La disinformazione su Srebrenica: il linciaggio di Mladic

LA FRENESIA MEDIATICA DI DISINFORMAZIONE SU SREBRENICA: IL LINCIAGGIO DI RATKO MLADIC[1]

Di Nebojsa Malic, 6 giugno 2011

Nelle ore pomeridiane dello scorso 26 maggio, il presidente della Serbia ha convocato una conferenza stampa a sorpresa per annunciare, in un inglese in stile Borat[2], l’arresto del generale Ratko Mladic, il comandante in tempo di guerra delle forze serbe bosniache. Per assoluta coincidenza, o così vorrebbe far credere la squadra speciale di spin doctor del Presidente Tadic, tutto ciò è avvenuto il giorno stesso in cui era in visita il commissario della UE per la politica estera Catherine Ashton.

Tadic ha sostenuto[3] che l’arresto “ha tolto la macchia dalla Serbia e dai serbi” dovunque, e che “ha posto fine ad un difficile periodo della nostra storia”. Egli ha espresso la speranza che l’arresto rabbonisca i burocrati di Bruxelles in modo che scongelino lo sforzo del suo governo per unirsi alla UE. È vero, lui ha personalmente ricevuto l’elogio dall’Imperatore stesso[4] e non da pochi esperti dei media[5]. Ma la UE ha tenuto le distanze, e poco dopo ha ha tirato fuori ulteriori richieste, mentre ai media mainstream è importato poco della sua interpretazione degli eventi – e hanno proseguito giulivi a riesumare ogni pezzetto di fango che avevano lanciato contro la Serbia e i serbi, e ne hanno aggiunti degli altri.

I cinque giorni di festa dell’odio

La frenesia alimentare dei media, nei cinque giorni trascorsi tra l’arresto del Generale Mladic e la sua rendition[6] del lunedì, non ha termini di paragone se non con il fiume di vetriolo versato quasi tre anni fa, durante l’arresto e la rendition[7] dell’ex presidente serbo bosniaco Radovan Karadzic. Fu uno di quei rari momenti, in cui, come notò Brendan O’Neill[8], i militanti islamici si unirono agli interventisti liberali per esprimere il loro odio contro il comune nemico.

I resoconti sulle presunte atrocità compiute dal “Macellaio della Bosnia” hanno variato dall’inconsueto al preconfezionato. Ad esempio, George Jahn dell’AP[9] ha dipinto questa spettrale scena di Sarajevo:

“Bruciate i loro cervelli”, urlava, mentre i suoi uomini colpivano la città praticamente indifesa dalle colline soprastanti. Tre anni dopo, alla fine della guerra, Sarajevo era un guscio bruciacchiato.

La citazione esatta era “Strizzate i loro cervelli”, e venne còlta da trasmissioni radio presuntamente intercettate dai musulmani bosniaci (sarà interessante vedere se saranno autenticate al processo). La città “praticamente indifesa” ospitava un intero corpo d’armata[10], munito di artiglieria. E, alla fine, le zone di Sarajevo più danneggiate dai bombardamenti furono quelle tenute dalle forze di Mladic. Ma a chi importa dei fatti sgradevoli quando si ha a disposizione una buona storia?

Persino peggiori, tuttavia, furono i resoconti di ciò che accadde a Srebrenica, una città della Bosnia orientale presa da un brutale signore della guerra musulmano[11] nel luglio del 1995. Mladic in persona diresse l’evacuazione dei civili, mentre le truppe musulmane tentavano la fuga dalla città; il tribunale per i crimini di guerra (ICTY) dichiarò che la morte di coloro che non erano sopravvissuti all’evacuazione doveva considerarsi “genocidio”, forzando la definizione fino all’assurdità[12] (pdf).

Sebbene neanche due resoconti[13] abbiano raccontato esattamente la stessa storia – le sole costanti nel riferire di Srebrenica sono i presunti “8.000” morti, la frase “uomini e bambini” e la descrizione sulla falsariga del “peggiore crimine in Europa dall’epoca dei nazisti” – tutti hanno dipinto la vivida immagine dei serbi che stupravano, uccidevano e massacravano innocenti civili musulmani mentre le truppe delle Nazioni Unite stavano a guardare. Niente di tutto ciò è vero[14].

In modo incoerente, i reporter dell’AP sono riusciti persino a identificare un ragazzo[15] che apparve in una famosa foto con Mladic, mentre costui gli scompigliava i capelli e gli dava della cioccolata. Izudin Alic ora vive vicino Srebrenica, prova vivente che la versione ufficiale è totalmente assurda.

Presunzione di colpevolezza

Sei mesi fa, quando un rapporto del senatore svizzero Dick Marty accusò le autorità albanesi dell’auto-proclamato stato del Kosovo di essere coinvolte nell’accaparramento forzoso e nel traffico illecito di organi umani[16], i media e i funzionari di Washington e di Bruxelles furono molto attenti a mantenere la presunzione d’innocenza, e parlarono dell’esigenza di prove solide. Questo criterio, tuttavia, non si applica nei casi in cui costoro hanno già pronunciato sia il verdetto che la sentenza.

L’altro giorno, Geert Wilders, il politico olandese attualmente sotto processo per “discorsi di odio” contro l’Islam, ha fatto notare nelle sue dichiarazioni conclusive[17] di “essere stato paragonato agli assassini Hutu del Ruanda e a Mladic”. E in un saggio che deplorava la confusa definizione di genocidio impiegata dall’ICTY, il luminare liberale Ian Buruma[18] per primo ha deciso che Mladic appare colpevole – “il genere di psicopatico ringhioso, dal collo taurino  e dall’occhio pallido che vi strapperebbe volentieri le unghie solo per divertimento” – per poi esprimere che “non vi sono dubbi che sia colpevole di gravi crimini di guerra”.

Perché allora prendersi la briga di un processo? Non sapete che c’è una recessione in corso[19]?

Chi è Ratko Mladic?
Nel 1991, Ratko Mladic era un ufficiale in carriera dell’esercito della Jugoslavia. Nato nel 1943, non conobbe mai suo padre, che era stato ucciso durante la seconda guerra mondiale dagli Ustascia, i croati nazisti che conducevano una campagna genocida[20] contro i serbi e gli ebrei in quelle che sono oggi la Croazia e la Bosnia Erzegovina. Mladic frequentò le scuole militari e “venne addestrato nella tradizione titoista dello jugoslavismo transnazionale”, scrisse lo storico Srdja Trifkovic[21], una fonte primaria in questo caso. Secondo Trifkovic, Mladic, “ritrovò - quando gli vennero affidate le unità in rovina dell’esercito jugoslavo in Dalmazia, e poi in Bosnia - le sue radici serbe nel medioevo ".

Mladic arrivò a Sarajevo dopo il “massacro di Dobrovoljacka”, in cui le milizie musulmane tesero un’imboscata ad un convoglio dell’esercito in ritirata guidato dal suo predecessore, che recava la bandiera di tregua delle Nazioni Unite. In questo caso, l’ICTY non ha mai processato nessuno; l’ufficiale[22] sotto il cui comando agì la milizia è stato di recente proclamato eroe dalla comunità islamica bosniaca. Il rifiuto, da parte dei tribunali bosniaci, persino di riaprire il caso, ha sostenuto la recente politica del rischio calcolato[23] che ha avuto il suo culmine a metà maggio.

Abile tattico, Mladic vinse molte battaglie ma nell’ambito di una guerra che non poteva essere vinta. La strategia serbo-bosniaca[24] puntava sul controllo di un territorio difendibile, quindi sul
negoziato con il regime musulmano di Sarajevo. Quel regime rifiutò però in modo assoluto di negoziare, per combattere la guerra con le telecamere della CNN,  piuttosto che con i cannoni, e
sperare nell’intervento dell’Occidente.

Nel marzo del 1992, la Croazia cercò di bipassare il Piano Vance[25] invadendo la Bosnia e circondando l’ovest popolato dai serbi; Mladic e le sue truppe contrastarono questa manovra, e mantennero il “Corridoio” di salvataggio fino alla fine della guerra. I politici e gli ufficiali serbi, incluso Mladic, hanno detto che avevano cercato di impedire il ripetersi degli eventi della seconda guerra mondiale. Tutto ciò è stato liquidato come propaganda – tuttavia, il fatto che pochi serbi siano rimasti in Croazia dopo il blitzkrieg[26] di Zagabria del 1995, parla da sé.

Mladic e il suo referente politico, Karadzic, vennero accusati di crimini di guerra dall’ICTY alla fine del 1995, mentre il diplomatico americano Richard Holbrooke cercava di tagliarli fuori dai colloqui di pace. Non vi sono dubbi di sorta sul fatto che la decisione di incriminarli fu politica.

Detto questo, vi sono in effetti seri interrogativi riguardanti Sarajevo e Srebrenica, sulla vera dimensione dei bombardamenti, sulle esecuzioni dei prigionieri (che certamente avvennero) e se Mladic le approvò oppure no. È però improbabile che troveranno risposta in un processo show davanti all’ITCY.

L’ingiusto processo

Come la maggior parte degli altri imputati serbi all’Aja, Mladic non è accusato per ciò che fece davvero, ma per ciò che era – un ufficiale di alto grado e, come tale, considerato parte della “impresa criminale comune” per costituire una “Grande Serbia” etnicamente pura. Il complotto è un mito[27]. Anche sotto Milosevic, la Serbia era più multi-etnica di ogni altra parte della Jugoslavia (mentre gli alleati dell’Impero, come la Croazia e il Kosovo, sono famigerati per la loro purezza etnica). La stessa recente condanna da parte dell’ITCY dei generali croati[28] demolisce l’accusa di complotto – e questa è la ragione per cui verrà probabilmente cancellata. E tuttavia costoro persistono nell’accusa di complotto contro l’intera classe dirigente – politica, di polizia e militare – dei serbi (della Krajina, della Bosnia e della stessa Serbia), sostenendo in realtà che gli scopi di guerra dei serbi erano del tutto illegittimi, mentre quelli degli altri erano assolutamente validi.

Perché? Perché, come ha fatto notare nel 2008 Mick Hume[29], l’Impero aveva bisogno della Bosnia per dare a se stesso un nuovo senso dopo la Guerra Fredda. Per essere un eroe, il ‘buono’ dei vecchi occidentali, l’Impero doveva avere un malvagio, il proverbiale ‘cattivo’. Ne trovò uno nei serbi, una nazione improvvisamente senza amici, e assediata da amici in cerca di uno sponsor potente. E così, con la più grande mossa propagandistica[30] dei tempi moderni, le vittime della brutalità dei nazisti[31] vennero esse stesse dichiarate nazisti redivivi.

Prima che Bush II scatenasse la Guerra Perduta contro il Terrorismo, i Clinton avevano “salvato” la Bosnia e “liberato” il Kosovo. Osama bin Laden[32] aveva usurpato il mantello del primo dei ‘cattivi’ per quasi un decennio, ma lui era inopportuno, perché interferiva con la percezione indotta dell’Islam quale “Religione della Pace” e con i piani per lo  jihad quale strumento degli interessi strategici di Washington[33] nell’Eurasia.

Con il primo mandato di Obama, sostanzialmente una restaurazione dei Clinton[34], i Balcani sono stati ancora una volta tirati fuori come il grande e nobile salvataggio, invocato per giustificare l’interventismo militare in tutto il mondo. Diventerà anche più importante ora che Bin Laden dorme con i pesci[35]. E anche dopo 15 anni, i fanatici che stanno a Washington ancora non possono vedere, o non vedranno, che il salvataggio fu una vergogna, che l’attesa gratitudine[36] non si materializzerà mai, e che cercare di usare lo jihad come un’arma è già stato controproducente una volta, e continuerà ad esserlo di nuovo.

Per perpetuare la fissazione del dominio incontrastato dell’Impero, per far continuare a piovere le bombe sulla Libia – e su chiunque sia il prossimo – Ratko Mladic e i serbi devono continuare a essere percepiti come mostri dall’opinione pubblica[37], a prescindere da ciò che possono o non possono essere in realtà.



[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25148
[6] Consegna straordinaria (di prigionieri a un altro paese senza processo), secondo la definizione del Ragazzini 2011.