A Noah Klieger piace che i revisionisti vengano picchiati

UN TEDESCO VIENE PICCHIATO PER AVER OSATO CONTESTARE UN “SOPRAVVISSUTO DELL’OLOCAUSTO[1]

Un “sopravvissuto dell’Olocausto” approva il pestaggio somministrato in una libreria a un tedesco eretico che aveva osato fare una domanda al “santo”

GLI ALTRI TEDESCHI

Di Noah Klieger [foto], Ynet News, 27 dicembre 2010

CON UNA POSTILLA DI MICHAEL HOFFMAN

Sono tornato da un giro di conferenze in Germania; 20 conferenze in 11 giorni in 9 città diverse. Negli ultimi anni la frequenza degli inviti che ricevo cresce, e durante le mie conferenze dedico molto tempo al comportamento sadico e riprovevole della maggior parte dei tedeschi durante l’Olocausto – le centinaia di migliaia di assassini dell’ebraismo europeo e le decine di milioni che esultavano per lo sterminio degli odiati ebrei.

Di solito parlo a spettatori i cui nonni erano quei tedeschi. Nel caso degli alunni potrebbero addirittura essere i bisnonni. Attraverso la mia storia personale elenco i crimini e la basilare disumanità, e gli spettatori arrivano in gran numero e alla fine mi applaudono sempre.

Il mio ultimo incontro a Berlino, alla vigilia del mio ritorno in Israele, è stato organizzato dalla Fondazione Konrad Adenauer nella biblioteca pubblica della capitale tedesca. Era una sera fredda – 16 gradi Celsius, con la neve che si ammassava nelle strade e le poche vetture fuori che avevano difficoltà a farsi strada. Gli organizzatori si aspettavano poche persone, ammesso che fosse venuto qualcuno, e anch’io non avevo grandi aspettative.   

Ma la realtà è stata diversa. La sala di 90 posti si è riempita in pochi minuti, e si sono dovute aggiungere dozzine di sedie. Anche qui, il pubblico ha ascoltato con attenzione le mie parole, e di nuovo alla fine ha applaudito. Come sempre, ho proseguito chiedendo che venissero fatte delle domande. Ho risposto a due donne, e poi si è alzato un uomo, di 40 o 50 anni.

“Lei dice”, ha detto, e io l’ho immediatamente fermato: “io non dico, io racconto fatti”. L’uomo ha proseguito chiedendo se avevo visto le camere a gas con i miei propri occhi, ma prima che potessi rispondergli sulla realtà che avevo visto ad Auschwitz e a Birkenau, con le camere a gas e i crematori, diversi tra i presenti si sono alzati e hanno iniziato a urlare “raus, raus”. “Fuori”, in tedesco. L’uomo naturalmente non ha obbedito, e allora diversi uomini si sono scagliati contro di lui e lo hanno trascinato via picchiandolo.

Ai lettori della biblioteca che chiedevano il motivo del trambusto è stato detto che l’uomo era un negazionista dell’Olocausto, e tutti sono stati contenti di vederlo buttato fuori.

Finora, questa è la prima volta che ho visto accadere qualcosa del genere nelle dozzine o centinaia di volte che sono stato in Germania. La risposta del pubblico alla provocazione mi ha insegnato che lì ci sono davvero “altri tedeschi”.

È vero che anche oggi c’è qualche tedesco – molto pochi – occultamente antisemita. Molti non vogliono credere che i loro padri o i loro nonni uccisero davvero gli ebrei, e non possono dire ciò che pensano solo perché c’è una legge che vieta il negazionismo dell’Olocausto e la discriminazione religiosa.
Nello stesso tempo, sempre più persone in Germania iniziano a capire ciò che i tedeschi del passato hanno fatto al popolo ebraico, e al mondo intero.

Postilla di Michael Hoffman

Notare la megalomania dell’autore: “”Lei dice”, ha detto, e io l’ho immediatamente fermato: “io non dico. Io racconto fatti””.

Questa è la prima legge [da osservare] quando ci si accosta al “Popolo Eletto”: tutto ciò che loro dicono è la verità, non “dicerie”.

Ecco perché il libro The Great Holocaust Trial [Il grande processo dell’Olocausto][2], ristampato questo mese, è importante: quando questi “infallibili sopravvissuti” si sedettero sul banco dei testimoni, al processo di Toronto contro Ernst Zundel, sottoposti al contro-interrogatorio di Doug Christie, l’avvocato di Zundel, i loro “fatti” si dissolsero nell’aria rarefatta. Il conto di quella vittoria revisionista arrivò anni dopo, quando a Zundel vennero fatti scontare sette anni di carcere nelle galere canadesi e tedesche.

Klieger scrive: “…durante le mie conferenze dedico molto tempo al comportamento sadico e riprovevole della maggior parte dei tedeschi durante l’Olocausto…”.

Qui vediamo come la religione dell’Olocaustianesimo ha la sua componente più perversa nella diffamazione razzista del “sadico e deplorevole” popolo tedesco. In Germania è illegale parlare in questi termini della nazione ebraica ma l’abietto odio anti-tedesco è autorizzato come forma di educazione civica sotto la categoria di “Olocaustianesimo”.

Klieger inoltre dichiara che: “decine di milioni [di tedeschi] …esultavano per lo sterminio degli odiati ebrei”. Come è arrivato a questa cifra, signor Klieger? Che prove ha che il popolo tedesco sapesse del presunto sterminio mediante camere a gas, o addirittura che ne ‘esultasse’? Naturalmente, capisco che il solo porre queste domande a Vostra Altezza Reale potrebbe provocare un (giustificato) pestaggio del sottoscritto, ma correrò il rischio.

Il resto del “reportage” del signor Klieger è la trita e ritrita mistura talmudica di arroganza, violenza e terrorismo. Un eretico tedesco fa una domanda improntata a scetticismo alla conferenza di un santo giudaico dell’”Olocausto” in una biblioteca. L’eretico viene picchiato e gettato fuori della biblioteca. L’umanista, tollerante e amorevole Noah Klieger commenta: “e tutti sono stati contenti di vederlo buttato fuori”.

Mentre sperimentiamo il trionfo totale della supremazia giudaica in Occidente, la mentalità talmudica non avrà più bisogno di dissimularsi e a noi verrà servito ancora questo aperto tripudio per l’eliminazione violenta degli avversari - così contrastante con i miti cinematografici e accademici riguardanti l’atteggiamento del giudaismo con gli eretici e l’eresia - e cioè con i braccati in permanenza. Ma quando sono i giudei stessi a sguinzagliare i cani e a diventare i cacciatori, non vi sono gli Steven Spielberg e i New York Times a registrarlo per la posterità. Il farlo sta a noi.      


[1] Traduzione di Andrea carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://revisionistreview.blogspot.com/2010/12/german-is-beaten-for-daring-to-question.html