John Pilger: le complicità dell'occidente con Pol Pot

Kissinger, uno dei responsabili dell'olocausto cambogiano, qui con Obama e George Shultz
IL VUOTO BANCO DEGLI IMPUTATI DELLA CAMBOGIA[1]

La giustizia internazionale è una farsa se coloro che in occidente stettero dalla parte della politica omicida di Pol Pot sfuggono al processo

Di John Pilger, 21 febbraio 2009

Nel mio hotel di Phnom Penh, le donne e i bambini stavano su un lato della sala, in stile palais, gli uomini sull’altro. Era una notte da discoteca, con molto divertimento; poi improvvisamente la gente andò alle finestre e pianse. Il DJ aveva messo una canzone dell’amatissimo cantante Khmer Sin Sisamouth, che era stato costretto a scavarsi la fossa e a cantare l’inno dei Khmer Rossi prima di essere picchiato a morte. Ho sentito molte testimonianze come queste.

C’è un altro genere di testimonianza. Nel villaggio di Neak Long camminavo con un uomo stravolto attraverso una sequela di crateri di bombe. Tutta la sua famiglia, di 13 persone, era stata ridotta in pezzi da un B-52. Questo era successo quasi due anni prima che Pol Pot giungesse al potere nel 1975. È stato calcolato che più di 600.000 cambogiani siano stati massacrati in questo modo.

Il Presidente Nixon
Il problema, con il processo – appoggiato dalle Nazioni Unite – ai leader superstiti dei Khmer Rossi, che è appena iniziato a Phnom Penh, è che riguarda solo i killer di Sin Sisamouth e non i killer della famiglia di Neak Long, e non i loro complici. Vi sono state tre fasi nell’olocausto della Cambogia. Il genocidio perpetrato da Pol Pot è stata solo una di esse, e però solo questa ha un posto nella memoria ufficiale.

È altamente improbabile che Pol Pot avrebbe conquistato il potere se il Presidente Richard Nixon e il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Henry Kissinger, non avessero attaccato la neutrale Cambogia. Nel 1973, i B-52 sganciarono più bombe nel cuore della Cambogia di quante ne vennero sganciate sul Giappone durante la seconda guerra mondiale: l’equivalente di cinque Hiroshima. Vi sono dei file che rivelano che la CIA aveva pochi dubbi sulle conseguenze. “[I Khmer Rossi] stanno usando i danni fatti dai bombardamenti dei B-52 come tema principale della loro propaganda”, riferiva il direttore delle operazioni il 2 maggio 1973. “Quest’approccio ha provocato il riuscito arruolamento di un certo numero di giovani [ed] è stato efficace con i rifugiati”.

Un'altra criminale di guerra...
Prima dei bombardamenti, i Khmer Rossi erano stati un culto maoista senza base popolare. I bombardamenti fecero da catalizzatore. Quello che Nixon e Kissinger avevano iniziato, venne completato da Pol Pot. Kissinger non sarà sul banco degli accusati a Phnom Penh. Lui fa il consulente di Obama per la geopolitica. Né vi sarà Margaret Thatcher, e neppure un certo numero di suoi ministri e funzionari ora in pensione che, sostenendo segretamente i Khmer Rossi dopo che i vietnamiti li avevano cacciati, contribuirono direttamente alla terza fase dell’olocausto cambogiano.

L'ingresso dei vietnamiti a Phnom Penh nel 1979
Nel 1979, gli Stati Uniti e l’Inghilterra imposero un embargo devastante alla martoriata Cambogia perché i suoi liberatori, i vietnamiti, erano arrivati dalla parte sbagliata della guerra fredda. Poche campagne del Foreign Office sono state tanto ciniche quanto brutali. Gli inglesi chiesero che il regime ora defunto di Pol Pot conservasse il “diritto” di rappresentare le vittime alle Nazioni Unite e votarono insieme a Pol Pot nelle agenzie delle Nazioni Unite, inclusa la World Health Organization, impedendo a questa, perciò, di operare in Cambogia. Per nascondere questa vergogna, l’Inghilterra, gli Stati Uniti e la Cina, i principali sostenitori di Pol Pot, inventarono una coalizione “non comunista” in esilio che era in realtà dominata dai Khmer Rossi. In Thailandia, la CIA e la Defense Intelligence Agency, costituirono legami diretti con i Khmer Rossi.

Lo stemma delle famigerate SAS
Nel 1983, il governo Thatcher inviò le SAS ad addestrare la “coalizione” nella tecnologia delle mine antiuomo – in un paese più disseminato di mine di qualunque altro, a parte l’Afghanistan. “Io confermo”, scrisse la Thatcher al leader dell’opposizione Neil Kinnock, “che non c’è nessun coinvolgimento del governo inglese in qualsivoglia addestramento, equipaggiamento o cooperazione con le forze dei Khmer Rossi o con quelle alleate con loro”. La menzogna era di quelle mozzafiato. Nel 1991, il governo Major fu costretto ad ammettere in parlamento che le SAS avevano segretamente addestrato la “coalizione”.

Se la giustizia internazionale non è una farsa, coloro che stettero dalla parte degli sterminatori di Pol Pot dovrebbero essere portati in tribunale a Phnom Penh: come minimo, i loro nomi sarebbero letti sul registro dell’infamia.       



[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/feb/21/cambodia-human-rights-john-pilger