Alice Walker rifiuta di far pubblicare in Israele "Il colore viola": la lettera


LETTERA DI ALICE WALKER AGLI EDITORI DI YEDIOT BOOKS[1]

Questa lettera viene pubblicata con il permesso dell’autrice

9 giugno 2012

Cari editori di Yediot Books,

vi ringrazio molto per il desiderio di pubblicare il mio romanzo IL COLORE VIOLA. Non mi è possibile permetterlo in questo momento per la seguente ragione: come saprete, lo scorso autunno, in Sudafrica, si è riunito il Tribunale Russell per la Palestina e ha stabilito che Israele è colpevole dell’apartheid e della persecuzione del popolo palestinese, sia all’interno di Israele che nei Territori Occupati. Le testimonianze che abbiamo sentito, sia israeliane che palestinesi (io ero una giurata) sono state devastanti. Sono cresciuta sotto l’apartheid  americano e questo è molto peggio. In realtà, molti sudafricani presenti, compreso Desmond Tutu, percepivano che la versione israeliana di questi crimini è peggiore persino di quella da loro sofferta sotto i regimi razzisti bianchi che hanno dominato in Sudafrica tanto a lungo.

Ho la speranza che il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni), di cui faccio parte, avrà un impatto sufficientemente forte sulla società civile israeliana per poter cambiare la situazione.

A questo riguardo, fornisco un precedente esempio della partecipazione de IL COLORE VIOLA allo sforzo mondiale per liberare l’umanità dall’atteggiamento autodistruttivo di voler disumanizzare intere popolazioni. Quando il film tratto da IL COLORE VIOLA venne ultimato, e tutti noi che lo avevamo fatto decidemmo che ci piaceva molto, Steven Spielberg, il regista, fu posto dinanzi alla decisione di distribuirlo e offrirlo al pubblico sudafricano. Io mi opposi a questa idea perché, come oggi per Israele, c’era un movimento BDS della società civile volto a cambiare la politica di apartheid del Sudafrica e, di fatto, a trasformare il governo.

Non era, da parte mia, una posizione particolarmente difficile da tenere: credo profondamente nei metodi non violenti di cambiamento sociale, sebbene talvolta sembra che richiedano un’eternità, ma non rimpiango di non aver potuto condividere il nostro film, immediatamente, con (per esempio) Winnie e Nelson Mandela e con i loro figli, come pure con la vedova e con il figlio di Steven Biko, il visionario giornalista e difensore dell’integrità e della libertà degli africani, brutalmente ucciso dalla polizia quando era in detenzione.

Decidemmo di aspettare. Come fummo felici, tutti noi, quando il regime dell’apartheid venne smantellato e Nelson Mandela divenne il primo presidente di colore del Sudafrica!

Solo allora mandammo il nostro bel film! E ancora oggi, quando mi trovo in Sudafrica, posso tenere la testa alta e niente ostruisce l’amore che fluisce tra me e il popolo di quel paese.

Il che vuol dire che, allo stesso modo, mi piacerebbe sperimentare che i miei libri vengono letti dal popolo del vostro paese, specialmente dai giovani, e dai coraggiosi attivisti israeliani (ebrei e palestinesi) per la giustizia e la pace con cui ho avuto la gioia di collaborare. Spero che un giorno, forse presto, tutto ciò possa avvenire. Ma ora non è il momento.

Dobbiamo continuare a lavorare sulla questione, e attendere.

Con la fede che un giusto futuro possa essere costruito con piccoli atti.

Alice Walker       

La Palestina oppressa...
 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=1917