Carlo Mattogno: La schizofrenia degli olocredenti e degli olocreduloni


Gianfranco Morra
 
La schizofrenia degli olocredenti  e degli olocreduloni

 di Carlo Mattogno

Gianfranco Morra ha pubblicato su “Italia oggi” un articolo il cui contenuto è ben sintetizzato nel titolo: “La legge sul negazionismo sarebbe inutile e liberticida perché affiderebbe allo Stato il monopolio della verità, trasformandolo in uno Stato etico[1]. Esso evidenzia la preoccupante schizofrenia olocaustica di cui sono affetti, ormai, quasi tutti coloro che si occupano in un modo o nell'altro di Shoah. L'aspetto critico della proposta di legge è ben congegnato, brillante, persuasivo; quello che definisce il revisionismo (immancabilmente degradato a “negazionismo”) è invece sconclusionato, infondato, falso. Morra esordisce così:
«L'altro giorno è stato assolto un professore romano, che, in classe, aveva espresso dubbi sull'Olocausto: «Perché il fatto non sussiste». Ben detto: dubitare sull'olocausto e anche negarlo è cosa lecita, quando non sia strumentale all'odio e allo sterminio razziale. Sono convinto che non ci sia niente di più stupido del negazionismo. Lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti è stato uno dei più terrificanti genocidi della storia. E troppi sono i sopravvissuti, le testimonianze e le prove raccolte che ne mostrano la terribile realtà. I tanti milioni di sterminati sono reali, vittime innocenti in quanto uccisi solo per la loro razza. Negare la Shoah è un atto demenziale. L'Olocausto, come i gulag, l'atomica e tanti altri genocidi, ha sanguinosamente asfaltato la storia del Novecento.
Negarlo è possibile solo per partito preso o come strumento di una ideologia politica o nazionale, come fanno alcuni stati islamici. Ci sono negazionisti anche in Europa, studiosi come il francese Robert Faurisson e l'inglese David Irving, le cui argomentazioni sono parse ridicole agli storici di tutte le tendenze. Non tutto quello che hanno scritto è da buttare, ma le prove negazioniste da loro addotte erano spesso distorte, quando non anche falsificate».
La trita storiella dell' “abbondanza di prove” fu smentita dal giudice Gray nella sua sentenza dell'11 aprile 2000 del processo Irving-Lipstadt. Al punto 13.71 egli scrisse:
«Devo confessare che, come immagino la maggior parte della gente, avevo supposto che le prove dello sterminio in massa di Ebrei nelle camere a gas di Auschwitz fossero convincenti. Tuttavia, quando ho valutato le prove addotte dalle parti in questa causa, ho messo da parte questo pregiudizio».
Giudizio incredibilmente condiviso dal nuovo esperto mondiale di Auschwitz, Robert Jan van Pelt stesso:
«Il mio primo problema fu piuttosto semplice: le prove per Auschwitz erano indubbiamente problematiche».
Al punto 13.73 il giudice aggiunse:
«Riconosco la forza di molte osservazioni di Irving su alcuni di questi temi. Egli fa notare a ragione che i documenti contemporanei, come disegni, piante, corrispondenza con fornitori e simili offrono poche prove dell'esistenza di camere a gas progettate per uccidere esseri umani. Tali documenti isolati sull'impiego di gas, che è possibile trovare tra questi documenti, si possono spiegare con la necessità di disinfestare il vestiario in modo da ridurre l'incidenza di malattie come il tifo. I quantitativi di Zyklon B consegnati al campo si possono forse spiegare con la necessità di disinfestare vestiario e altri oggetti. È anche corretto che uno dei documenti più compromettenti, cioè la lettera di Müller [recte: di Bischoff] del 28 giugno 1943 che espone il numero dei cadaveri che potevano essere bruciati nei forni crematori presenta una quantità di caratteristiche curiose le quali ingenerano la possibilità che esso non sia autentico. Inoltre, le prove fotografiche dell'esistenza di camini sporgenti dal soffitto della camera mortuaria 1 del crematorio II lo ammetto sono difficili da interpretare».
Al punto 13.74 Gray riconobbe inoltre il valore di alcuni argomenti di Irving:
«Allo stesso modo Irving ha fatto valide osservazioni su varie relazioni fornite da superstiti e funzionari del campo. Alcune di queste relazioni furono prodotte come prove ai processi del dopoguerra. C'è la possibilità che alcuni di questi testimoni abbiano inventato qualcosa o perfino tutto delle esperienze che descrivono. Irving sostenne la possibilità di impollinazione incrociata, espressione con la quale intendeva  la possibilità che dei testimoni possano avere ripetuto e anche abbellito le relazioni (inventate) di altri testimoni, col risultato che si costruì un corpus di false testimonianze. Irving rilevò che parti di qualcuna delle relazioni di qualcuno dei testimoni sono evidentemente errate o (come alcuni disegni di Olère) chiaramente esagerate. Egli suggerì vari motivi per spiegare perché dei testimoni potessero aver fornito relazioni false, come avidità e rancore (nel caso di superstiti), paura e desiderio di ingraziarsi coloro che li avevano catturati (nel caso di funzionari del campo). Van Pelt ammise che queste possibilità esistono. Io sono d'accordo»[2].
Al riguardo va rilevato anzitutto che Irving non è e non è mai stato un vero revisionista, inoltre che Auschwitz è il presunto campo di sterminio meglio documentato, in quanto di esso restano ben oltre 100.000 documenti. Nonostante ciò, circa le presunte “camere a gas” la storiografia olocaustica  non parla di “prove”, ma di semplici “indizi”!
Lasciando da parte la malafede deliberata, questa schizofrenia olocaustica si fonda su due pilastri:  confusione tra persecuzione e sterminio e ignoranza del revisionismo. Che la persecuzione nazionalsocialista degli Ebrei sia un fatto dimostrato, non lo mette in dubbio nessuno. Ma il problema è se, in questa persecuzione, si arrivò davvero al genocidio in “campi di sterminio” dotati di “camere a gas” istituiti appositamente per ordine delle autorità tedesche. Uno sguardo all'opera di colui che viene considerato il massimo storico olocaustico, Raul Hilberg, aiuta a chiarire la faccenda.
Nel 1990 Gie van den Berghe, in una recensione di The destruction of European Jews, osservò quanto segue sul capitolo relativo ai “campi di sterminio”:
«Sfortunatamente, questo sconsiderato uso di documenti personali rende il capitolo sui campi di sterminio meno convincente del resto del libro».
Al che, commentai:
«Se si considera che questo capitolo rappresenta l'apice e la ragion d'essere dell'opera di Hilberg, di cui le oltre 800 pagine precedenti costituiscono solo una premessa e un preludio, le osservazioni critiche di van den Berghe infliggono già un duro colpo alla sua credibilità. Cosa che, del resto, si intuisce facilmente già dal fatto che come ha rilevato J. Graf , il capitolo su «I centri di sterminio», è una parte piuttosto esigua dell'opera: esso conta 134 pagine su un totale di 1385, ma all'aspetto essenziale delle «operazioni di sterminio» Hilberg dedica appena 15 pagine!»[3]
15 pagine (insulse) a fronte di 1385: ciò mostra la tragica illusione olocaustica dell' “abbondanza di prove”: i non-lettori della letteratura olocaustica scambiano persecuzione con sterminio, basandosi esclusivamente sulla mole dei libri, senza neppure curarsi di verificare ciò che contengono!
Da questa illusione dell' “abbondanza di prove”, dal miraggio che la Shoah sia  l'evento più documentato fra tutti gli eventi del Novecento, come pretende Anna Foa, scaturisce la tracotante arroganza di coloro che disdegnano, con ostentato disprezzo, il “negazionismo”, i “negazionisti” come persone (biechi antisemiti) e i loro libri, pretesto più che sufficiente per non informarsi seriamente sul loro conto. In tal modo si crea un circolo vizioso che rinsalda l'ignoranza inziale e accresce l'illusione di questi olocredenti e olocreduloni che tutto sia dimostrato e documentato e che il “negazionismo” sia un «atto demenziale».
Di veramente “demenziale”, qui, c'è soltanto la loro incomprensibile arroganza: non è prudente, per la loro causa, minimizzare, deridere, stravolgere, pisantyzzare l'interpretazione storica revisionistica; non è oculato, per la loro reputazione, sottovalutarla in modo così puerile e grossolano; non è saggio credere che essa esponga soltanto argomentazioni «ridicole», «spesso distorte, quando non anche falsificate», senza neppure conoscerla;   perché gli studi scientifici revisionistici esistono (e altri seguiranno) nonostante loro invettive e quando verrà il momento della resa dei conti, quando gli olocredenti  e  gli olocreduloni si dovranno alla fine confrontare seriamente con essi, saranno del tutto impreparati, inermi. 

                                                                                                             Carlo Mattogno 


Raul Hilberg



[2] Vedi Le camere a gas di Auschwitz. Studio storico-tecnico sugli “indizi criminali” di Jean-Claude Pressac e sulla “convergenza di prove” di Robert Jan van Pelt. Effepi, Genova, 2009, pp. 14-16.
[3] Raul Hilberg e i “centri di sterminio” nazionalsocialisti, Fonti e metodologia, pp. 2-3, in: http://vho.org/aaargh/fran/livres8/CMhilberg.pdf .