Vincenzo Vinciguerra: L'onore di averli contro (su Avanguardia Ordinovista)

Stefano Manni

  

Dal sito Archivio Guerra Politica:


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L’onore di averli contro




Opera, 22 febbraio 2015
Non si era ancora arrestata l’ondata di fango sollevata dall’inchiesta “Mafia capitale”, a Roma, che ha chiarito fin troppo bene quali siano i vincoli di “cameratismo” che uniscono uomini e gruppi dell’estrema destra romana, che è esploso, per essere subito soffocato sulla stampa, il caso di “Avanguardia ordinovista” guidata dall’ennesimo “duce” scaturito dalla pochezza morale e intellettiva degli estremisti di destra italiani, Stefano Manni, ex sottufficiale dei carabinieri.
Dai delinquenti romani agli “uomini d’ordine” di “Avanguardia ordinovista” emerge un mondo omogeneo di cui fanno parte tutti i cosiddetti “neofascisti, compresi quelli che sfuggono all’attenzione delle cronache, pseudo storici, giornalisti falliti, ex ”condottieri” di questo o di quel gruppo, bombaroli a riposo, confidenti in pensione.
Hanno, difatti, in comune la storia di un passato dal quale non vogliono né possono distaccarsi, che hanno ricostruito a proprio uso consumo e che perpetuano nella memoria rifilandolo ai giovani ed ai giovanissimi che coinvolgono emotivamente distogliendoli da un’azione politica che molti fra questi ragazzi avrebbero la capacità e la volontà di fare.
È l’ultimo, in ordine di tempo, servizio reso al regime da parte di un”neofascismo” che il regime ha creato, utilizzato e alimentato fino ad oggi.
Emerge dalle conversazioni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta su “Avanguardia ordinovista” il convincimento di costoro di avere come “maestri” gli ideatori della “strategia della tensione”, i Freda, i Signorelli, i Delle Chiaie, i Rauti e così via, ritenuta ancora attuabile e, questa volta, vincente.
Si ripropongono, di conseguenza, di costituire un partito politico con una struttura palese ed ufficiale ed una clandestina e occulta, la prima destinata a raccogliere i consensi dei cittadini che gli attentati, anche stragisti, compiuti dalla seconda faranno confluire su di essa.
In ambito privato, costoro si vantano di quello che pubblicamente i loro pseudo storici e giornalisti falliti negano: di aver aderito alla “strategia della tensione”, di aver utilizzato l’arma della strage, di aver colluso con gli apparati delle Stato per giungere ad un potere condiviso, prima, ed esercitato in proprio, dopo.
Il loro è un delirio che poggia su un cumulo di menzogne che si tramandano sottovoce, negli anni, su fatti e personaggi.
Così si raccontano che “Borghese aveva previsto tutto, Borghese aveva detto a Delle Chiaie tu vai al Ministero delle Telecomunicazioni, aveva detto a Signorelli tu vai al Ministero dell’Interno”.
Junio Valerio Borghese, con Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno ed altri, aveva partecipato ad un’operazione iniziata nel 1968 e conclusa nel 1974, che doveva portare alla costituzione di un governo di centro-destra, a maggioranza democristiana, guidato da un democristiano (Giulio Andreotti, il candidato prescelto), capace di porre fuori legge il Partito comunista italiano e i gruppi della sinistra extra parlamentare utilizzando le norme vigenti del codice penale.
Un governo che avrebbe avuto il riconoscimento diplomatico della Grecia, della Spagna, di Israele, fra i primi, quindi di quello americano e tedesco-federale.
Un governo sorto dalla proclamazione temporanea dello stato di emergenza (come richiesto dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat la sera del 12 dicembre 1969), nel quale non ci sarebbe stato posto per i manovali del ” golpe” come Delle Chiaie, Signorelli e compari ma solo per Giuseppe Pella, Randolfo Pacciardi, ed altri esponenti dell’antifascismo anticomunista.
Per quanti ammirano i “duci” in sedicesimo del neofascismo di regime, lo stragismo appare come un mezzo lecito per giungere al potere o, almeno, per racimolare voti.
Così, si propongono di fare “6-7 mila attentati sanguinari”, di “riprendere la strada dell’ITALICUS”, di “colpire metropolitane tipo Bologna, Milano, Roma per incutere terrore nella popolazione”.
Propositi che sono coerenti con quanto hanno predicato in passato i loro “maestri”.
L’arma della strage contro la popolazione civile venne utilizzata in maniera sistematica dagli ebrei in Palestina, a partire dall’11 novembre 1937, per obbligare gli arabi ad abbandonare i quartieri e le località nelle quali volevano insediarsi.
L’arma della strage contro la popolazione civile venne utilizzata anche dall’Oas, l’organizzazione militare atlantica sostenuta dagli americani, nel tentativo di mantenere l’Algeria sotto il controllo francese.
In Italia, a farsi promotore dello stragismo come lecito mezzo di lotta è Clemente Graziani, gregario di Pino Rauti, che nel mese di aprile del 1963, sulla rivista “Quaderni di Ordine nuovo”, nell’articolo intitolato “La guerra rivoluzionaria”, spiega i massacri compiuti dall’Oas, scrivendo:
“Questo concetto implica la possibilità di uccidere vecchi, donne e bambini. Queste forme d’intimidazione terroristica sono, oggi, non solo ritenute valide, ma, a volte, assolutamente necessarie per il conseguimento di un determinato obiettivo”.
Il radicamento di questo concetto nelle deboli menti di tanti estremisti di destra alle dipendenze dei servizi segreti nazionali ed internazionali ha prodotto le stragi italiane da piazza Fontana a Bologna.
Nessuno nel mondo del neofascismo di regime lo ha rimosso, tant’è che nel 2014 personaggi che screditerebbero qualsiasi ideologia politica ritengono che massacrare italiani nelle metropolitane, nelle stazione e sui treni sia il modo più adeguato per andare al potere e salvare il Paese, non più dai comunisti ma dagli immigrati.
Quanti, ancora oggi, si affannano a smentire che gli “utili idioti” del neofascismo di regime siano stati i protagonisti della stazione delle stragi sono ora smentì ti dall’interno dai loro “camerati” che, con loro, condividono l’ammirazione per Franco Freda, Mario Tuti, Valerio Fioravanti.
Sarà proprio per questa ragione che la stampa ha fatto calare un silenzio totale sui protagonisti dell’inchiesta relativa ad “Avanguardia ordinovista”.
La corretta lettura degli eventi storici relativi al neofascismo di Stato, difatti, non conviene alla stampa ed ai suoi storici asserviti.
Privi di una identità politica e culturale, incapaci di comprendere la differenza che passa fra l’ideologia e la dottrina del fascismo ed il pensiero dello studioso non fascista Julius Evola, smarriti nell’autocompiacimento di ritenersi una “élite di eroi”, una “minoranza eroica”, spiriti liberi e uomini della Tradizione che combattono “soli contro il mondo”, alla prova dei fatti riescono solo a concepire “colpi di Stato” da fare con l’appoggio ed il sostegno delle forze politiche e militari del regime che dovrebbero combattere.
Non è un caso che Stefano Manni, ex carabiniere, abbia inventato per rallegrare i suoi “camerati” l’esistenza di un “centro studi Ordine nuovo” di cui sarebbe stato a capo un generale dei carabinieri in pensione.
Leo Longanesi diceva che in Italia la rivoluzione si fa con l’autorizzazione dei carabinieri, ma i neofascisti di regime non hanno mai osato pensare di fare una rivoluzione che si sviluppa partendo dal basso, cioè dal popolo, ma hanno solo concepito di porsi agli ordini dei’ “corpi sani” dello Stato per fare il “golpe” che può essere compiuto solo da persone che si trovano ai vertici del potere, cioè dall’alto.
Fra bevute di birra, qualche rissa, concerti rock, commemorazioni, stolide alleanze con gli ex secessionisti della Lega nord, gli stessi che con il Tricolore si vantavano di “pulirsi il culo”, saluti romani, croci e corna celtiche, i neofascisti del sistema brancolano nel buio dell’ignoranza, della stupidità, della codardia sostanziale che li spinge a stare sempre dalla parte dei più forti, ad avere come prostitute i loro protettori nei partiti politici e nelle Questure, perché a tutto pensano meno che a combattere “soli contro il mondo” ,”eroi” sì ma con prudenza.
Nessuna autocritica su un passato costellato di infamie, anzi se ne vantano e si propongono, in privato, come gli inventori della ”strategia della tensione”, per i quali i massacri indiscriminati sono onore e merito così come la dipendenza da i servizi segreti e dai corpi di polizia spacciata come furbissima operazione di “infiltrazione” nei “gangli vitali” del regime.
Peccato che questi “infiltrati” siano finiti a pedate nel sedere nelle galere e nelle aule dei Tribunali senza poter ricattare loro lo Stato che, vice-versa, hanno dovuto proteggere con la loro pavida omertà per essere, a loro volta, protetti e salvati.
A conti fatti, rivendico l’onore di averli contro, di averli come nemici contro i quali è sufficiente il disprezzo di chi appartiene all’aristocrazia dello spirito e mai è curato dei giudizi e degli attacchi della plebe, delle “piccole scimmie saltellanti” che urlano il loro furore contro chi vive al di sopra delle loro miserie e delle loro viltà.
Fascista si, neofascista mai.
Vincenzo Vinciguerra



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