Bombardare la Libia: dal 1986 al 2011

Abitazione civile libica bombardata dalla NATO nel 2011


Da Gian Franco Spotti ricevo e volentieri pubblico: 

BOMBARDARE LA LIBIA: DAL 1986 AL 2011
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(Un’altra versione degli avvenimenti in Libia che hanno preceduto l’attacco occidentale)

Autore: Thomas C. MOUNTAINAsmara (Eritrea)

Data: 26 Marzo 2011 (circa 7 mesi prima della morte del Col. Gheddafi)


Nel 1987 ero membro della Delegazione Americana per la Pace in Libia. Eravamo laggiù per la prima commemorazione del bombardamento americano contro la Libia nel 1986.
Nell’Aprile del 1986, aerei caccia americani hanno colpito Tripoli alle 2 di notte. Hanno bombardato la residenza di famiglia di Gheddafi, ferendo vari membri della famiglia ed uccidendo la figlia di 15 mesi.
Mia figlia all’epoca aveva all’incirca la stessa età e la cosa mi aveva sconvolto.
Gli aerei americani bombardarono anche abitazioni civili lontane kilometri da un qualsiasi obiettivo militare, uccidendo decine di bambini nel sonno. Ho partecipato alla deposizione di fiori sulle loro tombe, nel Cimitero dei Martiri, situato nel vecchio stadio italiano a Tripoli.
Domenica scorsa mi sono svegliato ed ho acceso la televisione e ho visto una famiglia libica in lutto che seppelliva la loro figlioletta di 3 anni, uccisa nel sonno durante l’ultimo attacco americano contro la Libia.
Nel corso degli ultimi 25 anni, ho seguito gli avvenimenti in Libia e da quando mi sono trasferito in Eritrea nel 2006, ho anche visto il Colonnello Gheddafi trascorrere la notte nella sua tenda sulla spiaggia vicino alla nostra casa sulle rive del Mar Rosso.
Gli Stati Uniti sembrano aver bisogno di uno spauracchio arabo o musulmano. Prima di Osama Bin Laden c’è stato Saddam Hussein e prima di Saddam Hussein c’è stato Muhammar Gheddafi. Con un simile retroscena storico, mi pare necessario ritornare su quello che veramente succede in Libia.
Facciamo innanzitutto un po’ di storia. Nel 1969, quando il Colonnello Gheddafi arrivò al potere con un colpo di stato che rovesciò il monarca libico Re Idris, il popolo libico era uno dei più poveri al mondo con un reddito annuale di meno di 60 Dollari per abitante.
Oggi, grazie al “socialismo arabo” del governo ed alla manna petrolifera, il popolo libico detiene uno dei più alti livelli di vita del mondo arabo. La maggior parte delle famiglie libiche sono proprietarie delle loro case e la maggior parte possiede un’autovettura.
Il sistema sanitario nazionale, gratuito, è uno dei migliori nel mondo arabo e l’insegnamento, gratuito, è buono, se non migliore di altri paesi della regione.
Quindi la domanda che ci si pone è: perché è scoppiata una rivolta simile?
La risposta, della quale sono alla ricerca da mesi, non è semplice.
La rivolta è iniziata a Benghasi, nell’est del paese. Un dettaglio molto importante che non viene menzionato da nessun organo mediatico è che questa città è uno dei punti del continente africano più vicino all’Europa. Benghasi è quindi diventata, nel corso degli ultimi circa 15 anni, l’epicentro dell’emigrazione africana verso l’Europa. Succedeva che oltre 1000 migranti al giorno entravano in Libia nella speranza di raggiungere l’Europa.
Il traffico umano, uno dei commerci più malsani ed inumani che esistano, si è trasformato a Benghasi in una vera industria, muovendo miliardi di dollari. Si è sviluppato un mondo mafioso parallelo nella città, profondamente radicato, impiega migliaia di persone in tutti i settori e corrompe la polizia ed i funzionari.
E’ solo da un anno che il governo libico, con l’aiuto dell’Italia, è riuscito a controllare questo cancro. Con la scomparsa della loro merce umana e numerosi capi in prigione, la mafia ha avuto un ruolo di punta nel finanziamento e nel sostenere la ribellione libica. Numerose bande di traffici umani ed altri elementi provenienti dai bassifondi di Benghasi sono noti per aver fatto dei pogrom contro i i lavoratori immigrati africani a Benghasi ed anche nelle periferie.
Dall’inizio della rivolta a Benghasi, diverse centinaia di lavoratori immigrati dal Sudan, Somalia, Etiopia, Eritrea sono stati depredati o assassinati dalle milizie razziste ribelli. Un evento accuratamente nascosto dai media internazionali.
Benghasi è altresì nota come un focolaio di estremisti religiosi, di fanatici libici che sono transitati dall’Afghanistan e di gruppi terroristi che hanno organizzato degli attentati e assassinato dei funzionari in città negli ultimi venti anni.
Un gruppo, che si definisce Gruppo Islamico Combattente, dichiarò nel 2007 di essere affiliato ad Al Qaeda. Sono questi gruppi ad essere stati i primi ad impugnare le armi contro il governo libico.
L’ultimo problema, ed il più difficile a risolvere, è alimentato dalle credenze desuete presenti nella società libica.
I libici rifiutano di fare i lavori che considerano “sporchi”. Nel 1987 gli studenti libici che studiavano inglese e ci accompagnavano, ne parlavano apertamente. I giovani che terminano gli studi rifiutano impieghi di bassa remunerazione o compiti subalterni. Si aspettano di ottenere immediatamente un buon impiego con un buon salario, un bell’appartamento ed una macchina nuova.
Il governo fu obbligato a fare venire centinaia di migliaia di lavoratori immigrati, prima dall’Africa sub-sahariana ed in seguito dall’Asia,  per fare i “lavori sporchi” che i libici non vogliono fare.
Il risultato è che migliaia di giovani libici sono senza lavoro e vivono alle spalle delle loro famiglie. Questa esistenza parassitaria ha generato numerosi e gravi problemi sociali.. L’alcool, proibito in Libia, e la droga, costituiscono un problema in aumento nei giovani.
Tutti questi problemi sociali erano arrivati ad uno stadio critico quando la piazza araba ha scatenato la sua rivolta contro le elites sostenute dall’occidente, prima in Tunisia, vicina della Libia, e in seguito in Egitto.
Quando si sono svolte a Benghasi le prime manifestazioni di malcontento giovanile, la coalizione informale di gruppi terroristi e di bande di trafficanti hanno immediatamente approfittato della situazione per attaccare le prigioni di massima sicurezza fuori Benghasi dove erano rinchiusi i loro compagni. Dopo la liberazione dei loro capi, la rivolta ha attaccato le stazioni di polizia e gli edifici governativi, mentre gli abitanti della città si sono svegliati con la visione dei cadaveri dei poliziotti impiccati ai ponti che scavalcano le autostrade. Il governo libico, guidato dal Colonnello Gheddafi, ha sempre badato di non permettere il formarsi di un esercito professionale e potente, preferendo contare su un sistema di “ comitati rivoluzionari “ per guidare le comunità locali ed occuparsi delle questioni di sicurezza del paese.
Questi “comitati rivoluzionari” non hanno mai conosciuto una vera e propria prova del fuoco e sono stati lenti a reagire davanti ad una rivolta che si espandeva rapidamente. Il governo libico riuscì finalmente ad organizzarsi ed a lanciare un’offensiva contro i rivoltosi.
I ribelli, per lo più giovani senza formazione militare e milizie inquadrate in modo vago, sono stati cacciati dalle zone appena conquistate e fu in quel momento che divenne chiaro che la rivolta avrebbe fallito.
Alti funzionari dei servizi informativi americani lo hanno ammesso pubblicamente: al momento è ampiamente riconosciuto, quanto meno nel mondo arabo e africano, che la maggioranza dei libici sostiene il governo diretto dal Col. Gheddafi e che la ribellione non è sostenuta che da una minoranza della popolazione.
La fine della rivolta sembrava irreversibile.
Mentre le forze militari governative si trovavano nelle periferie di Benghasi e che il destino della sommossa sembrava scontato, Gli Stati Uniti, con i loro scagnozzi di Londra e di Parigi, decisero di attaccare la Libia per rovesciarne il governo.
La Libia è un paese ricco di petrolio, vicino all’Europa, con le più grandi riserve di petrolio confermate di tutto il continente africano.
Con una tale posta in gioco, fu presa la decisione di lanciare un attacco contro la Libia.
In effetti si dovrebbe dire “ lanciare un massacro “ poiché fino ad oggi non esiste una difesa efficace contro missili di crociera e bombardamenti da altitudine, soprattutto di notte, e quindi…chi se ne frega delle vittime civili!
Dopo gli attacchi americani e le invasioni di Irak, Afghanistan e Somalia, poche persone al mondo credono alla versione occidentale di un attacco contro la Libia per proteggere i civili. Gli Stati Uniti ed i loro alleati europei giocano una partita estremamente pericolosa attaccando oggi la Libia.
Mentre i paesi arabi corrono il rischio di conoscere delle vere situazioni rivoluzionarie, cioè rivolte armate contro le elites sostenute dall’occidente, l’attacco contro la Libia potrebbe diventare la scintilla che l’occidente tentava disperatamente e giustamente di evitare.
E’ impossibile prevedere le conseguenze degli attacchi occidentali alla Libia. Assisteremo ad un nuovo Kosovo o ad una vittoria del governo libico diretto da Gheddafi?
La sola cosa certa è che il popolo libico pagherà caro per mantenere il proprio paese, un prezzo che verrà inevitabilmente pagato col sangue.
Sto già preparando la mia prossima visita in Libia, prevista per la stessa epoca dello scorso anno, forse con la seconda delegazione americana per la pace in Libia. Dio solo sa quanti fiori bisognerà deporre sulle tombe dei bambini libici uccisi dall’ultimo massacro commesso dagli Stati Uniti e dai loro soci europei.

Traduzione a cura di: Gian Franco Spotti
Abitazione di Gheddafi bombardata nel 1987