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Demjanjuk durante le operazioni di deportazione in Germania, nel 2009, a 88 anni di età |
È morto due giorni fa John Demjanjuk, in una casa di riposo
di Rosenheim, in Baviera.
Non fu il “boia di Treblinka”.
Né, tantomeno, fu il “boia di Sobibor”
(e, in ogni caso, Treblinka e Sobibor non furono campi di sterminio ma campi di
transito).
Era un ucraino, arruolato (a forza) nell’esercito sovietico,
indi prigioniero di guerra, indi arruolato (a forza) dai tedeschi.
È stato, soprattutto, la vittima sacrificale della
persecuzione politico-giudiziaria più mostruosa del dopoguerra (almeno, nel
cosiddetto “occidente democratico”).
Riposi in pace, quella pace che i suoi aguzzino non hanno e,
probabilmente, non avranno mai.
E che la sua vicenda sia di monito sui vertici di nefandezza
cui può arrivare l’immane menzogna olocaustica.