«Quest’anno il Giorno della Memoria lo vivrò con serenità. Se non rappresentasse la celebrazione di un avvenimento così grave, avrei addirittura scritto che sto per affrontarlo con il sorriso. Spero sarete in tanti a fare come me. Personalmente infatti, credo che la battaglia culturale per affermare la verità sulla Shoah sia arrivata ad un punto soddisfacente. Sì, lo so, bisogna sempre dire – ed è giusto farlo – che c’è ancora tanto da fare, che c’è ancora molta ignoranza, e che i gruppi negazionisti sono ancora combattivi. Tutto vero, ma mi pare anche giusto riconoscere che stiamo vincendo.
Almeno in occidente – poiché da alcune dittature mediorientali spira una pessima aria – il cinema, la televisione e la carta stampata sono tutti schierati dalla parte della verità storica. E’ insomma lecito, anzi doveroso, dire che i teppisti della storia stanno perdendo il confronto. I loro tentativi pseudostorici di cancellare l’uccisione di sei milioni di ebrei sono stati vani. Si erano illusi, dopo la sconfitta militare del nazi-fascismo, di potersi giocare una rivincita nel dibattito storico provando nelle maniere più assurde ad imbrogliare le carte. Anche questo tentativo è gli andato male. A parte singoli personaggi palesemente squilibrati, non esiste storico che prenda in considerazione le loro deliranti bugie. Non esiste testo scolastico che riporti le loro tesi, peraltro unanimemente condannate nel dibattito pubblico, tanto da fare notizia solo per la loro insensatezza.
In questi giorni in tutta Italia vengono organizzate manifestazioni per ricordare la Shoah, e a Milano in particolare, le numerose e commoventi iniziative della società civile testimoniano una città che ha memoria e attenzione; non solo per la comunità ebraica, ma soprattutto per se stessa, per la propria storia, per quello che è stato e non deve più accadere. So che di fronte a quanto ho appena scritto qualcuno storcerà il naso, temendo un effetto di “rilassamento”. Credo invece sia vero il contrario, la vittoria ci deve caricare: affermare che stiamo vincendo la guerra culturale contro il negazionismo nazistoide vuole dire che tutto il lavoro fatto sino ad ora sta funzionando. Significa dire che i molti sforzi e le tante fatiche fatte per perpetrare la memoria non sono state inutili. Solo se riconosciamo di aver vinto questa battaglia – che non è la guerra – possiamo onorare l’impegno di tante personalità della politica, della cultura e del mondo del lavoro. Dichiarare che stiamo vincendo la guerra al negazionismo significa anche rendere merito ai tanti sconosciuti che nel completo anonimato – senza l’ambito premio dell’intervista televisiva o comunque della celebrità – si muovono da decenni sul territorio, nel loro piccolo, come formiche operaie della memoria. Soprattutto a costoro va tutta la nostra riconoscenza, e sempre a loro dedichiamo questa vittoria della verità contro la menzogna».
L’argomento è davvero impressionante: la fulgida vittoria sul revisionismo è dimostrata dal fatto che tutti gli antirevisionisti ne parlano male! E non perché sappiano qualcosa di esso, ma perché questa è la parola d’ordine che hanno ricevuto. Ma crearsi un “nemico” e dipingerlo secondo i propri insani vagheggiamenti, a spregio della realtà, non è una “vittoria”, è delirio.
E, di grazia, in Italia chi avrebbe conseguito questa gloriosa “vittoria”? Valentina Pisanty? Francesco Rotondi? O altri polemisti usa-e-getta di tal fatta che, assolto il loro compito, sono scomparsi immediatamente dalla scena, ma non prima di aver ricevuto il giusto carico di legnate storico-critiche?
[2]. Oppure Marcello Pezzetti, l’uomo che è stato “più di cento volte ad Auschwitz”? (Ma che c’è andato a fare? A cercare asparagi nel bosco di Birkenau?).
È veramente grottesco che, nel Paese in cui si sproloquia di più di Olocausto e di revisionismo, non esista
un solo specialista degno di questo nome, che regga il confronto con i pur mediocri colleghi europei. Vuoto assoluto. Superficialità e ignoranza dilaganti. Unica eccezione: Valentina Pisanty, che, essendo esperta in
favole (con specializzazione in
Cappuccetto Rosso), di
Olocausto se ne intende davvero!
Ciò che questi
shammashim (chiedano il significato del termine ai loro padroni) stanno vincendo, non è la «battaglia culturale», ma quella giudiziaria, imprigionando e multando a destra e a manca per delitto di “leso Olocausto”.
Questa vittoria
giudiziaria si traduce però in una piena sconfitta
culturale: essendo impotenti su questo piano, i ringhiosi apostoli dell’olocaustismo reclamano con tanta più foga l’intervento di leggi liberticide: bisogna proibire legalmente ciò che non si riesce a confutare storicamente. Davvero una bella vittoria.
In tema di “Giornata della Memoria”, ricordo a tutti gli smemorati i miei studi principali su Auschwitz:
Auschwitz:
la prima gasazione. Edizioni di Ar, Padova, 1992, 190 pp.
Auschwitz:
Crematorium I and the Alleged Homicidal Gassing. Theses & Dissertations Press, Chicago, 2005. 138 pp.
The Bunkers of Auschwitz.
Black Propaganda versus History. Theses & Dissertations Press, Chicago, 2004. 264 pp.
“
Sonderbehandlung”
ad Auschwitz.
Genesi e significato. Edizioni di Ar, Padova, 2001. 188 pp.
Auschwitz:
Open Air Incinerations. Theses & Dissertations Press, Chicago, 2005. 131 pp.
Auschwitz:
27 gennaio 1945 -
27 gennaio 2005:
sessant'anni di propaganda. I Quaderni di Auschwitz, 5. Effepi, Genova, 2005. 60 pp.
La “
Zentralbauleitung der Waffen-
SS und Polizei Auschwitz”. Edizioni di Ar, Padova, 1998. 221 pp.
Sono oltre 1.900 pagine, che superano le 2.600 con quelle dell’opera menzionata sotto.
E un’altra, non meno solida, è in arrivo.
Che cosa possono confutare questi poveri derelitti? Nelle prime tre opere elencate sopra ho trattato in 750 pagine olo-argomenti che il massimo esperto mondiale, lo storico del Museo di Auschwitz Franciszk Piper, nello studio più approfondito che esista su di essi, ha sviscerato in 33 pagine!
[3]La quarta analizza in 188 pagine ciò che gli storici olocaustici più competenti liquidano in un paio di righe (ma F. Piper in ben tre)
[4]. La quinta espone in 131 pagine il tema che F. Piper, superandosi, ha vagliato in ben 12 righe!
[5]E se questi sono i loro esperti, a chi si rivolgeranno per confutare i libri sopra elencati? A Babbo Natale? Meglio introdurre il delitto di “leso Olocausto”!
Agli olo-sproloquiatori di casa nostra, che non sanno neppure com’è fatto un archivio e non hanno mai visto un documento tedesco originale, rinnovo l’ invito:
Il mio studio di oltre 700 pagine
Le camere a gas di Auschwitz.
Studio storico-
tecnico sugli “
indizi criminali”
di Jean-
Claude Pressac e sulla “
convergenza di prove”
di Robert Jan van Pelt. (Effepi, Genova, 2009), fresco frutto della mia “sconfitta” culturale, è a disposizione di tutti. Se è pseudostorico, se imbroglia le carte, se contiene deliranti bugie, se è insensato, DIMOSTRATELO. Se avete ragione, sarà semplicissimo sbugiardarmi pubblicamente, in più otterrete anche la vostra “vittoria” definitiva. Ma se non lo fate, dimostrerete, altrettanto pubblicamente, di essere soltanto degli EMERITI BUFFONI.
Dopo
La “
Repubblica”
della disinformazione,
http://civiumlibertas.blogspot.com/2009/02/carlo-mattogno-la-repubblica-della.htmldopo
La “
Repubblica”
del linciaggiohttp://andreacarancini.blogspot.com/2009/10/la-repubblica-del-linciaggio.htmlci mancava
La “
Repubblica”
del delirio.
Carlo Mattogno4 febbraio 2010
[1] http://blog.libero.it/DavideRomano/8336368.html[2] Si vedano al riguardo i miei scritti
L'“
irritante questione”
delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad...
Auschwitz.
Risposta a Valentina Pisanty. Edizione riveduta, corretta e aggiornata, 2009:
http://civiumlibertas.blogspot.com/2007/11/slomo-in-grande-emozione-con-veltroni-e.htmlRitorno dalla luna di miele ad Auschwitz. Risposte ai veri dilettanti e ai finti specialisti dell'anti-“negazionismo”. Con la replica alla “Risposta a Carlo Mattogno”
di Francesco Rotondi, 2007,
http://www.aaargh.com.mx/fran/livres7/CMluna.pdf[3] F. Piper, «Die Vernichtungsmethoden», in: W. Długoborski e F. Piper (a cura di),
Auschwitz 1940-1945. Studien zur Geschichte des Konzentrations- und Vernichtungslagers Auschwitz. Verlag des Staatlichen Museums Auschwitz-Birkenau. Oświęcim, 1999, vol. III, pp. 137-169.
[4] Idem, p. 123.
[5] Idem, p. 165 (10 righe), p. 169 (1 riga), p. 183 (1 riga).