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Vincenzo Vinciguerra |
Non ho sottomano il libro L’AQUILA E IL
CONDOR,
l’autobiografia del “parastatale” Stefano Delle Chiaie.
Ricordo però che nella pagina dei
ringraziamenti il primo a essere citato è lo storico avvocato di Delle Chiaie, Giuseppe Pisauro. In realtà, pochi sanno che Pisauro è stato anche, seppur per
breve tempo, l’avvocato di Vincenzo Vinciguerra. Penso sia interessante far
conoscere quanto scrisse a suo tempo quest’ultimo sul suo ex legale (e su Felice Casson) nel saggio UNA
TOGA DI FANGO.
"Nel
mese di maggio del 1985, mentre mi trovavo ristretto nel carcere romano di
Rebibbia, in sezione speciale, il giornalista Enzo Biagi si mette in contatto
con l'avvocato Giuseppe Pisauro del Foro di Roma, per verificare con lui, che
allora era il mio legale di fiducia, la possibilità di ottenere da parte mia
una intervista per la trasmissione televisiva
'Linea Diretta', condotta dallo stesso
Biagi"
.
Accetto
la proposta del giornalista, ma il mio avvocato, Pisauro, mi sottopone anche la
proposta avanzata dal giornalista Roberto Chiodi, per conto de 'Il Giorno' di Milano. Mi assicura che non
si sarebbe creata incompatibilità fra le due interviste in quanto sarebbero state
rese pubbliche lo stesso giorno, facendo coincidere la data di pubblicazione
sul quotidiano e di trasmissione alla Rai con un accordo a tre (Biagi, Chiodi e
Pisauro) di cui egli si faceva con me garante.
Nulla
di vero c'era in quello che raccontava Pisauro, anzi pur di battere nel tempo
Biagi e di evitare che io potessi rispondere liberamente alle domande di
Chiodi, il Pisauro si accorda con Casson per "costruire", tutti e due
insieme, una mia "intervista" (domande e risposte) con i verbali dei
miei interrogatori messi ovviamente a disposizione dal disonesto "giudice
Felice".
"Come
si fa, in questo caso - scrivevo in una "memoria" al Tribunale di
Trieste - a provare che le dichiarazioni da me rese al giudice istruttore,
Casson Felice, sono state riportate, pari pari, sull' "intervista"
apparsa su "Il Giorno" di Milano, senza incorrere anche in questo
caso nell'accusa di calunnia, magari elevata da qualche altro Gulotta? (Il
giudice istruttore del Tribunale di Trieste che mi ha rinviato a giudizio -
NdA).
Nella
maniera più semplice: ponendo a confronto i verbali di interrogatorio resi al
magistrato veneziano e da costui passati, in spregio al segreto istruttorio,
all'ineffabile Giuseppe Pisauro.
Non
ho tutti i miei verbali d'interrogatorio - scrivevo sempre ai magistrati
triestini -, resi dalla data del 22 maggio 1984 a quella in cui è stata
pubblicata l' "intervista". Ma una semplice rilettura di quelli in
mio possesso, comparati con il testo dell' "intervista" mi ha
consentito di individuarne almeno sette, utilizzati per "costruire"
le mie risposte
.
In
questa sede, come esempio, ne portiamo solo un paio, lasciando tutti gli altri
a disposizione di coloro che avranno la curiosità di voler verificare la
veridicità dei fatti e, poi, riflettere sulla "giustizia giusta" che
vige a Trieste.
Nel
verbale d'interrogatorio del 20 giugno 1984, reso da me ai giudici di Bologna,
Zincani, Castaldo, Dardani – oltre al Casson – si può leggere:
"...Tuttavia intendo sin d'ora affermare che tutte le stragi che hanno
insanguinato l'Italia a partire dal 1969 appartengono ad un'unica matrice
organizzativa.
L'unica
che organizzativamente è riferibile a persone non appartenenti alla medesima
struttura, la strage di Peteano, tuttavia nella struttura organizzativa predetta
ha trovato copertura"
.
Nel
testo dell' "intervista", apparsa il 21 maggio 1985, si può leggere:
"Tutte le stragi che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969
appartengono ad un'unica matrice organizzativa"
.
Non
c'è soltanto, nell'esempio che portiamo per primo, la perfetta ripetizione testuale,
a distanza di quasi un anno, di una verità che ho ribadito, fino ad oggi,
centinaia di volte sempre, ovviamente, utilizzando parole diverse: c'è la prova
della disonestà di un magistrato, Casson, e di un avvocato, Pisauro, che
troncano la frase in modo da non far sapere alla opinione pubblica che io nelle
"strutture parallele" non mi riconosco.
La
"verità" che questa toga di fango presenta oggi come il frutto delle
sue "scoperte" è, in realtà, come si può constatare, una convinzione
politica che il Casson ha da sempre e che oggi spaccia per "verità"
processuale, acquisita nel corso di anni ed anni di indagini.
Il
secondo esempio che vogliamo offrire all'attenzione ed alla riflessione di
coloro che leggeranno queste pagine, riguarda il verbale d'interrogatorio del
27 agosto 1984, dove, fra l'altro, si può leggere: "...Cicuttini fu
presentato a Stefano dallo spagnolo e a lui chiese direttamente sostegno
economico e materiale..."
.
Nel
testo della mia presunta intervista, viceversa, è possibile cogliere questa
"perla": "...L'elemento spagnolo chiese a Stefano Delle Chiaie
sostegno economico e materiale per Cicuttini..."
.
Come
si vede nel "ricostruire" la mia risposta, il duo Pisauro-Casson
incappa nell'infortunio di una errata interpretazione delle mie dichiarazioni.
Mentre,
difatti, io a verbale dichiaro che Carlo Cicuttini venne presentato a Stefano
Delle Chiaie dallo spagnolo e, "a lui", cioè sempre al Delle Chiaie,
chiese direttamente aiuti economici e materiali per se stesso, il duo
Pisauro-Casson si confonde, e mi fa dichiarare nell'intervista che fu lo
spagnolo a chiedere aiuto a Delle Chiaie a nome e per conto di Carlo Cicuttini.
Ebbene,
nel timore, rivelatosi totalmente infondato di trovare a Trieste magistrati dignitosi,
il Casson dopo aver fatto rinviare la prima udienza del processo, fissata nel
gennaio del 1992, nomina suo legale di fiducia proprio l'avvocato Giuseppe
Pisauro del Foro di Roma.
Non
è un caso di omonimia: si tratta proprio del mio ex avvocato "difensore"
ed attuale rappresentante legale di Stefano Delle Chiaie.
La
notizia è di pubblico dominio: "Il giudice Felice Casson querela tramite
l'avvocato Giuseppe Pisauro, il direttore del TG1 Bruno Vespa...”
.
La
ragione della mossa del "giudice Felice" è semplice da comprendere:
prevedendo, a ragione, che avrei chiamato a testimoniare, dinanzi al Tribunale
di Trieste, il Pisauro, lo nomina suo legale di fiducia in modo da creare uno
stato d'incompatibilità fra l'incarico e la sua testimonianza a lui - Casson -
necessariamente avversa, non potendo - anche lo avesse voluto - il Pisauro
smentire me e l'evidenza dei fatti in merito alla finta intervista a "Il
Giorno" di Milano.
Questo è il magistrato Casson Felice.
Gravi,
però, appaiono a questo proposito anche le responsabilità dei colleghi di
Casson che non colgono, in apparenza, la incompatibilità palese del rapporto
Casson-Pisauro noto, quest'ultimo, per essere stato il mio avvocato nel
processo di Peteano e, soprattutto, per essere, ancor oggi, l'avvocato di
Stefano Delle Chiaie.
C'è
da chiedersi quali garanzie, i colleghi di Casson ritengano che possa dare un
magistrato che stabilisce un rapporto fiduciario con lo stesso avvocato di un
loro inquisito: domanda valida, soprattutto, per i giudici di Bologna, Leonardo
Grassi e Libero Mancuso, che il Pisauro hanno avuto come avversario accanito
nel processo per la strage del 2 agosto 1980.
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