Michael Hoffman: risposta all'articolo "Saint of Sanhedrin"

RISPOSTA ALL’ARTICOLOSAINT OF SANHEDRIN”, PUBBLICATO SUL NUMERO DI DICEMBRE 2009 DELLA RIVISTA THE ANGELUS, DELLA FRATERNITÀ SAN PIO X

Di Michael Hoffman[1]

Padre Markus Heggenberger
Direttore di The Angelus
2915 Forest Avenue
Kansas City, MO 64109

26 Gennaio 2010

Gentile padre Heggenberger,

Nel numero dell’Angelus el Dicembre 2009, lei ha pubblicato un articolo di Scott Montgomery, intitolato “Saint of Sanhedrin” [Il Santo del Sinedrio] (pp. 29-34). Lei ha una linea di condotta per verificare sul piano fattuale le affermazioni fatte sull’Angelus da parte degli autori che lei pubblica? Non ho trovato nessun segno di verifica dell’articolo in questione da parte del direttore.

Questo articolo contiene errori molto seri e il suo tenore è in linea con le assurdità giudaizzanti di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI. Basandosi su un’affermazione erronea e intollerabile della Catholic Encyclopedia del 1912 (“Cristo condannò il metodo della scuola di Shammai piuttosto che quello di Hillel”), Montgomery racconta sul fariseo Hillel una frottola straordinariamente conforme all’insegnamento del giudaismo ortodosso.

Montgomery si spinge tanto lontano da impartire su Hillel la seguente fantasiosa enormità: “…Egli fu uno strumento del Cielo”.

Il giudaismo, nel presentare la propria immagine pubblica, presenta – come l’Angelus – un Hillel misericordioso, anche se lui non era affatto gentile, giusto, dolce, compassionevole, onesto e virtuoso come le leggende lo ritraggono. Nei suoi comportamenti e nelle sue convinzioni reali, il giudaismo unisce le caratteristiche di entrambi, Hillel e Shammai, i quali formano una delle più antiche zugot - o coppie - esegetiche che, in quanto coppia, riflette l’unità di quei dogmi fondamentali che non ammettono dissenso. Ecco un indizio istruttivo della mentalità rabbinica simbolizzata dalla figura di Hillel:

“Hillel viene descritto come un uomo di grande umiltà che nel perseguire la pace era persino disposto ad allontanarsi dalla verità (Bezah 20°)”.

Hillel è uno dei simboli dell’inganno che il giudaismo considera necessario per guadagnare potere: per amore di un secondo fine l’eminente fariseo si allontana dalla verità. Tenendo presente tutto ciò, come dovremmo considerare l’affermazione secondo cui Hillel ridusse l’intera Legge Orale al profilo armonioso e cristallino di un solo requisito? “A un pagano che gli si presentò per essere convertito, a condizione che gli insegnasse tutta la Torah ‘stando su un piede solo’, Hillel rispose, “Quello che odi, non farlo al tuo prossimo, questa è tutta la Torah, il resto è un commentario”.

Ma questa è una Grande Menzogna. Le migliaia di leggi e di regole del giudaismo che vincolano i giudei non sono un “commentario”: esse sono halacha, e il non osservarle può provocare disgrazie che vanno dalla malformazioni dei neonati e dalla morte a causa del parto al ritardo della venuta del Moshiach (Messia) e all’imposizione del “pugno di ferro dell’oppressione da parte dei gentili”. Se la regola aurea, rappresentata da Hillel, fosse la legge principale del giudaismo, da cui tutte le altre leggi rabbiniche derivano – e tutto il resto delle leggi positive e negative del giudaismo fossero un “semplice commentario” – i min e gli apikorsim non verrebbero picchiati e uccisi, e i loro libri non verrebbero messi al bando e bruciati. Poiché il “nostro prossimo” non vuole che gli vengano inflitte queste punizioni, se questo fosse il principio di legalità del giudaismo i rabbini non infliggerebbero tali punizioni ai non credenti e ai dissidenti. Il racconto della distillazione “saggia e benevola” di Hillel dell’essenza del giudaismo è fatto su misura per blandire gli ideali occidentali e viene spesso spacciata ai goyim come parte della mitologia introduttiva del giudaismo. Hillel assolve tale scopo all’interno della semiotica rabbinica fungendo da testimonial per il pilastro cabalistico della chesed. Ma la legge di Shammai, il pilastro della gevurah, costituisce anch’essa una parte significativa della realtà del giudaismo ortodosso, anche se Hillel viene presentato come il più importante (e dominante) dei due. In realtà, essi sono complementari, come la mistica cabala è complementare al burocratico Talmud: la tesi e l’antitesi – la “coppia” produce la sintesi costituita dal giudaismo in tutte le sue minuzie sotterranee indissolubilmente collegate.

La dedizione del giudaismo alla Torah SheBeal Peh (legge orale) quale garante dell’autentica comprensione della Torah scritta (SheBictav) venne istituzionalizzata, contestualmente al ripudio e alla crocifissione del Messia di Israele, da Hillel, il reclamizzatissimo fariseo presuntamente buono. Nel periodo tannaitico che condusse alla redazione della Mishnah (nei primi due secoli dopo Cristo), la primissima halachic midrashim (esegesi legale) venne fissata in base ad una soluzione escogitata da Hillel per risolvere un problema della psicologia cognitiva del giudaismo: come convincere un uditorio ebraico della correttezza di una certa interpretazione scritturale. Hillel non riusciva a convincere i suoi correligionari sulla base delle sole Scritture. Introdurre le proprie argomentazioni, come faceva Gesù, con la locuzione “È scritto”, non bastava ai seguaci della religione dei farisei. Nel passo fatale costituito dall’aver istituzionalizzato la precedente tradizione orale mettendola per iscritto come proto-Mishnah, Hillel fornì le sue credenziali e fondò la sua scuola esegetica evocando la tradizione orale che aveva ricevuto dai suoi maestri farisei – Shemayah e Avtalyon – da cui formò il primo labirintico sistema ermeneutico di metodologia (che sarebbe diventato sempre più complicato nel corso del tempo): le middot di settuplice classificazione, basate sulle ultra meticolose minuzie legali sintattiche e fraseologiche. Queste sette regole presto diventarono tredici (come escogitato dal rabbino Ishmael) e poi trentadue (come escogitato dal rabbino Eliezer ben Jose ha-Galili, un discepolo del rabbino Akiba) e, come un cancro, da allora non hanno mai smesso di crescere in numero e complessità. Tuttavia, si ritiene che questo sia il metodo farisaico che Gesù non condannò, quello che The Angelus definisce “il santo ed equilibrato sistema di osservare l’Antica Legge stabilito da Hillel…” (p. 30).

Shmuel Safrai fa notare (in The Literature of the Sages, parte prima, p. 164) che nel trattato Gittin del Talmud, il Talmud cancella l’insegnamento biblico sull’usura e il credito: “Hillel ha stabilito il prozbul per il miglioramento del mondo. Il prozbul è una finzione legale che permette di riscuotere i debiti dopo l’anno sabbatico e lo scopo di Hillel era perciò di superare la paura che avevano i creditori di perdere il loro denaro”.

Per quanto riguarda il sesso lecito con un bambino maschio, il giudaismo lo permette a partire dai nove anni di età, non importa quale sia il genere del pederasta, se una donna adulta o un uomo adulto. Nel Talmud babilonese (BT), trattato Sanhedrin 69b, si sostiene che una donna che fa sesso con un bambino che ha meno di nove anni esercita un atto che è esente da punizione (e che perciò è ammesso) e che non la rende una zonah (prostituta) o le preclude di sposare un prete giudaico, perché il sesso con bambini maschi che hanno meno di nove anni di età non è considerato sesso. Il riferimento effettivo nel BT Sanhedrin 69b è al sesso tra una madre e suo figlio. Se suo figlio ha meno di nove anni di età, allora le viene rabbinicamente permesso di fare sesso con lui. Mentre la scuola di Shammai vietava a costei di sposare un prete, tale decisione venne annullata da Maimonide e dall’altro penultimo legislatore halachico, il rabbino Karo, nel Shulchan Aruch; ma la regola iniziale che salvava la madre incestuosa dalla punizione e dall’interdizione, che venne accettata come halacha dalla maggioranza, venne stabilita da Hillel, “il fariseo buono”, che avrebbe presuntamente “così tanto in comune con Gesù”. Ecco il “fariseo buono” stabilire il principio totalmente depravato e barbaro che il sesso tra una madre e suo figlio non è da considerare realmente sesso, se il figlio ha meno di nove anni (vedi Judaism Discovered, pp. 424-425).

Il suo articolista ha accettato la presentazione di Hillel altamente ingannevole del giudaismo e l’ha propalata ai suoi lettori dell’Angelus, che sono indotti a credere che Hillel è stato “uno strumento del Cielo”. Conosco abbastanza bene la propaganda rabbinica ma non sono abituato a leggere una propaganda tanto spudorata sulle pagine di una rivista cattolica tradizionalista, dove essa ingannerà migliaia di persone.

A tutto ciò si aggiunge una congettura altamente dubbia espressa dall’Angelus sul patrimonio di Simeone e sulla sostanziale benevolenza dei farisei trasmessa da Gamaliele a Saulo di Tarso, che lascia a Montgomery l’onere di spiegare come mai Saulo perseguitò i cristiani in modo spietato e potè aver mano nell’omicidio di Santo Stefano, quando da giovane gli era stata insegnata un’etica farisaica tanto ammirevole. L’origine della leggenda su Simeone quale figlio di Hillel, per quanto attribuita a vari Padri della Chiesa, in realtà deriva da una fonte rabbinica, i Pirkei Avoth, che è totalmente inattendibile.

Infine, Montgomery immagina che a San Paolo venne insegnata la Gemara (la seconda sezionhe del Talmud) quando aveva quindici anni. Ma la Gemara non sarebbe stata scritta che dopo almeno due secoli dopo Paolo.

Nel “Santo del Sinedrio”, The Angelus presenta gli inganni rabbinici come fatti e promuove il perverso fariseo Hillel come un sant’uomo di Dio. La grande confusione tra i cattolici tradizionalisti sul giudaismo verrà solo esasperata dal guazzabuglio che lei ha pubblicato, a danno del Vangelo di Gesù Cristo e della comprensione della fede. Prego che lei in qualche modo ripari al danno che è stato fatto.

Distinti saluti,
Michael Hoffman

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere richiesto all’autore all’indirizzo: http://www.revisionisthistory.org/index.html