Facebook strumento omicidiario? Dopo Vittorio Arrigoni i siriani lealisti

Immagine tratta dalla pagina FB "Boicottiamo Informare Per Resistere"

Facebook come strumento non solo di socialità ma anche di barbarie?
Facebook come punto di partenza non solo di “character assassinations” ma anche di omicidi veri e propri?
È già successo con Vittorio Arrigoni: http://andreacarancini.blogspot.it/2012/01/la-diceria-sullomosessualita-di.html
Continua a succedere, a quanto pare, anche adesso, anche in Italia: a fare da bersaglio, in questo caso, i siriani lealisti “colpevoli” di testimoniare alla luce del sole la propria fedeltà alla patria assediata dai terroristi nordatlantici. Al riguardo, mi sembra doveroso condividere qui quanto letto sulla bacheca del mio amico Facebook Fulvio Grimaldi:

VI SEGNALO QUESTA DENUNCIA DELLA COMUNITA' SIRIANA NON CORROTTA E NON VENDUTA. AUTORITA', MEDIA, ASSOCIAZIONI, DIRITTOUMANISTI, LAICI, DEMOCRATICI, SINISTRE, PACIFISTI, EMETTERANNO UN BISBIGLIO DI PROTESTA?

Che in Siria sia in corso una lotta per imporre libertà e democrazia, è
 finalmente messo in dubbio da molti.
 Che in Siria sia in corso una vergognosa battaglia mediatica che non si ferma
 davanti allo stravolgimento degli eventi pur di attirare l'opinione pubblica, non
 è oramai un mistero.
 In Siria, come all'estero, vengono spesso denunciate le presunte persecuzioni
 degli oppositori del governo da parte dei servizi segreti siriani. Amnesty
 International la scorsa estate aveva rimediato titoloni su tutti i media
 internazionali a questo riguardo.
 Ma dei perseguitati, in Siria esattamente come all'estero, tra i filogovernativi
 non se ne parla mai. Eppure ce ne sono, molti, anche qui in Italia.
 Basta farsi un rapido giro sulle pagine di Facebook per trovare molte
 cosiddette "liste della vergogna" con foto, nomi e dati personali di presunti
 "shabbiha", così vengono definiti dagli oppositori coloro che sostengono
 apertamente il governo, con inviti anche espliciti ad attaccarli, colpirli,
 perseguitarli e, una volta uccisi, viene messo un timbro sul loro volto. Nel
 silenzio e nell'indifferenza generale, con il beneplacito di media, associazioni e
 istituzioni.
 A queste pagine, in Siria, già più volte gli estremisti hanno attinto le loro
 vittime designate, è accaduto a Damasco a fine dicembre, quando sono morti
 due studenti universitari, e successo qualche mese fa con un'insegnante di
 Deir ez-Zor. Apici di una situazione grave perché largamente diffusa e
 sottovalutata nella sua pericolosità.
 Anche l'Italia ha la sua "lista della vergogna" e le sue "vittime predestinate".
 Si tratta di siriani - cristiani, sunniti e alauiti - accomunati dalla volontà di
 sostenere apertamente il governo siriano e di non aver timore di dichiararlo in
 manifestazioni e conferenze.
 L'ultimo attacco mirato è avvenuto ieri sera (venerdì 17 agosto), quando un
 siriano che si fa chiamare "Ahmed Sara" ha postato sul suo profilo delle foto di
 alcuni di questi sostenitori del governo (siriani e italiani), accompagnate da
 informazioni infamanti sul loro conto e dati strettamente personali
 (appartenenza religiosa, indirizzo di casa, numero di cellulare, targa e modello
 dell'auto), ledendo così allo stesso tempo la loro privacy e la loro moralità.
 Non contento, le immagini sono state diffuse sulla pagina "Vogliamo la Siria
 libera", che conta quasi 6.000 sostenitori, e su "Boicottiamo Informare per
 Resistere" che ha realizzato un vergognoso album dal titolo "A.A.A. cercasi
 shabbiha" [l'album c'è ancora!]e ora stanno circolando impunemente per la rete.
 Primo esito di questo abuso della rete sono state le molestie telefoniche: il
 telefono di queste vittime è squillato a ogni ora del giorno e della notte con
 nuovi insulti, intimidazioni e minacce, sempre in arabo, da parte di ignoti.
 Ma questo è solo l'ultimo, gravissimo, episodio di una lunga serie di
 aggressioni iniziate oltre un anno fa contro questi stessi soggetti.
 Eccone una sintesi:
 Il primo esempio risale al 6 luglio 2011 quando un bar di Cologno Monzese è
 stato semi-distrutto da un gruppo composto da una ventina di persone guidate
 da esponenti dell'opposizione, che già da tempo minacciavano i proprietari
 colpevoli di essersi recati, proprio la sera stessa, a una manifestazione a
 sostegno del presidente Al-Assad e del suo programma di riforme contro ogni
 ingerenza straniera. I due siriani cristiani, oltre agli ingenti danni morali e
 economici, sono stati pesantemente malmenati dal gruppo e uno dei due ha
 riportato ben undici punti di sutura alla nuca. Colpito anche un altro amico
 siriano alawita che li accompagnava e che ha rimediato anche l'auto distrutta.
 E' bene ricordare che quel locale, fino a pochi mesi prima (prima che in Siria
 scoppiasse quella che molti si ostinano a definire "primavera") era un punto di
 ritrovo per l'intera comunità siriana che conviveva, in Italia esattamente come
 in Siria, senza screzi.
 Dopo un periodo di calma apparente, durante il quale il gruppo di oppositori si
 limitava a frecciatine, più o meno velate minacce durante le manifestazioni di
 piazza o sulla rete, la situazione è andata acuendosi nelle ultime settimane e
 si è palesata in due nuove spregevoli aggressioni.
 La prima risale alla sera del 25 febbraio quando un gruppo di cinque persone
 si è recato sotto casa di un sostenitore del governo "colpevole", dal loro punto
 di vista, di essere sunnita e non appartenere alle fila degli oppositori e, con un
 tranello, lo hanno invitato a scendere e tentato di aggredire armati di
 manganelli e coltelli; non riuscendo a colpire la vittima predestinata - che
 fortunatamente è riuscita a riparare in casa per tempo - si sono sfogati sulla
 sua auto (mezzo che, come gli aggressori ben sapevano, gli è fondamentale
 per poter lavorare) distruggendone i vetri, ammaccando la carrozzeria e
 tagliando tutte e quattro le gomme. Non contenti il giorno seguente lo hanno
 nuovamente minacciato al telefono, dicendogli che sarebbero tornati quella
 sera per finire quanto avevano lasciato in sospeso.
 A un altro ragazzo, sempre in prima fila nelle manifestazioni pro-governo, è
 stato riservato un altro trattamento: invece di prendersela direttamente con
 lui, cercano di convincere il responsabile del luogo di lavoro che se non lo
 licenzia ne subirà le conseguenze.
 Il secondo atto, invece, si è consumato nuovamente di fronte al locale di
 Cologno Monzese, intorno alla metà di marzo questa volta a farne le spese è
 stato un siriano alawita (tengo a precisare ogni volta l'appartenenza religiosa
 non perché i siriani ci tengano particolarmente, ma solo perché da quando è
 scoppiato questo caos per una parte dell'opposizione il credo sembra essere
 diventato fondamentale), promotore delle manifestazioni nel nord Italia a
 sostegno del governo di Assad. Dopo le bestemmie religiose e le pesanti
 minacce, un gruppo - che in questo caso si è trasformato in vero e proprio
 branco - di centinaia di individui ha cercato di attaccarlo, provvidenziale è
 stata la possibilità di rifugiarsi nel bar fino all'intervento delle forze dell'ordine.
 Ne sono seguite ulteriori minacce personali e a tutti i partecipanti - siriani -
 delle manifestazioni milanesi contro la rivolta ("Non organizzate altre
 manifestazioni a Milano, altrimenti, a chiunque parteciperà, noi taglieremo le
 gambe", è stato dichiarato al telefono).
 Aggressioni vili ed agghiaccianti, soprattutto se si pensa che a perpetrarle
 sono state le stesse persone che si ergono continuamente a difesa dei vessilli
 di libertà e democrazia, ma che poi, nottetempo, cercano di toglierle a quanti
 non la pensano come loro vorrebbero.
 E, purtroppo, non si tratta di casi isolati: moltissimi, infatti, sono gli esempi di
 siriani in Italia che, dopo aver preso parte a manifestazioni filogovernative ed
 essersi esposti personalmente senza paura di esprimere il loro punto di vista,
 sono poi stati minacciati o aggrediti telefonicamente o via web da questi
 “pacifici e democratici” esponenti della corrente opposta.
 Ma questi casi, chissà come mai, non interessano le grandi associazioni che
 operano per la difesa dei diritti, le istituzioni e i media che operano nel nostro
 territorio. Peccato, perché potrebbero aiutare ad aprire nuovi spiragli per
 analizzare in modo più completo e oggettivo la crisi siriana, o, forse, è proprio
 questo che si sta cercando di evitare?
 Pierangela Zanzottera
 18.08.2012
FINE DEL CONTRIBUTO DI PIERANGELA ZANZOTTERA

L'album "A. A. A. Cercasi Shabbiha" c'è ancora sulla pagina del gruppo in questione: https://www.facebook.com/#!/media/set/?set=a.353559504721105.83744.345570488853340&type=1
La polizia postale che fa, dorme?

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