Rosanna Carpentieri: i giornalisti hanno annientato l'opinione pubblica


Bianca Berlinguer, icona del giornalismo "embedded" (non solo sui teatri di guerra)

Vorrei condividere oggi questa interessante riflessione della mia amica facebook Rosanna Carpentieri sul giornalismo quale inavvertita arma di guerra (delle elite contro la popolazione civile)[1].
Noto che le osservazioni di Rosanna trovano in queste ore autorevole conferma dalle parole, tra gli altri, del sociologo Luciano Gallino, tra i firmatari di una lettera-appello – significativamente intitolata Furto di informazione – incentrata appunto sulla sottrazione di informazioni, in questo caso sulle scelte fondamentali della politica economica, di cui è oggetto l’opinione pubblica da parte “dei maggiori mezzi di informazione”[2].

Ecco il testo di Rosanna:

 ...il giornalismo italiano di questi anni è uno dei principali responsabili del disarmo morale e sociale del paese.
Se l’oligarchia partitica ha annichilito e umiliato la società civile, vedendo nei suoi rappresentanti i potenziali rivali del suo prestigio, i giornalisti hanno annientato l’opinione pubblica, sostituendosi ad essa, manipolando il pensiero comune fino a convincersi che l’opinione non la fanno, addirittura “sono” loro.
Dell’Italia conoscono solo la parte più corrotta, le alleanze più opache, gli intrecci e gli intrighi più turpi, le pulsioni più proterve e vanitose, quelle che fanno cassa e che permettono di nascondere dietro allo scandalo sopportabile e ostensibile, l’ingranaggio perverso, il gioco d’azzardo rapace, la corsa ineluttabile verso la rovina. Trasmettono quello che gli si permette di far sapere, pagando la desiderata ammissione alle stanze segrete, agli arcana imperii, con la somministrazione oculata di informazioni nella convinzione che la verità, in fondo, può sempre essere posposta. Ai più benevoli possono apparire come altoparlanti cauti di sismologhi che temono di far sapere che quelle piccole scosse ancora impercettibili, minacciano un rovinoso terremoto. Ma la realtà è che salvo qualche caso, informano per sentito dire, accomodati nel protetto ventre della balena, muniti di ogni confort, compresi gli strumenti informatici, che li rendono onniscienti e onnipotenti, con la dismissione dell’esperienza diretta, dell’esercizio della critica e del pensiero indipendente.
 E perché dovrebbero muovere obiezioni a un sistema che per ora li ha benignamente risparmiati, che grazie alla loro accondiscendenza li garantisce e tutela, che in fondo rappresenta il migliore dei mondi possibili o almeno quello che per ora non ha alternative? In questo panorama i più oltraggiosi sono quelli che si prestano con la loro liturgia censoria o pedagogica a beneficio morale di un popolo bambino, che è meglio lasciare nell’ignoranza premiandone gli istinti più regressivi e impaurendolo perché sia maneggiabile: le dieci domande a intermittenza, le intercettazioni a intermittenza, la critica a intermittenza, il conflitto d’interesse a intermittenza, imprenditori ambiziosi ad intermittenza, perché nei governi ad personam, nella democrazia ad personam, nella giustizia ad personam, pare ci sia sempre qualcuno più “persona” di altri. Quelli che con l’elargizione generosa di retroscena e la somministrazione cauta di pasticche informative, sorretti da menti severe e sorrisi corrosivi, aiutano a rinviare indefinitamente il cambiamento risolutivo...



[1] Sull’argomento, più volte affrontato su questo blog, ricordo, tra gli altri, il post Il bosco di betulle, metafora dell’odierno giornalismo italiano: http://andreacarancini.blogspot.it/2011/12/il-bosco-di-betulle-metafora.html