Papa Ratzinger e la teologia della Shoah


LA MOSSA MEDIORIENTALE DI PAPA BENEDETTO

Di Michael Hoffman, 15 Maggio 2009[1]

Papa Benedetto ha concluso il suo pellegrinaggio in “Terra Santa”, in quel recinto sabbioso dimenticato da Dio e calamita di massacri e di misfatti, da quando il Salvatore del Mondo venne assassinato lì nell’Anno Domini 33.

La Criptocrazia dispone ora di un pontefice diverso da Giovanni Paolo II, il polacco i cui atti di omaggio alle costumanze talmudiche e rabbiniche hanno battuto tutti i record negli annali del servilismo.

Con questo non voglio dire che Benedetto XVI sia fondamentalmente differente; che rappresenti una rottura nel processo di controllo alchemico da parte della Criptocrazia, ma piuttosto che è il nuovo volto di quel processo: apparentemente meno servile verso i rabbini e gli israeliani, e più “imparziale”, avendo teso la mano all’”ala destra” della Chiesa, alla Fraternità San Pio X, il cui vescovo Richard Williamson ha resistito alle richieste di pentimento per i suoi dubbi sulle camere a gas omicide.

Ma Benedetto non rappresenta una rottura, rispetto alla Criptocrazia, più di quanto non la rappresenti Barack Obama. Obama è il volto più “buono”, più gentile, del male orribile che domina segretamente il governo americano. George W. Bush era il volto conservatore dello stesso male e Benedetto assolve un’analoga funzione cosmetica per la Chiesa romana.

Quando si ha a che fare con i dialettici hegeliani, c’è sempre qualcosa per la Sinistra e per la Destra da ammirare e da disprezzare. La Destra troverà nell’atteggiamento quasi deferente del papa al Museo Yad Vashem dell’”Olocausto” una posa da ammirare. La Sinistra apprezzerà i suoi commenti, rivolti ai palestinesi, con cui ha biasimato la “barriera di separazione” (il muro dell’apartheid) che gli israeliani hanno eretto intorno a quel gigantesco campo di concentramento che è oggi la Palestina.

In questo modo il Vaticano si assicura la devozione permanente dei cattolici di sinistra e di destra, come pure della massa che sta nel mezzo, sempre soddisfatta dal potere, dalla pompa e dallo spettacolo. Ma la verità che sta al centro del soggiorno del pontefice in Palestina è qualcosa di molto differente da quello che i sostenitori della Sinistra e della Destra, e la gran folla che sta in mezzo, percepiscono.

Durante la sua visita israeliana, il papa ha stabilito una falsa equivalenza tra i sionisti e i palestinesi – tra gli spogliatori israeliani e i palestinesi che sono stati spogliati: “Nessun amico può evitare di compiangere le sofferenze e la perdita di vite umane che entrambi i popoli hanno sopportato negli ultimi sessant’anni. Permettetemi di fare questo appello a tutti i popoli di queste terre: non più spargimenti di sangue! Non più combattimenti! Non più terrorismo! Non più guerre! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza”.

Questo genere di esclamazione è inutile, se non è attinente alla giustizia e a ciò che è giusto e sbagliato, invece che alle sfumature grige del moralismo, a cui si ricorre sempre ogni volta che un esponente dell’Establishment ha il compito di giustificare la cruda realtà del ladrocinio di terre e dei crimini di guerra israeliani.

Esaminiamo la dichiarazione di Benedetto sulle “sofferenze e la perdita di vite umane che entrambi i popoli hanno sopportato”. A Gaza, in Dicembre e in Gennaio, sono stati massacrati 1.400 palestinesi. Al contrario, la cifra delle vittime israeliane, che include i soldati uccisi dal fuoco amico durante l’invasione, ammonta a 14. Per il papa non è per nulla osceno creare un’equivalenza tra i palestinesi, alla mercè della quinta macchina militare più potente del mondo, e la relativa manciata di israeliani morti a causa della politica ininterrotta, da parte del loro governo, di ladrocinio delle terre, di segregazione razziale e di esecuzione degli ordini rabbinici di distruggere “Amalek” e i “gentili” messa in pratica durante gli ultimi bombardamenti – e relativa invasione – di Gaza.

Per papa Benedetto, il giudaismo talmudico e il sionismo israeliano non rappresentano una categoria speciale di malvagità. Egli considera invece tali forze semplicemente come una delle parti in causa della tragedia del Medio Oriente, a cui tutte le fazioni hanno contribuito e per la quale sono ugualmente biasimevoli. Per la denuncia di una categoria speciale di malvagità dobbiamo invece, come al solito, guardare ai tedeschi della seconda guerra mondiale:

“…E’ ricorso al suo eloquio più diretto e personale quando ha ricordato uno dei suoi primi atti dopo il suo arrivo qui, quando ha visitato il monumento all’Olocausto dello Yad Vashem e ha incontrato i sopravvissuti che hanno subìto i mali della Shoah. “Questi incontri profondamenti commoventi mi hanno riportato alla memoria la mia visita di tre anni fa al campo della morte di Auschwitz, dove così tanti ebrei…vennero brutalmente sterminati sotto un regime senza dio che propagava un’ideologia di antisemitismo e di odio”, ha detto. “Al contrario, queste memorie fosche devono rafforzare la nostra determinazione ad avvicinarci gli uni agli altri come rami dello stesso albero di olivo, nutriti dalle stesse radici e uniti dall’amore fraterno”.[2]

Non vi sono sfumature grige nelle dette affermazioni. E’ un tonante anatema papale pronunciato in termini inequivocabili, senza nessun tentativo di stabilire un’equivalenza tra le sofferenze dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale e le sofferenze dei giudei di quell’epoca. Uno dei due lati era totalmente malvagio e sbagliato, l’altro era la personificazione del bene.

Il papa ha concluso le sue osservazioni con un’allusione a uno dei caposaldi centrali della nuova teologia della Shoah escogitata dal suo predecessore: il giudaismo ortodosso (talmudico), che è la religione dello stato ebraico, lungi dall’essere un “regime” malvagio che “propaga un’ideologia di odio e di razzismo”, è invece uno dei “rami” dell’”albero di olivo” che nutre le “radici” dell’”amore fraterno”. Questa è una menzogna così spudorata da far ridere, e così perniciosa da garantire un flusso continuo alla teologia della Shoah, da cui promana.

Papa Benedetto XVI ha ammantato l’ideologia sterminatrice del giudaismo talmudico con i paramenti dell’amore fraterno, solo quattro mesi dopo che un tale “amore” aveva inondato Gaza sotto forma del gas ustionante conosciuto come fosforo bianco, trasformando la stessa Palestina in una camera a gas. Ma Benedetto non se ne cura. Si accontenta, come valvola di sicurezza, di criticare un muro. La sua cinica indifferenza verso un olocausto che sta accadendo proprio ora è una spia significativa della sua sottaciuta convinzione dell’intrinseca superiorità, razziale e spirituale, degli israeliani sui palestinesi.

Il mito della sostanziale benevolenza del sionismo e del giudaismo rabbinico non è negoziabile, agli occhi della Criptocrazia. Le critiche che non contestano questo mito vengono tollerate, persino incoraggiate, come segno di “dialogo” e di “equità”. Mentre la Destra e la Sinistra discutono i pro e i contro del viaggio papale, l’assioma centrale riguardante il falso Israele e la religione talmudica sfugge al biasimo e alle analisi, e viene ulteriormente rafforzato e ingigantito da quest’ultimo atto della diplomazia vaticana in Medio Oriente, che acconsente che un numero sempre maggiore di palestinesi perderanno la casa e la vita negli anni a venire perché il papa, come tutti gli altri leader ecclesiastici, si rifiuta di riconoscere nel dominio israeliano i tratti inconfondibili del colonialismo, del razzismo e dell’occupazione, resi anche più iniqui dall’ideologia religiosa suprematista che li alimenta.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://revisionistreview.blogspot.com/2009/05/pope-benedicts-middle-east-gambit.html
[2] http://www.nytimes.com/2009/05/16/world/middleeast/16pope.html?hp