Dichiarata l'incostituzionalità della legge Gayssot?


Dalla nostra corrispondente Bocage ricevo e volentieri traduco:

Un corrispondente, che ringraziamo, ci invia il seguente articolo apparso sul “Bulletin d’André Noël”, n° 2274 del 5 marzo 2012, che mostra che non sarà più molto facile, per gli avversari dei revisionisti, perseguire questi ultimi in base alla legge Gayssot. Ma non ci rallegriamo, resteranno le altre leggi: quella che esisteva prima della legge Gayssot e quelle che sono nate dopo la legge Gayssot…

Il Consiglio costituzionale ha censurato anche la legge Gayssot

I giornali ci hanno dunque spiegato che, il 28 febbraio, il Consiglio costituzionale aveva dichiarato non conforme alla Costituzione la legge che reprime la contestazione del genocidio armeno e, di conseguenza, la legge è stata annullata. Il Consiglio ha fondato la sua decisione sul principio costituzionale della libertà di espressione.

Se è vero che la legge che reprime la contestazione del genocidio armeno è annullata, tutto ciò è solo una parte della decisione del Consiglio e forse non la più importante … Ma questi stessi giornali non ci illuminano molto su questo punto. Questi giornalisti, che si copiano l’uno con l’altro, non sono molto curiosi; senza dubbio, non hanno letto integralmente la decisione dell’alta corte. Altrimenti si sarebbero accorti che essa non contiene nulla di specifico sul genocidio armeno! Neanche una parola! Il nome “Armenia” e l’aggettivo “armeno” non vi si trovano. Il termine “armeno” esiste solo nell’intitolazione della legge di origine parlamentare (ma ispirata dal governo) sotto questa forma:

“Proposta di legge riguardante il recepimento del diritto comunitario nella lotta contro il razzismo e che reprime la contestazione dell’esistenza del genocidio armeno”.

Ma il Consiglio, rispondendo alla richiesta dei deputati e dei senatori che contestano la legge, lascia cadere, da subito, il termine “armeno”: “Considerando che i deputati e i senatori ricorrenti deferiscono al Consiglio costituzionale la legge volta a reprimere la contestazione dell’esistenza dei genocidi riconosciuti dalla legge … “. “Genocidi” è dunque al plurale. Esso continua nello stesso modo al fine di dichiarare la sua incostituzionalità: “Considerando che una disposizione legislativa avente per oggetto di “riconoscere” un crimine di genocidio non saprebbe, in sé stessa, essere rivestita della portata normativa che si lega alla legge; che, tuttavia, l’articolo primo della legge deferita reprime la contestazione o la minimizzazione dell’esistenza di uno o più crimini di genocidio “riconosciuti come tali dalla legge francese”; che nel reprimere in tal modo la contestazione dell’esistenza e della qualificazione giuridica dei crimini che egli stesso avrebbe riconosciuto e qualificato come tali, il legislatore ha portato un attentato di incostituzionalità all’esercizio della libertà di espressione e di comunicazione; che, di conseguenza, e senza che vi sia bisogno di esaminare le altre lagnanze, l’articolo primo della legge deferita deve essere dichiarato contrario alla Costituzione; che il suo articolo secondo, che non è separabile, deve essere egualmente dichiarato contrario alla Costituzione:

“Articolo primo – La legge volta a reprimere la contestazione dell’esistenza dei genocidi riconosciuti dalla legge è contraria alla Costituzione”.

Mentre i parlamentari vogliono considerare il solo genocidio armeno, il Consiglio, lui, tratta di tutti i genocidi riconosciuti dalla legge. Ora, nelle nostre leggi, [di genocidi] non ve ne sono trentasei: vi è solo quello degli ebrei. L’alta corte non poteva dunque decidere altrimenti, in caso contrario avrebbe essa stessa violato il principio costituzionale di eguaglianza davanti alla legge non trattando allo stesso modo il genocidio ebraico e quello degli armeni.

Conclusione? L’avete indovinata! Ormai, ogni perseguimento per negazione del genocidio degli ebrei, per “negazionismo” o “revisionismo”, in nome della legge Gayssot del 1990, verrà dunque immancabilmente annullato se l’imputato[1] presenta un ricorso con l’eccezione d’incostituzionalità, come la legge permette ormai a tutti i giudicabili.

Il Consiglio costituzionale non saprebbe evidentemente smentirsi. La sua decisione del 28 febbraio 2012 ha proprio censurato la legge Gayssot. Il fatto più sbalorditivo, a quanto pare, è che nessuno si sia turbato né si sia reso conto di tutto ciò, trascurando forse di visitare il sito del Consiglio costituzionale per leggere la decisione nella sua interezza …

FINE

Si troverà questa decisione del Consiglio costituzionale all’indirizzo seguente:

http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2012/2012-647-dc/decision-n-2012-647-dc-du-28-fevrier-2012.104949.html

  


[1] L’espressione originale è “mis en examen”, vedi la voce Wikipedia “Mise en examen”: