oltre che essere oggetto delle morbose sperimentazioni del dottor Mengele[7]. Vi era un sistema di collocamento di questi “lavoratori”? Vi era una previdenza? Perché la Germania nazista, giunta al punto da installare vasche anti-incendio ad Auschwitz in ossequio alle normative tedesche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, non instaurò libri paga, un sistema previdenziale o assegni di famiglia per questi “lavoratori”; perché ad Auschwitz non ci fu un welfare tedesco a tutela di coloro che “lavoravano” per il Reich?».
L'argomentazione è patetica e dimostra solo l'ignoranza storica di Napolitano. Gli Ebrei, come è noto, ad Auschwitz erano internati in “Schutzhaft”, detenzione preventiva, perciò venivano anche chiamati “Schutzhaftjuden” e alloggiati nello “Schutzhaftlager”, che era sotto il comando del primo “Schutzhaftlagerführer”. Come tali, essi erano dei “detenuti” (Häflinge), che dovevano essere trattati secondo il regolamento dei campi di concentramento[8].
Napolitano li considera invece alla stregua degli operai civili che lavoravano ad Auschwitz (nel campo operarono una quarantina di imprese che impiegarono complessivamente fino a 1.000 operai civili, in massima parte nel “campo di sterminio” di Birkenau!)[9].
E veniamo finalmente al famoso libro:
«Fortuna e avanzata russa vollero che fosse, questo, uno dei pochi lavori non certosini dei tedeschi, che ritirandosi verso ovest lasciarono molti documenti a cielo aperto. Questi documenti costituiscono oggi il più grave atto di accusa contro la Germania nazista. Di essi vi è ampia traccia nel volume The beginnings of the extermination of Jews in KL Auschwitz in the light of the source materials curato da Igor Bartosik, Łukasz Martyniak e Piotr Setkiewicz, e pubblicato in lingua polacca e inglese nel 2014 proprio dal Museo Memoriale di Auschwitz-Birkenau nel 2014» [sic].
Napolitano aggiunge che l'archivio del Museo di Auschwitz «è diventato un’immensa miniera di prove che demoliscono le tesi negazioniste». Come si è visto sopra, questa “demolizione”, questo “affossamento” sarebbero opera del libro in questione.
Come suol dirsi, Napolitano ha scoperto l'acqua calda.
L'anno scorso ho pubblicato un libro che “affossa” sistematicamente e totalmente il libro del Museo di Auschwitz scoperto da Napolitano solo ora.

Documento 1. Copertina della mia copia del libro




Si tratta dello studio Le origini delle “camere a gas” di Auschwitz. Vecchi e nuovi documenti (Effepi, Genova, 2015, 209 pagine, con 28 documenti).

Documento 2. Copertina del libro



Se avesse avuto l'umiltà o anche solo la curiosità di fare una piccola ricerca, egli si sarebbe imbattuto in vari siti che ne hanno annunciato l'uscita, tra cui anche qualcuno non revisionistico, come NonSoloStoria, dove appare la copertina del libro e questa breve presentazione:
«Il Museo di Auschwitz ha pubblicato recentemente, autori tre curatori dello stesso, Igor Bartosik, Lukasz Martyniak e Piotr Setkiewicz, un libro bilingue (polacco/inglese): “The beginnings of the extermination of Jews in KL Auschwitz in the light of the source materials”. L'opera, con l'ausilio di documenti ignoti recuperati negli ultimi anni in archivi tedeschi mai prima consultati, qualsiasi ne sia stato il motivo, ignoranza, inconscia o colpevole rimozione, ricostruisce nella possibilità di un'evidenza documentale nuova, il passaggio voluto da campo di concentramento a campo di sterminio. Nel presente libro, l'intellettuale esponente di quella corrente che taluni chiamano “negazionismo” analizza il lavoro di suddetti storici alla luce del suo pensiero. Indagine delicatissima, dunque, che comunque dolorosa qualsiasi ne sia la conclusione [sic], proponiamo ai nostri lettori per completezza di documentazione»[10].
Nel libro ho analizzato i 74 documenti pubblicati dagli storici polacchi, molti dei quali già noti (9 li avevo già pubblicati e altri 19 li avevo menzionati e discussi nei miei studi precedenti), riportandoli nel loro reale contesto storico e mettendo in luce le interpretazioni fallaci e arbitrarie, in alcuni casi le distorsioni intenzionali, di tali studiosi. Nell'appendice documentaria ho presentato alcuni documenti importanti omessi dagli storici del Museo di Auschwitz perché sono in contrasto con le loro interpretazioni preconcette e altri che mettono in luce le loro manipolazioni.
Il mio studio è apparso anche in inglese; l'editore ha voluto dargli un titolo più consono al contenuto: The Auschwitz Museum's Misrepresentations, Distortions and Deceptions (Castle Hill Publishers, Uckfield, 2016).
Napolitano presenta i documenti 1, 2, 3, 4, una riga del documento 8 e il documento 14 di “The beginnings of the extermination of Jews in KL Auschwitz in the light of the source materials”. La scelta dei documenti e, ancor più, i suoi commenti, denotano una ignoranza stupefacente persino degli elementi basilari della storia olocaustica di Auschwitz.
Il documento 1 è una lettera del Capo dell'Ufficio Centrale Bilancio e Costruzioni (Der Chef des Hauptamtes Haushalt und Bauten) del 4 giugno 1940 con oggetto “Forza” (Belegstärke) indirizzata alla SS-Neubauleitung di Auschwitz. Vi si dice che il campo doveva essere costruito in modo tale da poter poi accogliere 30.000 detenuti. Esso non ha la minima rilevanza in relazione al presunto sterminio (basta guardare la data!) e gli autori lo riportano soltanto perché già allora esisteva un piano di ampliamento del campo che lo avrebbe reso «il campo progettato più grande del Terzo Reich, capace di contenere più prigionieri di tutti i campi di concentramento messi insieme». E allora?
Napolitano spiega poi così i documenti 2 e 3:
«Pochissimi giorni dopo, come ci dice un altro documento, viene approvato in ogni dettaglio un piano per costruire ad Auschwitz un forno crematorio (Krematoriumsausbau). In altri termini, ad Auschwitz già dal giugno 1940 pensavano di bruciare cadaveri (doc. 2). Chi ipotizzasse che il Krematorium servisse solo a bruciare i corpi dei morti di morte naturale sarebbe smentito dalla presenza ad Auschwitz del capo della Divisione politica delle SS Maksymilian Grabner per discutere la costruzione di un’installazione di “disinfestazione” abilitata all’uso del terribile gas Ziklon-B. Era addirittura prevista una visita agli impianti dell’Oberscharführer del secondo Dipartimento delle SS, Maier.
Ora: è immaginabile che un tale autorevole parterre politico nazista ad Auschwitz dovesse semplicemente coordinare la cremazione di salme, e non invece un nuovo terribile ciclo, ossia l’addestramento delle SS all’uso dello Ziklon-B [sic] a scopo di sterminio? (doc. 3)».
Questo commento farebbe trasalire perfino un Frediano Sessi.
Napolitano afferma in pratica che il Krematorium sarebbe stato progettato fin dal giugno 1940 a scopo omicida, ossia per cremare cadaveri di “gasati”. Egli non ha la più pallida idea del fatto che il Museo di Auschwitz per decenni si attenne fedelmente alle affermazioni di Rudolf Höss, secondo il quale Himmler gli aveva comunicato il presunto ordine di sterminio ebraico di Hitler nel giugno 1941: come è possibile allora che un anno prima qualcuno ad Auschwitz già pensasse a uno sterminio con Zyklon B? Dopo la “revisione” della storica tedesca Karin Orth[11], la storiografia olocaustica ha posticipato di un anno il presunto evento. La nuova datazione fu accettata anche da Pressac, che scrisse:
«All'inizio del giugno 1942, convocato Höss a Berlino, Himmler lo informò della scelta del suo campo come centro per l'annientamento di massa degli ebrei»[12].
Risparmio al lettore le elucubrazioni fantasiose proposte  dagli storici olocaustici per spiegare come furono possibili “gasazioni” ebraiche prima del presunto ordine di sterminio ebraico (ad esempio, il presunto “Bunker 1” sarebbe entrato in funzione il 20 marzo 1942 e avrebbe “gasato” a tutto spiano Ebrei prima ancora dell'ordine di giugno) e rimando a ciò che ho scritto altrove[13].
Le spiegazioni di Napolitano rivelano una incompetenza tale che egli non è in grado neppure di capire il commento degli storici polacchi.
Il documento 2 è la prima pagina del Tätigkeitsbericht (rapporto sulle attività) del Bauleiter, SS-Untersturmführer August Schlachter, del 20 giugno 1940 per il periodo 14-20 giugno.
Il punto 3 dice:
«Furono accolti i piani sullo stato dell'opera per l'edificio della caserma SS progettato e si cominciò l'attuazione dello sviluppo per il nuovo stato delle costruzioni. Furono elaborati e completati i progetti preliminari per la costruzione di un crematorio».
Tanto per precisare, Krematoriumsausbau significa costruzione di un crematorio, non di un forno crematorio (nei documenti tedeschi: Einäscherungsofen).
Il documento 3 è l'ultima pagina del Tätigkeitsbericht di Schlachter del 19 luglio 1941 relativo al periodo 14-19 luglio. Il punto IV. Planung (progettazione) dice:
«L'SS-Oberscharführer Maier dell'Amt II Berlino porta i progetti preliminari per l'edificio del comando. Elaborazione del progetto per un impianto di disinfestazione (Entlausungsanlage) con sistema acido cianidrico (mit Blausäure-System). Colloqui col comandante del campo, col capo amministrazione, col primo capo del campo di custodia preventiva e col capo della sezione politica [Maximilian Grabner] per il fabbisogno di spazio delle nuove costruzioni progettate (bei projekt. Neubauten)».
Ora Napolitano mette tra virgolette “disinfestazione” e in tal modo l'Entlausungsanlage diventa automaticamente una “camera a gas” omicida, quantomeno sperimentale, per addestrare le SS «all’uso dello Ziklon-B a scopo di sterminio»! Qualcuno gli spieghi che si scrive Zyklon-B, dato che non darà certamente ascolto a un “negazionista”.
L' Entlausungsanlage, come sa chiunque abbia almeno sfogliato l'opera di Pressac Auschwitz: Technique and operation of the gas chambers[14], era un vero impianto di disinfestazione; i sei capitoli della Part One (pp. 15-85) del libro contengono un'accurata descrizione, corredata di piante originali e di fotografie, di tutti gli impianti di disinfestazione di Auschwitz-Birkenau.
L' SS-Oberscharführer Maier, che per Napolitano, faceva parte del «secondo Dipartimento delle SS» (!), viene presentato dalla fonte polacca (da lui male interpretata) come «a representative of Department II of the SS-WVHA». Qui essi incorrono anche in un errore, perché l'SS-Wirtschafts-Verwaltungshauptamt fu istituito il 1° febbraio 1942. L' ufficio cui apparteneva Maier era l'Amt II dello Hauptamt Haushalt und Bauten, che era diretto dall'SS-Oberführer Hans Kammler e si occupava di “costruzioni” (Bauten). Dal contesto del documento 3, si desume che Maier era un membro dell'Amt II/6 Planung (progettazione).
Napolitano descrive fantasiosamente questo personaggio come «un tale autorevole parterre politico nazista», non avendo evidentemente nessuna cognizione neppure dei gradi delle SS: SS-Oberscharführer era l'equivalente del nostro sergente maggiore, mentre il Bauleiter Schlachter era SS-Untersturmführer, grado che corrispondeva a quello di sottotenente.
Un sottotenente che subiva una ispezione da parte un sergente maggiore!
Napolitano, che non ha capito nulla del documento 3, ne stravolge il significato asserendo che Maier non era andato ad Auschwitz per «coordinare la cremazione di salme» (ma il documento 3 non contiene alcun riferimento al Krematorium!), bensì per addestrare le SS «all’uso dello Ziklon-B a scopo di sterminio», e a tal fine «era addirittura prevista una visita agli impianti» da parte sua: ma quali “impianti”?
All'epoca l'Entlausungsanlage non esisteva ancora e Maier al massimo contribuì all'elaborazione (Überarbeiten) del relativo progetto preliminare (Entwurf).
Quanto a “Maksymilian” Grabner (Napolitano copia pari pari dal libro in discussione il nome in polacco di Grabner, che si chiamava Maximilian), egli, come capo dell'Abteilung II - Politische Abteilung (Sezione II - Sezione politica) di Auschwitz, si trovava stabilmente al campo; Napolitano crede invece che Grabner, in qualità di una non meglio definita «Divisione politica delle SS» con sede esterna, si fosse recato ad Auschwitz appositamente «per discutere la costruzione di un’installazione di “disinfestazione” abilitata all’uso del terribile gas Ziklon-B». Qui egli travisa di nuovo il documento, dal quale risulta chiaramente che Maier aveva discusso, insieme al comandante Höss e agli altri funzionari menzionati, «il fabbisogno di spazio (Raumbedarf) delle nuove costruzioni progettate», che erano appunto non soltanto l'Entlausungsanlage, ma anche  l'edificio del comando (Kommmandanturgebäude).
Sul documento 4 Napolitano fornisce la seguente spiegazione:
«Nella seconda metà del 1941 da Dessau giungono ad Auschwitz tre tonnellate di Ziklon B. Il primo documento che attesta la presenza di questo strumento di morte nel più famigerato campo di sterminio è datato 1° dicembre 1941 (documento 4). Ma sappiamo che già da settembre questo gas è stato adoperato per uccidere i prigionieri di guerra sovietici».
Si tratta di un elenco di “Sostanze di consumo. Arrivo nel mese di novembre 1941. Dall'1.11 al 30.11” nel quale, tra l'altro, sono registrati 3.000 kg di «Zyklon (Blausäure)».
Il primo documento che attesta la “presenza” di Zyklon B ad Auschwitz è in realtà il Tätigkeitsbericht di Schlachter del 12 luglio 1940, dove si dice che l'edificio 54 era stato «gasato [con Zyklon B] contro parassiti e malattie». L'impiego di Zyklon B «per uccidere i prigionieri di guerra sovietici» è leggendario come queste uccisioni. Il riferimento, ignoto a Napolitano, è alla presunta “prima gasazione” del 3 settembre 1941 (data scelta da Danuta Czech, redattrice del “Calendario” di Auschwitz, tra svariate altre, che oscillano dall'agosto 1941 al gennaio 1942), un evento fittizio che non è suffragato da un solo indizio  documentario (non è neppure il caso di parlare di prove); anzi, i documenti dimostrano che la data scelta dalla Czech è storicamente insostenibile, perché i primi prigionieri di guerra sovietici giunsero ad Auschwitz il 7 ottobre 1941, come risulta dalla cartoteca (Kartothek) e dal registro dei decessi (Totenbuch), mentre la commissione della Gestapo che doveva scegliere i presunti morituri (i “comunisti fanatici”)  arrivò ad Auschwitz nel mese di novembre, come rilevai oltre venti anni fa nel mio relativo studio[15]. Appunto per questo fatto Prassac scrisse:
«Ai nostri giorni, si ritiene che la prima gasazione omicida perpetrata nel campo di Auschwitz nei sotterranei del Block 11, sia avvenuta tra il 5 e la fine di dicembre [1941], mentre sinora era stata datata dal 3 al 5 settembre»[16].
Ma probabilmente Napolitano non sa neppure chi era Pressac.
Quanto allo Zyklon B, se vuole sapere quali furono le forniture effettive al campo di Auschwitz, non ha che da leggere il mio studio Auschwitz. Le forniture di coke, legname e Zyklon B (Effepi, Genova, 2015), pp. 67-80. Tra l'altro (pp. 69-71) vi ho segnalato l'incredibile strafalcione di uno dei tre autori di “The beginnings of the extermination of Jews in KL Auschwitz in the light of the source materials”, Piotr Setkeiwicz. Nel suo articolo «Zaopatrzenie materiałowe krematoriów i komór gazowych Auschwitz: koks, drewno, cyklon» (Il rifornimento di materiali ai crematori e alle camere a gas di Auschwitz: coke, legna, Zyklon) che ho analizzato in questo studio, egli ha preso il peso lordo delle casse di Zyklon B inviate ad Auschwitz per il peso netto dell'acido cianidrico in esso contenuto, calcolando, per il 1942, forniture di 10.120-10.424 kg a fronte di una consegna reale di 2.540 kg!
Passiamo poi alla riga del documento 8, sul quale Napolitano azzarda un'altra spiegazione strampalata:
«Che ad Auschwitz vi fossero camere a gas è quindi provato oltre ogni dubbio dai documenti che, lasciando il Lager, i tedeschi non riuscirono a distruggere. A una nota ditta tedesca, la Schlesische Industriebau Lenz & Co., fra le altre cose, viene commissionata per Auschwitz II-Birkenau «l’installazione di porte nella seconda camera a gas» («Türen in 2 Gaskammer»). Era la cosiddetta Station 2 der
Aktion Reinhardt (come si legge in un altro documento del 23 settembre 1942)».
Una tale ignoranza storica è allucinante: possibile che Napolitano non conosca la distinzione tra le reali “Gaskammern” di disinfestazione e le presunte “Gaskammern” omicide? E che per lui la presenza di questo termine in un documento sia una prova provata dell'esistenza di “camere a gas” omicide?
Chiunque abbia almeno dato una sbirciatina al libro di Pressac del 1989 sa che il termine “Gaskammer” appare ben in evidenza nella pianta dell'Entlausungsanlage (che servì poi, in modo speculare, per i due impianti di Birkenau denominati Bauwerk [BW] 5a e 5b) dell'8 novembre 1941[17].
Questa pianta fu notoriamente “riscoperta”  nel 2008 dal giornale tedesco Bild.de, e, con la consueta stolida tracotanza, fu presentata al mondo come l'ennesima “prova inoppugnabile” dell'esistenza di “camere a gas” ad Auschwitz che “affossava” il “negazionismo”[18].
Ovviamente gli storici polacchi che hanno curato il libro non sono così ignoranti; essi infatti hanno presentato il documento 8 per “dimostrare” la reale esistenza dei fantomatici “Bunker” di Birkenau, due case polacche presuntamente trasformate in installazioni di gasazione che sarebbero entrate in funzione l'una il 20 marzo, l'altro il 30 giugno. Le date sono state inventate da D. Czech (su questi “Bunker” non esiste nessun documento) e la realtà di queste installazioni è uguale a quella delle date[19]. È bene precisare che il documento in questione è un modulo prestampato con scritte a penna sui lavori eseguiti nel campo di Birkenau dalla ditta Schlesische Industriebau Lenz & Co. Aktiengesellschaft datato 8 luglio 1942. Il rapporto esiste anche in forma completamente manoscritta, parimenti indicato come documento 8.
La frase pubblicata da Napolitano è l'ingrandimento di una riga di questo modulo presentata dai curatori polacchi, che la spiegano in questo modo:
«Tra i lavori elencati nel documento c'è un'annotazione riguardante “l'installazione di porte alla seconda camera a gas” [Türen in 2 Gaskammer]. Il lavoro comprendeva l'adattamento a camera a gas di una delle case dell'ex villaggio di Brzezinka che restavano (il cosiddetto bunker II – “La Casetta Bianca”)».
Va precisato che il modulo è scritto in caratteri Sütterlin.
Come ho spiegato nel mio studio, gli storici del Museo di Auschwitz hanno travisato la frase in questione, la cui trascrizione corretta è:
«1 Pg [probabilmente “Poliergeselle” = artigiano qualificato] + 2 M[aurer] Eimauern der Tür in d. Gaskammer» 
«1 artigiano qualificato + 2 muratori murare la porta nella camera a gas».
Nel rapporto manoscritto si legge:
«1 Pg - 2 M. Türen eimauern in d. Gaskammer»
«1 artigiano qualificato + 2 muratori murare le porte nella camera a gas».
Gli storici polacchi “interpretano” dunque l'espressione «in d.», «in der = nella» come «in 2», cifra che poi trasformano in «seconda» (drugiej, second) e da ciò desumono che si trattava del “secondo” Bunker o “Bunker II”!
Il fatto che “Gaskammer” sia al singolare, per loro non ha nessuna importanza; se essi avessero ragione, il testo direbbe «in 2 Gaskammern», «in 2 camere a gas», non «in 2 camera a gas».
Qui va rilevata la furbata degli storici polacchi; in entrambi i documenti essi ingrandiscono soltanto la seconda parte della frase, tagliando la prima, dove appare un vero, imbarazzante “2”, che è palesemente diverso dalla “d”, come risulta da questi ingrandimenti.

Documento 3. Ingrandimento del documento 8 (modulo) presentato dagli storici polacchi



Documento 4. Ingrandimento del testo integrale



Documento 5.  Ingrandimento del documento 8 (rapporto manoscritto) presentato dagli storici polacchi



Documento 6. Ingrandimento del testo integrale







Nel mio studio ho inoltre  spiegato che la “Gaskammer” menzionata nel documento 8 era quella dell' Entlausungsanlage di Birkenau denominato BW 5b; secondo il Baufristenplan (piano dei termini di scadenza delle costruzioni) del luglio 1942 per il  campo di Birkenau, questa installazione era stata completata il 15 luglio; pochi giorni prima, il 9 giugno, la Zentralbauleitung aveva affidato  al Kommando della  falegnameria (Tischlerei) l'incarico di fabbricare, tra l'altro, «4 porte a tenuta di gas doppie 1,60 x 2,00» (4 Gasdichte Doppeltüren 1,60/2,00) che servivano  per la camera a gas (2 porte) e per l'antistante locale di compensazione della pressione (Schleuse) (2 porte). Il lavoro cominciò l'11 giugno e terminò il giorno 28, perciò l'installazione delle due porte della camera a gas l'8 luglio è perfettamente compatibile con questi documenti.
Dal punto di vista storico-documentario, questa è l'unica interpretazione possibile, perché l'unico documento  del 1941-1942 in cui appaia il termine “Gaskammer”, ribadisco,  è appunto la pianta dell'Entlausungsanlage dell'8 novembre 1941 dei futuri BW 5a e 5b[20].
Per Napolitano, invece, che non ha capito niente dei documenti, pochissimo dei commenti degli storici polacchi, la “Gaskammer” in questione
«era la cosiddetta Station 2 der
Aktion Reinhardt (come si legge in un altro documento del 23 settembre 1942)».
Di ciò si fa menzione nel documento 14, un rapporto sulla “Visita dell'SS-Obergruppenführers Pohl del 23 settembre 1942” ad Auschwitz; tra le installazioni ispezionate c'era anche una «Station 2 der Aktion Reinhardt», che gli storici polacchi spiegano come «temporary gas chamber bunker II». Anche qui, senza dubbio in malafede, essi prendono un'altra cantonata madornale; poco prima il documento menziona una «Entwesung -u. Effektenkammer /Aktion Reinhard», «camera di disinfestazione e magazzino degli effetti personali /azione Reinhard». Dunque il documento stesso attesta che l’“azione Reinhard” o “Reinhardt” (la “t” finale non ha una particolare rilevanza) era legata a disinfestazione e immagazzinamento di effetti personali dei detenuti; per quale ragione allora la «Station 2 der Aktion Reinhardt», dovrebbe riferirsi al “Bunker 2”, una presunta installazione omicida?
La risposta è duplice: questo espediente permette di fingere che esista almeno un documento che faccia riferimento al “Bunker 2” (come ho già detto, con estrema costernazione degli storici del Museo di Auschwitz, sui “Bunker”-presunte installazioni di gasazione non esiste nessun documento). Ma perché, si dirà, questa “Station” dovrebbe designare proprio il “Bunker 2”?
Ovviamente perché vi si parla di “Station 2”! Queste sono le procedure ermeneutiche con le quali gli storici polacchi hanno redatto tutti i loro commenti.
In realtà la «Entwesung -u. Effektenkammer /Aktion Reinhard» non era altro che l'installazione di disinfestazione del cosiddetto “Kanada I” del campo principale (BW 28, denominato “Entlausungs- und Effektenbaracken”, baracche di disinfestazione e per effetti personali).
Gli storici polacchi stessi sottolineano questo fatto nel loro commento al documento 27, che è uno scritto parallelo al documento 14, un “Rapporto sulla visita del campo di concentramento di Auschwitz da parte dell'SS-Obergruppenführer Pohl il 23 settembre 1942” nel quale, tra i luoghi ispezionati, vi è l'“Entwesungs- und Effektenkammer (Judenaussiedlung)”; essi spiegano:
«Un punto menziona le baracche di disinfezione e di immagazzinamento del “Kanada I” associate all' “operazione di reinsediamento” ebraico».
La «Station 2 der Aktion Reinhard» era un secondo magazzino di effetti personali, situato a Birkenau. È infatti documentata l'esistenza di una “Entwesungskammer 1” e di una “Entwesungskammer 2”, sotto il comando dell'SS-Hauptscharführer Georg Höcker; esse erano servite rispettivamente dal “Sonderkommando I” e dal “Sonderkommando II”, che vi svolgevano dunque compiti di disinfestazione e immagazzinamento degli effetti personali dei detenuti; il primo impianto era la “Station 1”, il secondo la “Station 2” dell'azione Reinhard a Birkenau.
Ancora nel maggio-giugno 1944 a Birkenau esisteva un “Sonderkommando Reinhardt” in cui, il 19 giugno, lavoravano 2.505 detenute, ma tutto ciò, ovviamente,  gli storici polacchi neppure lo accennano[21]. La loro malafede è pertanto palese.
Alla fine Napolitano si esibisce poi in un altro sproposito strabiliante:
«Si aggiunga a ciò che il negazionismo, per quanto disarticolato e basato su presupposti diversi [...] o in Italia al già citato Mattogno; per non citarne che alcuni) si è concentrato, come dicevamo, su punti fermi come l’inesistenza di forni crematori, di un piano di sterminio, di camere a gas» (grassetto mio).
Considerato il contesto, Napolitano praticamente mi accusa di negare l'esistenza dei forni crematori!
Qualche anima pia lo informi dell'esistenza della mia opera I forni crematori di Auschwitz. Studio storico-tecnico (Effepi, Genova, 2012), nel quale analizzo la questione nel suo contesto generale e nello specifico in un volume di 523 pagine e offro un'ampia documentazione in un altro volume di 688 pagine, che contiene 300 documenti su cremazione e forni crematori e 370 fotografie in massima parte di forni crematori dei KL tedeschi.
Nella conclusione del suo scritto, Napolitano afferma:
«Guardando a questi inoppugnabili documenti viene da dire che ad Auschwitz l’operazione di recupero e di riordino (tutt’altro che conclusa; come ancora in corso sono altre forme di recupero storico) tocca punti talmente nodali da potersi definire “revisionismo del revisionismo”».
Un'altra affermazione sbalorditiva la quale dimostra che Napolitano non ha capito niente del libro che ha sfogliato. Anzitutto gli storici polacchi dichiarano esplicitamente il contrario, ossia che l’«operazione di recupero e di riordino» è conclusa: gli archivisti del Museo di Auschwitz hanno “recentemente” ordinato e catalogato tutta la documentazione e
«in conseguenza di ampie ricerche effettuate sia nella collezione della Zentralbauleitung, sia in altre fonti archivistiche, è stata identificata una serie di documenti interessanti prima ignoti».
In altri termini, essi hanno pubblicato nel volume in discussione tutti i documenti, tra quelli riordinati e catalogati, che hanno ritenuto olocausticamente fondamentali, sicché c'è poco da illudersi su ulteriori “rivelazioni”, più o meno “graduali”.
Questi documenti, come ho dimostrato nel mio studio, sono molto più importanti per la causa revisionistica che per quella olocaustica; si tratta del resto di puntualizzazioni su singoli aspetti che non hanno nulla di “nodale” e che non incidono affatto sulla storia generale del campo e anche su questi singoli aspetti non apportano nessun contributo nuovo alla tesi olocaustica, come gli stessi storici polacchi ammettono a denti stretti, asserendo che
«i documenti di solito [usually, zazwyczaj] non si riferiscono direttamente a uccisioni nelle camere a gas e l'interpretazione delle registrazioni richiede talvolta una dettagliata conoscenza non solo di altri documenti, ma anche della realtà del campo». 
Ciò è esattissimo, con la precisazione che i documenti non si riferiscono mai a uccisioni nelle “camere a gas” (né alla progettazione o costruzione di “camere a gas” omicide), e proprio per questo essi li hanno torturati e stravolti per interpretarli in senso criminale (in ciò consistendo la loro “interpretazione”)
Napolitano chiude il suo scritto con un aforisma solenne:
«Ammesso e non concesso che con il revisionismo e con il negazionismo si possa aprire una partita di confronto culturale ad armi pari».
Qui ha perfettamente ragione: considerata l'abissale ignoranza dei rappresentanti italiani dell'ortodossia olocaustica, da una Valentina Pisanty, a un Marcello Pezzetti, a una Anna Foa, a un Frediano Sessi, a un Loris Derni, a un Ugo Volli, a un Claudio Vercelli fino a Matteo Luigi Napolitano, tanto per fare qualche nome, coll'olocaustismo non si può «aprire una partita di confronto culturale ad armi pari».
Un confronto con chi non sa nulla di revisionismo, quasi nulla di storiografia olocaustica, non ha proprio senso.
Questi aspiranti “affossatori” farebbero bene, una volta per tutte, a documentarsi seriamente, se non vogliono rischiare di essere vergognosamente “affossati” come la lunga schiera dei loro predecessori.

                                                                                                              Carlo Mattogno


Luglio 2016.

 


[1] Vedi il mio articolo Frediano Sessi, “esperto” di Auschwitz, in:
Sessi è anche autore di “Non dimenticare l'Olocausto”, BUR, Milano, 2002, che sembra la tesina di una classe di scolari di scuola media.
[2] Ho analizzato dettagliatamente quest'opera nel libro “Nuovi studi” contro il revisionismo: La storiografia olocaustica alla deriva. Effepi, Genova, 2014.
[3] Si veda il mio studio L'«irritante questione» delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad...Auschwitz Risposta a Valentina Pisanty. Edizione riveduta, corretta e aggiornata. 2007. Testo in pdf disponibile nel sito:
[5]  Jan Sehn, Obóz koncentracyjny  Oświęcim-Brzezinka (Auschwitz-Birkenau). Wydawnictwo Prawnicze, Varsavia, 1956, p. 105, nel capitolo “Grabież mienia ofiar” (Il saccheggio dei beni delle vittime).
[7] Un altro classico della mitologia olocaustica. Si veda il mio libretto Il dottor Mengele e i gemelli di Auschwitz. Effepi, Genova, 2008.
[8] Si veda al riguardo il mio studio Auschwitz: assistenza sanitaria, “selezione” e “Sonderbehandlung” dei detenuti immatricolati. Effepi, Genova, 2010, Parte Prima, pp. 15-98. I capitoli 2 e 3 trattano degli ospedali per i detenuti dei campi di Auschwitz e Birkenau, il capitolo 4 espone il trattamento medico dei detenuti inabili al lavoro e riporta, tra l'altro, le liste dei detenuti “inabili e non impiegabili” (nicht arbeits- und nichteinsatzfähige Häftlinge) che sono regolarmente registrati nei rapporti mensili sulla forza del campo e che includono anche gli “invalidi” (Invaliden)!
[9] Vedi il mio studio La “Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Auschwitz. Edizioni di Ar, Padova, 1998, pp. 65-72.
[11] K. Orth, «Rudolf Höß und die “Endlösung der Judenfrage”. Drei Argumente gegen deren Datierung auf den Sommer 1941», in: Werkstatt Geschichte, 18, 1999, pp. 45-57.
[12] J.-C. Pressac, Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945. Feltrinelli, Milano, 1994, p. 51.
[13]“Nuovi studi” contro il revisionismo: La storiografia olocaustica alla deriva, pp. 59-78.
[14] The Beate Klarsfeld Foundation, New York, 1989.
[15] Auschwitz: La prima gasazione. Edizioni di Ar, Padova, 1992, pp. 160-171.
[16]J.-C. Pressac, Le macchine dello sterminio, p. 44.
[17] Auschwitz: Technique and operation of the gas chambers, p. 55.
[18] Si veda al riguardo il mio articolo I “nuovi” documenti su Auschwitz di Bild.de: una bufala gigantesca, in: https://dagobertobellucci.wordpress.com/2012/10/29/i-nuovi-documenti-su-auschwitz-di-bild-de-una-bufala-gigantesca-di-carlo-mattogno/ .
[19] Si veda al riguardo il mio studio Die Bunker von Auschwitz. Schwarze Propaganda Kontra Wirklichkeit. Castle Hill Publishers, Uckfield, 2015.
[20] Le origini delle “camere a gas” di Auschwitz. Vecchi e nuovi documenti, analisi del documento 8, pp. 23-25.
[21]Idem, analisi del documento 14, p. 39.