Il giudizio di Patrick Buchanan sul caso Demjanjuk

I VERI ODIATORI

Di Patrick J. Buchanan, 14 Aprile 2009[1]

Il giorno di Venerdì Santo, è stata ordinata la deportazione in Germania di John Demjanjuk, di 89 anni e gravemente malato, per essere processato come complice dell’uccisione di 29.000 ebrei – nel campo di Sobibor, in Polonia.

Non suona familiare? Dovrebbe. E’ una riformulazione dell’estradizione di John Demjanjuk del 1986 in Israele come imputato dell’uccisione di 870.000 ebrei – nel campo di Treblinka, in Polonia.

Quanti uomini, nella storia di questo paese, sono stati inseguiti in modo tanto implacabile, e perseguitati con una tale assenza di scrupoli?

L’odissea di questo Dreyfus americano è iniziata 30 anni fa.

Nel 1979, l’Office of Special Investigations [Ufficio delle Indagini Speciali] (OSI) del Ministero della Giustizia, spronato e consigliato dal KGB di Yuri Andropov, si convinse che Demjanjuk era “Ivan il Terribile”, un guardiano enorme, brutale e sadico di Treblinka, che fracassava le teste dei bambini e tagliava i seni delle donne, mentre portava centinaia di migliaia di ebrei nelle camere a gas.

La difesa di Demjanjuk fu chiara: non sono mai stato a Treblinka.

Ma una dozzina di sopravvissuti, di fronte a una foto mostrata loro, lo identificarono come la bestia di Treblinka. Nel 1986, l’OSI lo fece estradare in Israele. Nel 1988, venne condannato a morte. Il più grande mostro dell’Olocausto dai tempi di Mengele doveva essere impiccato.

La sua famiglia, gli amici e i suoi avvocati non si arresero. Perlustrarono l’Europa e, negli ultimi giorni dell’Unione Sovietica, fecero la grande scoperta. Nei file moscoviti su Treblinka scoprirono una foto del vero “Ivan”, un uomo molto più grosso e più maturo del ventitreenne Demjanjuk del 1943.

Ivan Marchenko venne positivamente identificato come Ivan il Terribile.

A suo merito imperituro, la Corte Suprema di Israele annullò il verdetto e impedì che Demjanjuk fosse il primo uomo ad essere impiccato in Israele dai tempi di Adolf Eichmann.

L’OSI, per quanto umiliato, chiese quindi alla corte, attraverso i suoi amici israeliani, di autorizzare un nuovo processo, accusando Demjanjuk di essere stato un guardiano a Sobibor – nella stessa epoca per la quale lo avevano accusato di essere stato a Treblinka.

Quello che l’OSI ammetteva ora era che la sua accusa contro John Demjanjuk, per vederlo penzolare dalla forca come “Ivan il Terribile”, si basava su prove deboli o contraffatte e su testimonianze irrilevanti o fraudolente.

Replicò la corte: qui in Israele non facciamo azzardi due volte.

Demjanjuk venne liberato. E il sorriso del carceriere che aprì la sua cella testimoniava che molti, in Israele, non avevano mai accettato la tesi che quest’uomo semplice era un demonio dell’Olocausto quasi senza rivali.

Così, dopo 13 anni, gli ultimi quattro dei quali a riflettere nel braccio della morte su degli orrori che non aveva mai commesso, Demjanjuk tornò a casa a Cleveland, da uomo libero. La sua cittadinanza venne ripristinata.

Per quanto fosse screditato, l’OSI non era disposto a rassegnarsi. Perché era stata fornita una nuova carta dai suoi vecchi compari del KGB.

La nuova prova consisteva in una dichiarazione firmata da un certo “Danilchenko”, che affermava di essere stato un guardiano di Sobibor e di aver lavorato con Demjanjuk. Poiché un tale documento avrebbe mandato all’aria il processo di Gerusalemme su Treblinka, l’OSI lo aveva nascosto alla difesa.

Venne fuori un altro documento, che suggeriva che Demjanjuk in realtà, dopo essere stato addestrato nel campo di Trawniki, era stato inviato a Sobibor.

Quando la difesa chiese di interrogare “Danilchenko”, per verificare se avesse effettivamente reso e firmato quella dichiarazione, e per interrogarlo sui dettagli, le venne detto che ciò non era possibile. Sembra che Danilchenko fosse morto dopo aver firmato.

Così, dopo che i primi 13 anni della sua odissea lo avevano portato a Gerusalemme fino alla forca, Demjanjuk è stato inseguito per altri 17 anni da un OSI che non si fermerà fino a quando, in un modo o nell'altro, non verrà condannato per genocidio.

E così arriviamo a oggi.

Demjanjuk deve essere portato in Germania e processato come complice dell’uccisione di 29.000 ebrei a Sobibor – anche se nessuna persona vivente può ricordarlo in quel campo e nemmeno il procuratore tedesco dirà che ha mai fatto del male a qualcuno. Un testimone israeliano, che fu a Sobibor e che dice di conoscere tutti i guardiani del campo, dice di non aver mai visto Demjanjuk lì.

Se la legge del Venerdì viene confermata, John Demjanjuk, che non è stato accusato di alcun crimine in terra tedesca, deve essere portato in Germania, culla del Terzo Reich, per essere processato da tedeschi per il suo presunto ruolo in un genocidio pianificato e perpetrato da tedeschi. Egli deve fungere da agnello sacrificale il cui sangue lava la macchia dei peccati tedeschi.
Ma se i tedeschi vogliono processare coloro che hanno partecipato all’Olocausto, perché non radunano qualche vecchio nazista importante, invece di un prigioniero di guerra ucraino?

Risposta: non possono. Perché i tedeschi hanno votato nel 1969 un’amnistia per loro stessi. Così adesso devono riesumare un soldato slavo da loro catturato – le SS di Heinrich Himmler lo arruolarono e fecero di lui un guardiano di un campo, se davvero lo fu – per punirlo in espiazione dei peccati tedeschi.

Lo spirito che c’è dietro questa persecuzione anti-americana non è stato mai quello della giustizia temperata dalla misericordia. E’ la stessa pozione satanica di odio e di vendetta che condusse un altro Uomo innocente fino al Calvario quel primo Venerdì Santo di 2.000 anni fa.[2]

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://buchanan.org/blog/pjb-the-true-haters-1495
[2] La deportazione di John Demjanjuk è stata sospesa all’ultimo momento dalla corte di appello di Cincinnati (Ohio): http://www.corriere.it/esteri/09_aprile_14/Demjanjuk_estradato_germania_8316c23e-292a-11de-aa72-00144f02aabc.shtml