Jurgen Graf: Difendere la fede (nelle gasazioni omicide di Majdanek)

Il crematorio di Majdanek

DIFENDERE LA FEDE: L’ARTICOLO “STERMINI MEDIANTE GAS TOSSICI NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI MAJDANEK” DI TOMASZ KRANZ 

Di Jürgen Graf, 2011[1] 

Nel 2008, i sostenitori del punto di vista sterminazionista riguardo alla politica razziale nazionalsocialista, tennero un convegno a Oranienburg, nei pressi di Berlino, il cui scopo era di fornire “nuove prove” del genocidio su vasta scala nelle camere a gas, una teoria che allo stato attuale non ha nessun sostegno documentario o materiale. Tre anni dopo, è uscita una raccolta di articoli – curata da Günter Morsch e Bertrand Perz, due mediocri “studiosi dell’Olocausto” – intitolata Neue Studien zu Nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas[2] (Nuovi studi sullo sterminio da parte dei nazionalsocialisti mediante gas tossici); essa contiene i testi delle relazioni presentate al convegno, presumibilmente curati e ampliati, com’è di norma per tali lavori. 

Mentre scrivo queste righe (aprile 2011), Carlo Mattogno sta lavorando ad una esaustiva risposta alle tesi di questa raccolta; quando sarà pronta, il suo libro sarà pubblicato in italiano e in tedesco. [L’opera è annunciata come imminente dalla casa editrice Castle Hill Publishers col titolo Schiffbruch. Vom Untergang des Holocaust-Ortodoxie]. Poiché siamo in fase di preparazione per una nuova edizione di Concentration Camp Majdanek. A Historical and Technical Study, utilizzerò questa opportunità per analizzare, in modo indipendente dal prossimo libro di Mattogno, la sezione di otto pagine della detta raccolta, scritta da Tomasz Kranz e intitolata: “Massentötungen durch Giftgases im Konzentrationslager Majdanek[3] (Stermini mediante gas tossici nel campo di concentramento di Majdanek). 

Kranz, che è il capo del dipartimento di ricerca del Museo di Majdanek, aveva provocato un certo scalpore alla fine del 2005 quando fissò il numero delle vittime del campo a 78.000[4], la qualcosa equivaleva ad una fondamentale riduzione delle cifre precedenti: poco dopo la presa del campo di Majdanek da parte dei sovietici, una commissione polacco-sovietica parlò di 1.5 milioni di persone che erano presuntamente morte lì; in seguito, la storiografia polacca ufficiale ridusse tale cifra, nel 1948, a 360.000 e, nel 1992, a 235.000. Come ho mostrato in un articolo pubblicato nel 2008, la cifra di Kranz è ancora troppo alta di, almeno, 28.000 morti[5]. 

Fondamentalmente, i numeri modificati da Kranz sono solo un tentativo per limitare i danni di credibilità provocati dalle precedenti stime. Egli ha cercato di liberare la storiografia di Majdanek dal riempitivo, politicamente inutilizzabile ed enormemente esagerato, costituito dalle vittime non ebraiche, salvaguardando, nel contempo, l’irrinunciabile superstizione che esso fu un “campo di sterminio” (le presunte gasazioni omicide e la presunta fucilazione di massa di ebrei del 3 novembre 1943).

Rispetto allo studio di Kranz del 2005 che, nell’insieme, dimostra uno spirito critico nonostante i suoi numerosi raggiri, il suo contributo alla raccolta Neue Studien zu Nationalisozialistischen Tötungen durch Giftgas costituisce un passo indietro sia dal punto di vista intellettuale che etico. Se nello studio del 2005 egli presentava un riassunto corretto, seppur in qualche modo reticente, del libro revisionista su Majdanek di Carlo Mattogno[6] e del sottoscritto, qui non ne parla più in alcun modo. Ignorare i contro-argomenti (conosciuti come tali) a lui noti è una prova inconfondibile della povertà di basi scientifiche per la posizione ulteriormente modificata di Kranz e della sua agenda ideologica. 

Kranz non rifugge da miseri trucchi. Ad esempio, quando afferma che Heinrich Himmler “il 19 luglio 1942 ordinò un’accelerazione dello sterminio degli ebrei nel Governatorato Generale” (p. 220), egli non fornisce ai suoi lettori nessuna prova di tale ordine, facendo riferimento solo a una nota a piè di pagina che riguarda la costituzione di un campo di concentramento per donne a Lublino e il trasferimento di detenute nel campo d’aviazione di Lublino (nota a piè di pagina n°6). Ma questa nota a piè di pagina non ha connessione di sorta con l’asserzione che dovrebbe corroborare! 

Diamo uno sguardo alle prove di Kranz sull’esistenza di camere a gas omicide a Majdanek. All’inizio del suo articolo, egli scrive:

Per quanto riguarda l’uso di gas tossici a scopo omicida, il campo di concentramento di Majdanek costituisce un caso speciale per cui, qui, non solo c’erano due gas tossici usati come strumenti omicidi nelle camere a gas – lo strumento di disinfestazione Zyklon B (HCN) e il monossido di carbonio (CO) – ma era all’opera anche un furgone a gas” (p. 219). 

Chiunque conosca la presentazione ufficiale che viene fatta di Majdanek rimarrà sorpreso nel leggere tutto ciò. Se è vero che la commissione polacco-sovietica, nel suo rapporto dell’agosto 1944, menzionò dei furgoni a gas operanti a Majdanek[7], tale accusa venne successivamente scartata dagli storici ortodossi: la letteratura ufficiale del campo parla solo dell’uso omicida in camere fisse dello Zyklon B e del monossido di carbonio. L’ampiezza delle prove riguardante l’uso dei furgoni a gas nel campo di Lublino viene fornita da Kranz sei pagine più avanti:  

Vi sono prove indiziarie del fatto che una parte delle vittime del campo di concentramento di Majdanek vennero uccise per soffocamento in un furgone appositamente modificato. Si presume che questi omicidi vennero compiuti in un furgone per la disinfezione in dotazione al campo o in un furgone a gas appartenente al comandante della polizia e dei servizi di sicurezza di Lublino. Alcuni detenuti affermarono che esso operava tra la città e il campo” (p. 225, le parole in tondo sono state evidenziate da me). 

Così Kranz, che all’inizio del suo articolo aveva asserito che “era all’opera anche un furgone a gas”, ora, per provare la sua tesi, ammette che vi sono solo “prove indiziarie” sotto forma di dicerie! 

Passiamo adesso alle “camere a gas fisse” in cui i detenuti ebrei venivano presuntamente uccisi mediante Zyklon B e/o monossido di carbonio. Secondo il rapporto della commissione polacco-sovietica dell’agosto 1944, c’erano sei di tali camere:  

Tre camere a gas (Numeri I, II e III), ubicate all’estremità nord-est del muro del bagno; una camera a gas (Numero IV, immediatamente attigua al bagno e che costituisce un intero stabile, come si vede dall’esterno. […] Due camere a gas (Numeri V e VI), ubicate nell’area tra i compound  [settori; il termine tedesco è “Feld”, campo, che designava appunto un settore del campo principale] 1 e 2[8].

La versione ufficiale di Majdanek aveva però un’altra camera a gas, non menzionata dalla commissione polacco-sovietica, oltre le sei suddette. Si sostiene che vi fosse una camera nel nuovo crematorio.


Contro questa enumerazione, Kranz si accontenta di due camere a gas (le camere I e III di quelle menzionate dalla commissione polacco-sovietica); egli scrive:

Le camere a gas per l’uccisione dei detenuti vennero impiantate in un edificio in pietra , il cosiddetto bunker, ubicato dietro la baracca bagno per uomini vicino al campo dei detenuti […] All’inizio, secondo il piano, vi sarebbero dovute essere due camere. La camera nella zona orientale (vicino al campo dei detenuti), tuttavia, venne divisa in due più piccole, una delle quali venne adattata per l’uso sia dello Zyklon B che del monossido di carbonio, mentre l’altra camera, a quanto pare, non venne utilizzata. […] La grande camera a gas, vicina alle due più piccole, d’altro canto, venne adattata esclusivamente per l’uso del monossido di carbonio” (pp.221 e seguenti). 

Kranz non fornisce una ragione del perché sarebbe stato conveniente dividere la camera nella zona est in due camere più piccole per poi non utilizzarne una, riducendo così lo spazio disponibile. Le ragioni del perché egli liquidi le camere dalla numero IV alla VII, sebbene non espresse, sono facili da capire: 

·         La camera IV ha una finestra che i detenuti avrebbero immediatamente fracassato (le macchie blu [sul telaio di legno] dimostrano che questa finestra [già] esisteva all’epoca in questione);

·         La baracca in cui si dice che le camere V e VI furono installate è scomparsa senza lasciare traccia – ammesso che sia mai esistita; gli storici polacchi di Majdanek non sono nemmeno stati capaci di mostrare la sua ubicazione precisa[9];

·         La camera VII nel nuovo crematorio, che si ritiene utilizzata per l’uccisione mediante Zyklon B, non mostra nessuna macchia blu sui suoi muri, il che esclude l’uso di acido cianidrico in questo sito[10]. 

Kranz ha eliminato queste “camere a gas” anche se la loro esistenza continua a essere asserita nella letteratura ortodossa su Majdanek. 

Sulla genesi dell’accusa di camere a gas omicide, Kranz scrive: 

Poco si sa sull’installazione delle camere a gas nel campo di concentramento di Majdanek, poiché in pratica non vi è nessun documento riguardante la loro costruzione e la loro operatività. Tutto quello che possiamo dire è che le camere a gas furono basate sulle necessarie modifiche alla tecnologia degli impianti di disinfestazione che usavano acido cianidrico (l’acido cianidrico è il principio attivo dello Zyklon B) (p. 220). 

L’asserzione di Kranz che “in pratica non vi è nessun documento” riguardante la costruzione e l’operatività delle camere a gas di Majdanek non è confermata dai fatti; c’è, al contrario, una considerevole quantità di tali documenti. Utilizzando queste prove, Carlo Mattogno ha delineato la costruzione di questi locali nel capitolo VI, 2 del libro su Majdanek che ha scritto con me. Tuttavia, i documenti mostrano chiaramente che questi locali erano installazioni igieniche per la distruzione degli insetti parassiti, vale a dire gli stessi “impianti di disinfestazione che usavano acido cianidrico” di cui lui [Kranz] parla. Il fatto che qui veniva usato l’acido cianidrico può essere notato immediatamente quando si osserva la quantità di macchie blu su tutte le pareti dei detti locali. 

È ovvio che per la “conversione” degli impianti dallo scopo di disinfestazione a quello omicida non c’è neanche l’ombra di prove documentarie. Per quanto sia ammissibile che una camera di disinfestazione possa essere usata per scopi omicidi, Mattogno ha fornito una dimostrazione molto dettagliata del fatto che questo non fu il caso di Majdanek perché, per ragioni strutturali, questi locali non potevano essere usati a tale scopo. Se Kranz non cerca di confutare gli argomenti di Mattogno, sebbene abbia riassunto in modo corretto il nostro libro nel suo articolo del 2005, tutto ciò può solo significare che in questo caso non c’è nulla da confutare.

Di fronte alla completa mancanza di qualunque prova documentaria di gasazioni omicide a Majdanek, i rappresentanti della storiografia ufficiale hanno bisogno di ricorrere necessariamente a dichiarazioni testimoniali – ma tutto ciò porta direttamente ad un ulteriore problema: non c’è un solo testimone che abbia fornito un resoconto preciso, di nessun tipo, delle presunte gasazioni di Majdanek. Tutto ciò creò naturalmente dei problemi a Jósef Marszałek, l’ex direttore del Museo di Majdanek, quando scrisse nel 1981 il suo libro sul campo, e ciò lo indusse a includere un estratto della testimonianza di Pery Broad su Auschwitz, con la mera aggiunta che le gasazioni di Majdanek vennero compiute in modo “analogo”[11]!  

In assenza di qualunque testimone oculare per queste gasazioni, Kranz si avvale di qualcuno che almeno vide i risultati, e cioè i cadaveri, e subito si mette nei guai con una testimonianza anti-fattuale. Il testimone in questione, un ex detenuto di nome Franz A., che venne interrogato nel 1965 durante la preparazione del processo Majdanek di Düsseldorf, rese in realtà la seguente dichiarazione:

In due casi vidi come altri detenuti dovevano rimuovere i detenuti gasati e morti dalla camera a gas. I morti erano di colorazione decisamente blu e alcuni di loro dovettero essere strappati gli uni dagli altri da parte del commando dei detenuti, poiché molti detenuti erano intrecciati gli uni con gli altri” (p. 225).

È, tuttavia, un fatto che le vittime di cianuro non mostrano uno scolorimento blu della pelle bensì rosso[12]. Quindi, il testimone Franz A. dichiarò qualcosa che non poteva aver visto e che di conseguenza non vide.

Dichiarazioni del genere, da parte di ex detenuti sono fatte per denigrare i loro ex oppressori. Questo è anche il caso della dichiarazione resa da Georg G., un ex Funktionshäftling (Kapo) che, anche nel 1965, asseriva di aver visto come “i detenuti venivano radunati nella camera a gas fatta di pietra e venivano ivi gasati”.  

Le confessioni rese da ex membri delle SS durante i successivi processi in Germania sono altrettanto inquinate, per varie ragioni. Kranz cita una di esse a p. 225:

Una volta guardai nella camera a gas quando c’era della gente dentro. […] Le persone giacevano sul pavimento. Erano riverse in modo irregolare, una sopra l’altra. Ritengo che fossero nude […] Stavo lì per vedere come il gas funzionava. Perschon mi aveva chiesto di assistere alla gasazione”. 

La fonte di Kranz, in questo caso, è un libro di Dieter Ambach e Thomas Köhler uscito nel 2003 con il titolo di “Lublin-Majdanek. Das Konzentrations- und Vernichtungslager im Spiegel von Zeugenaussagen (Lublino-Majdanek. Il campo di concentramento e di sterminio alla luce delle testimonianze). Il libro non fornisce il nome del membro delle SS in questione, il che probabilmente significa che egli non era una delle 15 persone inizialmente imputate a Düsseldorf. È molto probabile che la sua confessione fu il risultato di un accordo con l’accusa mediante il quale l’uomo avrebbe evitato ogni ulteriore problema legale se avesse riconosciuto l’esistenza di camere a gas contribuendo in tal modo alla costituzione della versione ufficiale. 

Se le confessioni durante gli ultimi processi in Germania sono prive di qualunque credibilità, questo è tanto più vero per le confessioni rese durante i processi davanti alle corti polacche, sovietiche o occidentali nei primi anni post-bellici. È chiaro che, all’epoca, i polacchi, i sovietici o gli anglo-americani riuscirono ad ottenere ogni sorta di confessioni da qualunque tedesco – sia mediante torture dirette che mediante altri mezzi, meno fisici. 

Tutto ciò si applica anche al capo dell’ufficio tecnico di Majdanek, un uomo chiamato Friedrich W. Ruppert, che asserì che le “selezioni degli ebrei di Varsavia per lo sterminio” erano basate su ordini emessi da Globocnik, il quale “ispezionò il campo in un certo numero di occasioni e che era particolarmente interessato alle camere a gas”. Il fatto che Kranz debba ricorrere a confessioni così dubbie, probabilmente ottenute con la violenza, mostra la scarsità di prove con cui deve fare i conti. 

A riguardo delle forniture di Zyklon B al campo di Majdanek, egli afferma: 

Numerosi documenti riguardanti la fornitura di Zyklon B sono giunti sino a noi. L’amministrazione del campo ordinò il gas dalla Ditta Internazionale per la distruzione degli insetti parassiti Tesch & Stabenow di Amburgo. Veniva prodotto dalla Dessauer Werke für Zucker und Chemische Industrie. La prima ordinazione di Zyklon B data al 25 luglio 1943. […] L’ultima lettera rimasta riguardante ordinazioni di Zyklon B venne impostata il 3 luglio 1944, tre settimane prima dello smantellamento del campo” (p. 223). 

Nella pagina precedente, Kranz ammette che “lo Zyklon fornito a Majdanek venne usato, come in altri campi di concentramento, per la disinfezione di baracche e vestiti” (p. 222). In realtà, la copiosa documentazione sulle forniture di Zyklon B ci permette di affermare oltre ogni dubbio che il prodotto venne usato per disinfestazioni e per niente altro[13]. E dunque, che cos’è che Kranz cerca di provare nel paragrafo suddetto?

Alla fine del suo articolo, Kranz affronta la questione di quante persone vennero gasate a Majdanek e dice:

Le fonti non ci permettono di stabilire quante delle circa 80.000 vittime del campo vennero uccise nelle camere a gas. L’unica indicazione è contenuta nella dichiarazione di Ruppert che stimò che il numero dei gasati doveva essere stato dai 500 ai 600 detenuti a settimana nell’ultimo quarto del 1942 e il numero degli ebrei di Varsavia uccisi nelle camere a gas nella primavera del 1943 doveva ammontare a circa 4.000 o 5.000 persone” (p. 227). 

Questo significherebbe che tra l’inizio di ottobre del 1942 (che si ritiene l’inizio delle gasazioni) fino alla fine della primavera del 1943, vennero gasati a Majdanek circa 10.000-12.000 ebrei. La storiografia ufficiale sostiene che in quel periodo vi furono tre “campi di puro sterminio” in attività: Treblinka, Sobibor e (fino al novembre del 1942) Belzec. Se ci atteniamo agli storici ortodossi, le sole “camere a gas” di Treblinka avrebbero permesso l’uccisione di 7.000 persone al giorno[14], il che significa che le SS avrebbero potuto gasare nelle camere a gas di Treblinka, soltanto in un giorno e mezzo, tutti gli ebrei presuntamente uccisi a Majdanek in un periodo di otto mesi. 

Quindi, non ci sarebbe stato assolutamente nessun bisogno di costruire a Majdanek alcuna camera a gas omicida. La baracca bagno che presuntamente ospitò le “camere a gas” avrebbe potuto essere visto dai detenuti e perciò nessuna gasazione avrebbe potuto aver luogo in segreto; altrimenti l’intero campo sarebbe entrato nel panico e i tedeschi avrebbero dovuto affrontare una rivolta o una fuga di massa. 

Poiché da Majdanek i detenuti venivano liberati in continuazione – il numero totale dei liberati ammonta a 20.000[15] -- ogni informazione del genere si sarebbe diffusa in un baleno in tutta la Polonia e oltre i suoi confini, un qualcosa che i tedeschi chiaramente avrebbero voluto evitare. 

Da qualunque punto di vista si guardi alla storia delle gasazioni omicide di Majdanek – sia esso storico, tecnico, o logico – essa si rivela sempre assurda. Solo due tipi di lettori rimarranno perciò impressionati dalle “prove” ingannevoli di Kranz: gli ingenui che credono di leggere lo studio di uno storico serio, e i devoti credenti nell’Olocausto, che dicono: “la mia decisione è presa, non confondetemi con i fatti”.    


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.inconvenienthistory.com/archive/2011/volume_3/number_3/defending_the_faith.php
[2] Günter Morsch e Bertrand Perz (curatori), Neue Studien zu Nationalistischen Massentötungen durch Giftgas. Historische Bedeutung, technische Entwicklung, revisionistische Leugnung, Metropol Verlag, Berlino 2011.
[3] Thomas Kranz, “Massentötungen durch Giftgase im Konzentrationslager Majdanek”, in: Neue Studien zu Nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas (vedi nota 1), pp. 219-227.
[4] Thomas Kranz, “Ewidencja zgonów i śmiertelność więźiów KL Lublin”, Zeszyty Majdanka, 25 (2005), pp. 7-53.
[5] Jürgen Graf, SULLA REVISIONE DEL NUMERO DELLE VITTIME DI MAJDANEK, in rete all’indirizzo: http://ita.vho.org/041_Sulla_revisione_numero_vittime_Majdanek.htm
[6] Jürgen Graf e Carlo Mattogno, KL Majdanek. Eine historische und wissenschaftliche Studie, Castle Hill Publisher, Hastings, 1999 [In rete all’indirizzo: http://vho.org/dl/DEU/klm.pdf ]. Traduzione inglese: Concentration Camp Majdanek. A historical and technica Study, Theses & Dissertation Press, Chicago 2003 [In rete all’indirizzo: http://vho.org/dl/DEU/klm.pdf ]. 
[7] J. Graf e C. Mattogno, op. cit., capitolo VII, 2.
[8] Ibid., capitolo VI, 1.
[9] Lo storico di Majdanek Czesław Rajca scrive che l’edificio che ospitava queste camere era “probabilmente” ubicato nel campo di passaggio n°1. C. Rajca, “Exterminacja bespośrednia”, in: Tadeusz Mencel (curatore), Majdanek 1941-1944, Lublin, 1991, p. 270
[10] J. Graf, C. Mattogno, op. cit., capitolo VI, 3.
[11] Jósef Marszałek, Majdanek, The Concentration Camp in Lublin, Warsaw 1986, p. 141.
[12] Germar Rudolf, The Rudolf Report, Chicago 2003, capitolo 7.1 (Toxicological Effect of HCN). In rete: http://vho.org/dl/ENG/trr.pdf ]
[13] J. Graf, C. Mattogno, op. cit., capitolo 8.
[14] Nella sua opera di riferimento sui campi dell’Azione Reinhardt, Yitzhak Arad scrive che a Treblinka, tra il 23 luglio e la fine di settembre del 1942, vennero gasati ebrei per un totale di 491.000, vale a dire 7.014 o grosso modo 7.000 al giorno. Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka. The Operation Reinhard Death Camps, Bloomington and Indianapolis 1987, pp. 392-395.
[15] Anna Wiśniewska e Czesław Raja, Majdanek, Lubelski obóz koncentracyjny, Lublin 1996, p. 32.