Sì, c'è una lobby ebraica



Come direbbero gli americani, “straight from the horse’s mouth” …
SÌ, C’È UNA LOBBY EBRAICA[1]

Di Shai Franklin, 16 gennaio 2013
Mi dispiace disilludervi, ma una “lobby ebraica” c’è. Si da il caso che sia pro-Israele perché è ebraica, non viceversa.
Agli ebrei non piace sentire i non ebrei usare il termine in pubblico, e forse [i non ebrei] non dovrebbero. Ma come gruppo di interesse, gli ebrei in quanto tali sono abilmente rappresentati (quasi sempre) da una fitta rete di organizzazioni di sostegno. La maggior parte di queste sono, in tutto o in gran parte, ebraiche, a giudicare dal profilo, dai supporter e dallo staff. Le organizzazioni protestanti, il movimento  sindacale e milioni di americani a titolo individuale sostengono parimenti Israele, ma non hanno creato – né attualmente lo controllano – il movimento pro-Israele.
La Conference of Presidents of Major Jewish Organizations [2] venne fondata alcuni decenni fa come una camera di compensazione per ebrei americani affinché si collegassero con l’esecutivo su Israele. L’American Jewish Committee, l’Anti-Defamation League (ADL), il Simon Wiesenthal Center – queste organizzazioni ebraiche mainstream sono state quelle in primo piano – insieme alla scorta della Republican Jewish Coalition – a sollevare preoccupazioni sulle credenziali pro-Israele del candidato al Pentagono Chuck Hagel. Costoro sostengono anche che il solo riferimento da parte di Hagel alla “lobby ebraica” sia stato fuori luogo.
L’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) su Hagel è rimasto zitto, e saggiamente, dato che l’AIPAC ha la necessità di concentrarsi sull’utile netto dell’aiuto finanziario e della cooperazione strategica americani e di non essere visto come la lobby ebraica. Ma in sostanza, è questo che è.
Certo, l’AIPAC ha fatto un’opera importante di coinvolgimento con i gruppi cristiani e con le minoranze in tutto il paese, ma la sua base e il suo staff sono quasi totalmente ebraici, e nessun non ebreo ha mai avuto una posizione di leadership, in ogni caso. E questo è OK. Se il reverendo protestante – e fan di Israele – John Hagee improvvisamente diventasse il presidente dell’AIPAC, il numero degli associati crollerebbe all’istante.
Anche quando gli venisse chiesto in modo specifico dell’AIPAC mentre sorseggia un single malt dopo i servizi del Sabbath, l’ebreo medio che va in sinagoga dirà che è la “nostra lobby” e anche “la lobby ebraica” come pure “la lobby pro-Israele”. E quando un membro del Congresso è informato di un meeting con una delegazione “pro-Israele”, ciò di solito vuol dire gli ebrei e i loro rabbini.
Ci possiamo abituare a tutto ciò? Dopo 20 e più anni a Washington, io mi ci sono abituato. Non me ne vergogno, e sto molto attento a gettare in giro la carta dell’antisemitismo, specialmente in pubblico.
A Capitol Hill, c’è un caucus[3] molto reclamizzato per quasi ogni gruppo immaginabile, dai latini agli asiatici, alle donne, agli afro-americani , ai ciclisti ai sostenitori dell’industria casearia. Ma sebbene le poche dozzine di membri ebraici del Congresso si incontrino periodicamente, costoro lo fanno molto al di sotto del livello di attenzione pubblica e senza un cachet ufficiale. L’idea di un “caucus ebraico” è ancora considerata troppo pericolosa da esporre, dato il nostro persistente senso di vulnerabilità, e la persistenza di un antisemitismo non grave ma endemico. Effettivamente, non c’è nulla di sbagliato riguardo a parlamentari ebrei americani che coordinano le loro idee e azioni a sostegno di preoccupazioni comuni, come ogni altro gruppo. E però, per noi, qualcosa di sbagliato c’è. Qualcosa ci ricorda “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion”.
Data la nostra fobia collettiva sarebbe importante sapere chi – se qualcuno c’è stato – della lobby ebraica si è rivolto a Hagel dopo che la sua citazione era diventata di pubblico dominio. Qual è stata la sua risposta? O non c’è stato nessun contatto, per paura di aggravare la situazione? Ebbene, noi abbiamo di certo aggravato la situazione, ora.
Come “lobby ebraica”, abbiamo un interesse chiaramente personale per Israele, mentre i messaggi “pro Israel lobby” che ciò che è buono per Israele è buono per l’America – non ci può essere nulla di più patriottico. … Eppure, come ebrei americani, siamo pienamente dentro i nostri diritti nel perseguire apertamente i nostri interessi mentre convinciamo anche altri che Israele è davvero buono per l’America.
Si dà il caso che gli ebrei abbiano un problema riguardo a ciò, ma questo non riguarda i violatori del “confine dell’antisemitismo”, come il capo dell’ADL Abe Foxman ha detto al blogger neoconservatore del Washington Post. Avendo abboccato al commento di Hagel sulla “lobby ebraica”, Foxman ha messo sul tavolo, di fronte a tutti, proprio la questione dell’influenza ebraica. Facendo del problema “ebraico” di Hagel materia di preoccupazione, le più importanti organizzazioni ebraiche hanno aperto la stessa controversia contro cui ci avevano messo in guardia.
Ironicamente, sono state precisamente le organizzazioni “ebraiche” ad aver obiettato al termine “lobby ebraica” dopo che la nomina di Hagel è diventata probabile. La cosiddetta “Israel” (o meglio, “pro-Israele”) lobby è rimasta fuori, almeno ufficialmente.

E va detto anche questo: come è possibile che l’Anti-Defamation League definisca pubblicamente qualcuno come un antisemita borderline, per poi sostenere in modo credibile che non è necessario opporsi alla sua nomina nel Gabinetto del presidente?   

Shai Franklin, senior fellow dell’Institute of Religion and Public Policy[4],è stato un dirigente con diverse organizzazioni ebraiche.

Chuck Hagel, attuale Segretario della Difesa degli Stati Uniti
 


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.jewishjournal.com/opinion/article/yes_there_is_a_jewish_lobby . Le note a seguire sono del traduttore.
[2] Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane: