Merlino, Valle Giulia e Almirante: una domanda a Ugo Tassinari

Merlino ieri e oggi
Il mese scorso, ho dedicato un post a Mario Michele Merlino[1], cui ha risposto Ugo Tassinari due giorni dopo[2]. Vorrei riprendere l’argomento sine ira et studio[3], nello spirito della massima di Spinoza citata da Tassinari all’inizio del suo blog: “Non bisogna deridere le azioni umane, né piangerle, né disprezzarle, ma comprenderle”.

Scrive Tassinari:

«Non starò qui a discettare sulla questione dell'infiltrazione, che è operazione coperta. Merlino, infatti, era personaggio pubblico, ben noto come fascista nell'ambiente ristretto della facoltà di Lettere a Roma, che all'epoca aveva centinaia e non migliaia di iscritti. La questione è che in quei mesi straordinari furono centinaia i fascisti che passarono a sinistra, tutti ben accetti. Perché nel sogno della rivoluzione c'era anche la fede titanica nella capacità dell'uomo di cambiare (e se no che si fa a fare la rivoluzione? per il "levati tu che mi metto io" va benissimo la democrazia). E molti vi rimasero e vi fecero anche carriera: penso, ad esempio, a Massimo Brutti. Ma su una circostanza precisa posso smentire i fratelli Cipriani. A Valle Giulia i fascisti non si infiltrarono provocatoriamente. C'erano (e sostennero il primo impatto) sulla base di un accordo esplicito raggiunto la sera prima con alcuni dei leader del Movimento. Tra questi Oreste Scalzone che me lo raccontò nell'autunno dell'87, mentre lavoravamo assieme alla sua biografia del "Biennio rosso" poi pubblicata da Sugarco: e dell'episodio c'è traccia scritta, ma niente, spesso, è più inedito della carta stampata. 
Ps: All'epoca non erano neanche ingarellato sulla questione della fascisteria. Un'ossessione che mi è venuta proprio a Parigi. Ma questa è un'altra storia».

Ringrazio Tassinari dell’interessante replica, che mi spinge a cercare di rintracciare il libro di Scalzone, sicuramente di profittevole lettura. Su Merlino sono stati versati fiumi d’inchiostro. Da parte mia, trovo degna di nota la seguente citazione, che riprendo da Aldo Giannuli:

Federico Umberto D'Amato
«Il 5 marzo comparve sul «Corriere della Sera» un’intervista di Giorgio Zicari a Serafino Di Luia, che dichiarava:

Merlino è stato mandato fra gli anarchici e la persona che lo ha plagiato è la stessa che fece affiggere il primo manifesto cinese in Italia […]. A Milano c’era gente disposta a pagare per far mettere delle bombe e la proposta venne fatta a Lotta di Popolo.

Nel marzo del 1970 a sostenere che Merlino fosse un infiltrato era solo l’estrema sinistra, e della vicenda dei manifesti cinesi nessuno aveva ancora parlato. L’allusione a Federico Umberto D’Amato era trasparente»[4].

Su Serafino Di Luia, storico esponente del neofascismo romano, si può trovare un breve ragguaglio qui: http://www.uonna.it/diluia.htm

Su Valle Giulia ho trovato poi una ricostruzione meritevole di ponderazione nell’opus magnum di Paolo Cucchiarelli, IL SEGRETO DI PIAZZA FONTANA[5]. Si tratta del paragrafo Da Valle Giulia al «XXII marzo», tratto dalla Parte terza, LA STRATEGIA DELL’INFILTRAZIONE E DELLA PROVOCAZIONE. Dato il suo interesse, ritengo valga la pena di riportarlo integralmente (le pagine sono quelle 366-368, i grassetti nel testo sono miei):

«In realtà, esistettero due circoli romani con lo stesso nome: uno, fascista, scritto con le cifre romane, l’altro, quello fondato da Valpreda e Merlino, scritto con i numeri arabi. La distinzione è stata ricordata e rimarcata dopo la strage. Quanto rispondesse a realtà è ancora oggi difficile da determinare.
Il «XXII marzo» fascista era guidato da Merlino sotto la direzione di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale giovanile e poi di Avanguardia nazionale. Il circolo era nato nel maggio del ’68, pochi giorni dopo che si era conclusa un’importante gita in Grecia dei gruppi fascisti romani. Tornati da quell’esperienza, i partecipanti virarono al rosso, in tutte le sfumature possibili. Si infiltrarono tra i maoisti, i marxisti-leninisti e i neoanachici. Una dozzina di fascisti fecero propria la strategia entrista e di contaminazione che porterà alla scelta della «seconda linea» fatta da ON[6], AVN[7], Lotta di Popolo.
Il gruppo del «XXII marzo», pur essendo composto di ragazzi di estrema destra, cercava di allinearsi con le posizioni del movimento studentesco e della sinistra extraparlamentare. «C’erano, sono esistiti e hanno fatto molte cose i ‘camagni’, i camerati compagni» dice una fonte romana che è stata ben dentro la vicenda. Per comprendere questa fase dei rapporti tra gli «opposti estremismi», bisogna andare all’occupazione dell’Università di Roma, quando per poco tempo ragazzi di destra e di sinistra agirono all’unisono in nome del cambiamento.
A distinguersi in particolare in quella fase, fu proprio Enzo Maria Dantini, tra i protagonisti dell’occupazione di Giurisprudenza. Dantini – il cugino di Brunetti che abbiamo già incontrato – fu tra i fondatori di Lotta di popolo, che teorizzò una strumentale «contaminazione ideologica» in nome del nazimaoismo[8]. Il primo marzo del 1968 c’era stata la battaglia di Valle Giulia, primo esempio di guerriglia urbana, accesa dai katanga di destra, dove inizia – nel segno della commistione – la storia della lotta politica giovanile violenta. I giornali scrissero che la polizia aveva brutalizzato i giovani studenti. Ma non era del tutto così, come riconosce Lanfranco Pace, che quel giorno, come Giuliano Ferrara, Oreste Scalzone e Franco Russo, a Valle Giulia c’era. Che «fossimo stati selvaggiamente caricati da una brutale polizia, come scrissero a titoli cubitali i giornali del pomeriggio e della sinistra, è una delle tante panzane che si tramandano allegramente di padre in figlio. Lo scontro fu voluto e preparato fin dalla sera prima. Accanto a noi anche gruppetti di nazimaoisti. Un’ora scarsa di lanci di sassi contro la polizia».
L’indomani, compagni e camerati iniziarono un’occupazione sistematica delle facoltà della Sapienza. Da una parte si leggeva Julius Evola, dall’altra si tenevano seminari su Cuba e la Cina. Questo finché il Movimento sociale non si schierò ufficialmente contro l’occupazione bipartisan, e il 15 marzo, dopo una mobilitazione notturna, fece irrompere le sue squadre per scacciare i rossi e «liberare» i camerati. Furono scene incredibili, con Almirante che guidava l’assalto, richiami e appelli da una parte all’altra e infine lo scontro: gli occupanti di destra che assieme ai quadri del MSI si scagliarono contro i rossi. In totale, sessanta feriti e centoquarante arresti. Quel giorno si dissolse il sogno di un’unità generazionale tra destra e sinistra. Il giudizio è condiviso, sia pur con dei distinguo, da Franco Piperno: «Quello fu un primo modo con cui la società politica si introdusse dentro il movimento, ripristinando le antiche divisioni che non avevano necessariamente più tanto senso». Si trattava della discriminante dell’antifascismo, la stessa duramente contestata a Pisa, dentro il PCI, dai ragazzi che poi daranno vita a Lotta continua e Potere operaio.
Stefano Delle Chiaie motiverà, anni dopo: «Fu anche per questi motivi che Merlino decise di scegliere una strada diversa». Una palese bugia, perché Merlino nel maggio del 1968 era ancora il maggiore animatore del «XXII marzo» fascista, e il gruppo era guidato di fatto proprio da Delle Chiaie. Al contrario, come ha spiegato Sergio Calore, esponente della destra extraparlamentare, i disordini nell’università in concreto funsero da pretesto per infiltrare Merlino a sinistra senza destare sospetti.
In carcere, Pietro Valpreda scrisse nel suo diario che «sapevamo, perché lui stesso l’aveva detto, che merlino era stato fascista, ma che frequentasse e tenesse ancora contatti con elementi fascisti i compagni e io l’abbiamo saputo dopo l’arresto. Non abbiamo molto da vergognarci come anarchici, se c’è stata solo un’infiltrazione di alcuni elementi provocatori di destra e nessuna simbiosi o altro». Ma c’era stato molto di più. Non solo c’erano uomini ambigui che giocavano il loro ruolo in tutti gli schieramenti; non solo c’erano – e venivano frequentati – spazi ideologici per una simbiosi, ma soprattutto c’era una strumentalizzazione operativa che ha gravato, con il peso della strage, su almeno tre decenni della storia d’Italia».

Gli scontri di Valle Giulia
Fin qui, Cucchiarelli. C’è poi, su Valle Giulia e il suo prosieguo, la ricostruzione di Vincenzo Vinciguerra, anch’essa notevole, mi pare:

«Per i provocatori della Nato non è difficile inserirsi in qualche manifestazione e farla degenerare. Basta individuare il luogo più idoneo. In Francia l'università di Nanterre è nell'occhio del ciclone. Il 26 gennaio 1968, gli studenti hanno contestato il rettore dell'ateneo, Grappin, tacciandolo di "nazista". Le manifestazioni contro la guerra nel Vietnam si ripetono anche a Parigi, con la partecipazione di migliaia di giovani, all'università di Nantes, il 15 febbraio 1968, si verificano violenti scontri tra studenti e polizia.
C'è solo l'imbarazzo della scelta.
Ma il '68 e l'altrettanto mitico "maggio francese" non inizia in Francia, bensì in Italia.
Dal 30 gennaio al 1° febbraio 1968, Yves Guerin Serac è a Roma dove incontra Pino Rauti ed altri esponenti della destra cosiddetta "estrema" italiana.
Il 1° marzo 1968, a Roma, circa 4mila giovani cercano di rioccupare la facoltà di Architettura, a Valle Giulia. La polizia, presente in forze, carica gli studenti che reagiscono con una violenza ed una tecnica di guerriglia urbana mai sperimentate in precedenza.
La "battaglia di Valle Giulia" vedrà alla fine un bilancio di 148 agenti di polizia feriti, 47 dimostranti feriti, solo 4 arresti e 228 denunciati a piede libero fra gli studenti.
La sinistra trasforma la "battaglia di Valle Giulia" in una leggenda.
Il quotidiano comunista "Paese sera" intitola l'articolo sugli incidenti: "Disarmati hanno resistito ai manganelli... e alle armi. Il giovane coraggio degli studenti umilia la brutalità della polizia".
Ma non è vero. Per la prima ed unica volta nella storia delle dimostrazioni di piazza la polizia è disarmata, a Valle Giulia. Gli agenti hanno le pistole nella fondina, priva di caricatori. Solo gli ufficiali ed i sottufficiali sono armati.
Nessuno rileva questa anomalia. Ma, quel che è peggio se non addirittura incredibile è che , a sinistra , nessuno nota che fra gli studenti ci sono gli uomini di "Avanguardia Nazionale", "Ordine nuovo" e Movimento sociale, molti dei quali studenti non sono.
Sono loro a trasformare Valle Giulia, in una "battaglia" contro la polizia.
Gli agit-prop della destra estrema, che anelano a ristabilire l'ordine nel paese, che stanno a fianco delle forze di polizia e dei "corpi sani" dell'esercito ( primo quello dei carabinieri , manco a dirlo), si espongono pubblicamente in violentissimi scontri con i loro "fratelli in divisa"?
Nessuno ci fa caso. Per Delle Chiaie ed i suoi uomini non ci saranno conseguenze di nessun genere, tantomeno penali. L'Ufficio politico di Roma che pure ha le loro foto in mezzo ai manifestanti, nulla ha da eccepire sulla loro presenza e sul loro ruolo di lanciatori di pietre e di molotov contro i colleghi della Pubblica sicurezza.
Sarebbe scandaloso, se non fosse che i vertici del ministero degli Interni   sono perfettamente al corrente di quello che gli uomini di Junio Valerio Borghese, Pino Rauti e Giorgio Almirante stanno facendo. Tanto consapevoli da mandare i propri poliziotti allo sbaraglio disarmati , per la prima ed unica volta , per evitare che qualche poliziotto perda la testa e spari uccidendo qualche "collega" di Avanguardia nazionale o di Ordine nuovo.
L'ottusità della sinistra impegnata a cavalcare la protesta studentesca fa il resto.
Inebriati dalla felicità con la quale hanno trasformato un'azione di sovversione dello Stato in una rivolta studentesca contro lo Stato, i "persuasori occulti" dell'Alleanza atlantica possono ora dedicarsi alla Francia, a chiudere i conti con l'anti-israeliano ed anti-americano Charles De Gaulle.
Certi, ormai, della cecità della sinistra, in particolare di quella dei Partiti comunisti italiano e francese, l'"organizzazione" ripete l'operazione "Valle Giulia" in terra francese, a Nanterre.
Il 22 marzo 1968, l'Università di Nanterre è teatro di violentissimi scontri fra studenti e poliziotti. Sarà lo stesso Yves Guerin Serac a vantarsi con chi scrive, a Madrid, che a Nanterre agirono i suoi uomini.
E alla data del 22 marzo sarà intitolato il circolo "anarchico" composto da confidenti di questura e "sovversivi di Stato" costituito a Roma dagli uomini di Junio Valerio Borghese , Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino, Pietro Valpreda ecc.
Ma questa è un'altra storia, o meglio il suo prosieguo fino al tragico epilogo di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969»[9].

Almirante alla Sapienza
In conclusione, a parte i significativi riferimenti – nei due ultimi brani – alla “zona grigia” del terrorismo, su cui vorrei tornare tra qualche tempo, mi preme qui fare una domanda a Tassinari: se i fascisti a Valle Giulia e nell’occupazione della Sapienza erano sinceri, come mai poi diedero retta ad Almirante, al suo “richiamo della foresta” dell’odio e dello scontro con i rossi? Non smentirono costoro, rientrando nei ranghi, se stessi e la loro presunzione di buona fede?  


[4] Aldo Giannuli, BOMBE A INCHIOSTRO, BUR Rizzoli, Milano, 2008, p. 64.
[5] Paolo Cucchiarelli, IL SEGRETO DI PIAZZA FONTANA, Ponte alle Grazie, Milano, 2009.
[6] Ordine Nuovo.
[7] Avanguardia nazionale.
[8] Cito la relativa nota a piè di pagina del libro di Cucchiarelli: “Dantini incarnò in Lotta di popolo quella che Ugo Gaudenzi, tra i fondatori del gruppo, definì la «linea nera» che uscì dall’organizzazione nel 1973 per fondare i «Comitati di solidarietà a Franco Freda». Dantini, docente di Tecniche minerarie all’Università La Sapienza di Roma ed esperto esplosivista, è stato perito della difesa nei processi agli ordinovisti veneti Freda e Ventura.
[9] Brano tratto da L’ORGANIZZAZIONE, in rete all’indirizzo: http://www.marilenagrill.org/La%20conclusione%20.htm