Bartolomé de las Casas e lo sterminio degli indios: contro-replica di Edoardo Spagnuolo a Luigi Copertino

Dottor Copertino,

la ringrazio molto per la risposta. Il mio intento non è la polemica fine a se stessa, ma è quello di ricercare la verità, anche attraverso un utile confronto. Mi pare che la sua risposta si muova nella giusta direzione, aggiustando il tiro, o quanto meno chiarendo certe situazioni. Diciamo che nel suo articolo non era stato molto chiaro. Chiunque leggendo che nelle colonie spagnole non è mai esistita la schiavitù avrebbe reagito con veemenza. Lei riconosce ora che nelle colonie spagnole ci furono degli eccessi, ma che la legislazione spagnola non ratificò mai queste cose, al contrario legiferò in maniera favorevole agli indigeni. Tutto ciò corrisponde alla verità storica: dunque almeno su uno dei motivi di contrasto tra noi, siamo ora perfettamente d'accordo. Anche se occorre sottolineare che gli eccessi degli spagnoli furono di inaudita gravità. Se non si vuol credere a mons de las Casas si dovà pur credere ad altri missionari che testimoniarono tali atrocità o quanto meno ai Papi, compreso San Pio X, che furono costretti a denunziare ripetutamente e pubblicamente questa situazione. Pertanto rispondo a una sua obiezione: accusare las Casas per la strumentalizzazione che di tali eccessi è stata fatta in chiave anti-spagnola e anti-cattolica è assurdo. La responsabilità ricade su chi fu autore di tali eccessi, non certo su chi li denunziò. Chi li denunziò, al contrario ha contribuito a riscattare l'onore spagnolo, dunque è meritevole di ogni lode.
Rimane pertanto lo scoglio del padre domenicano Bartolomeo de las Casas sul quale sostanzialmente non mi ha risposto. Chi vede tale personaggio come il fumo negli occhi cade in una grossolana contraddizione. Loda la legislazione spagnola e al tempo stesso parte lancia in resta contro chi ha contribuito in maniera molto importante, con la sua azione e le sue denunzie, a promuoverla: mons. de las Casas. Che questi sia suscettibile di critiche, come tutti, è pacifico e siamo d'accordo, ma da qui a negare i suoi meriti storici, a tutti evidenti, è inconcepibile. Su questo punto dunque i "negazionisti" alla Dumont sbagliano in maniera clamorosa. Il las Casas non fu un caso isolato. Denunzie simili furono testimoniate da un numero infinito di missionari. Attaccare las Casas dunque significa attaccare tutti costoro. Chi attacca las Casas lascia pensare di essere dalla parte dei violenti e degli encomenderos dunque, ribadisco, fa un male enorme alla Chiesa. Quanto alle accuse verso las Casas di perseguire il paradiso in terra, si tratta di una calunnia inaccettabile. Simili eresie non vennero mai riscontrate da nessuno. Lei sa benissimo che se il frate avesse deviato di una sola virgola dalla fede, avrebbe pagato gravissime conseguenze. L'Ordine domenicano non avrebbe mai tollerato cose del genere. Las Casas fin dalla sua conversione visse nella più pura fede cattolica e da Vescovo lavorò non solo per la tutela materiale degli indios, ma quel che è più importante per la loro salvezza eterna. L'attacco a las Casas proviene tradizionalmente dagli ambienti del nazionalismo spagnolo, ma si tratta di un errore imperdonabile. La Spagna cattolica ha una gloria immensa, grazie all'eroismo e al genio dei suoi missionari. Come tutte le nazioni però ha avuto anche tantissimi malfattori. Chi ama veramente la Spagna deve gloriarsi dei primi e vergognarsi per i secondi: altro che attaccare il povero frate di Siviglia. Un giorno dovrà pure aprire il suo cuore nei riguardi di questo frate, che ebbe la forza di rinunziare a tutte le sue ricche proprietà per abbracciare la croce.
Un caro saluto e ricambio gli auguri di buon Natale.

Edoardo Spagnuolo