Caso Demjanjuk: l'autocensura del Guardian

Sul grande quotidiano inglese The Guardian del 3 Dicembre 2009, a p. 37, è apparsa la seguente lettera:
Signore,

che genere di giustizia è quella che vieta il diritto, normalmente accettato, di un accusato di sfidare la presunzione che un crimine sia avvenuto davvero?

Normalmente , l’accusa è obbligata a provare oltre ogni ragionevole dubbio che il crimine di omicidio abbia avuto luogo.

Non è questo il caso del processo tedesco contro John Demjanjuk. L’accusa non dovrò presentare tali prove. La corte, senza prove, accetterà arbitrariamente che il presunto crimine abbia avuto luogo. Al suo avvocato [dell’imputato] verrà proibito sotto pena di incriminazione di presentare prove che contraddicano tale presunzione. Privato della propria difesa più efficace, l’accusato è ridotto a pietire un errore di identità o che lui non abbia nulla a che fare con un omicidio non provato.

John Mortl
Londra

Quale delitto di “lesa maestà” ha commesso il Guardian nel pubblicare tale lettera!
Il giorno dopo, è stato diffuso sul sito del giornale un comunicato di rettifica e, due giorni dopo, vale a dire giovedì 5, i lettori potevano leggere le seguenti “correzioni e chiarimenti” da parte del capo-redattore del giornale:
http://www.guardian.co.uk/theguardian/2009/dec/05/corrections-clarifications

Il Guardian ha rilasciato ieri la seguente dichiarazione: “Noi abbiamo pubblicato, sul Guardian del 3 Dicembre (a p. 37, e su guardian.co.uk) una lettera di John Mortl che riguardava il processo di John Demjanjuk, accusato di aver partecipato all’omicidio di 27.900 persone in Polonia. Sfortunatamente, abbiamo interpretato male tale lettera. Oggi, ci rendiamo conto che essa lasci supporre la negazione dell’Olocausto. Appena ci siamo resi conto del nostro errore, abbiamo cancellato la lettera dal nostro sito. Non avrebbe mai dovuto essere pubblicata e noi presentiamo le nostre scuse senza riserve per una tale pubblicazione”.