Il giudizio sul nazismo dell'Abate Giuseppe Ricciotti

Dalla Prefazione a PAOLO APOSTOLO, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma, 1946:

Si racconta che il celebre cardinale Caetano, durante il Sacco di Roma del 1527, continuasse imperturbato in casa sua a scrivere i suoi trattati teologici; al di fuori i lanzichenecchi uccidevano, rubavano, incendiavano, seguendo fedelmente le tradizioni dei loro antenati, i Goti di Alarico e i Vandali di Genserico, che ai loro tempi avevano fatto a Roma altrettanto; il cardinale invece, rinserrato dentro casa, seguitava a scrivere. Questo suo contegno, però, non era effetto d’insensibilità, ma piuttosto di reazione e di opposizione. Il cardinale, infatti, non poteva fare materialmente nulla contro le alabarde e gli archibugi dei lanzichenecchi; ma egli sapeva benissimo che quei barbari erano mossi, oltreché dai loro istinti atavici, anche da talune idee di razza e di religione di cui erano invasati: perciò, non potendo combattere contro le alabarde, egli combatteva contro quelle idee, e così continuò a scrivere fino al giorno in cui anch’egli fu preso prigioniero.

Questo libro, in gran parte, è stato scritto in condizioni simili a quelle del Caetano, ossia durante il nuovo Sacco di Roma compiuto dai Tedeschi dal settembre 1943 al giugno 1944. Le tradizioni della razza furono osservate fedelmente in questo nuovo Sacco, che nel suo « stile » fu uguale a quello antico sebbene con maggiore spirito di Kultur: ad esempio, se i lanzichenecchi del sec. XVI accesero il fuoco sotto gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina, lo fecero probabilmente per cuocersi il rancio: al contrario, se i loro discendenti del sec. XX dettero fuoco alle due navi romane del lago di Nemi – estratte dall’acqua dopo tanti secoli ed esemplari unici in tutto il mondo – lo fecero per puro spirito di Kultur e non per cuocersi il rancio.

Durante il nuovo Sacco la mia casa si riempì di Ebrei e di altri ricercati a morte. Per costoro, e per altri nascosti altrove, bisognava provvedere i viveri che mancavano. Si era spiati e pedinati, con la probabilità di finire in qualcuna delle scientifiche camere di tortura che i Tedeschi avevano impiantato in città. Ma tutto andò bene, e i saccheggiatori non scoprirono nulla (anche perché essi, straordinariamente ricchi di brutalità e di ferocia, erano piuttosto poveri di intelligenza e di perspicacia, cosicché era facile giuocarli d’astuzia). Tuttavia, dopo aver fatto questo poco per gli infelici perseguitati, sembrò doveroso fare qualcosa anche per gli infelicissimi persecutori, combattendo le idee di cui erano invasati, e che erano le stesse idee dei lanzichenecchi del cardinale Gaetano.

Quando, dopo la caduta di Hitler, si poté parlare con libertà, lessi con vivo piacere i giudizi di vari studiosi – lontanissimi da ogni preoccupazione confessionale e talvolta avversi al cattolicismo – i quali facevano rilevare la stretta parentela spirituale che c’è fra Hitler e Lutero, fra nazismo e luteranesimo, non esclusi gli intermediari di Hegel, Fichte, Treitschke ed altri. Questa era un’opinione che io, modestamente, avevo da molto tempo. E la parentela è da scorgersi, non soltanto nel campo politico, ma anche in quello storico-religioso che spessissimo precede e prepara quello politico: le radici dell’odierno razionalismo e laicismo ateo sono da ricercarsi nel mondo spirituale di Lutero, il grande frantumatore della solidarietà cattolica ed europea.

E in realtà la maniera con cui i documenti del cristianesimo primitivo sono trattati da molti critici moderni, figli spirituali di Lutero anche se non tedeschi, ricorda spiccatamente la maniera con cui Hitler trattava i popoli asserviti alla sua tirannia. O la schiavitù o la distruzione: si sopprime un popolo come si ripudia un documento, per la sola ragione che non fa o non dice quanto vuole Hitler o il critici. È un nuovo « imperativo categorico », cioè un nuovo Ersatz o surrogato di Dio, fabbricato in clima luterano.

Date queste mie opinioni, imitai il Caetano mettendomi a lavorare attorno a San Paolo. Se in quei giorni Hitler avesse potuto impadronirsi di San Paolo, lo avrebbe fatto decapitare di nuovo, sia perché Ebreo, sia perché aveva osato proclamare che tanto vale davanti a Dio un Ebreo quanto un Tedesco o qualsiasi altro ariano: ora, questo furor teutonicus di Hitler era già una buona ragione per contrapporgli la serenità dominatrice di San Paolo. Oltre a ciò, se domani il mondo voleva risorgere da tante rovine, doveva rivolgersi ai principii di San Paolo, non certo a quelli di Hitler o di Lutero.

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