Uno storico articolo di Zündel su Norimberga


NORIMBERGA: IL CRIMINE CHE NON MORIRA’

Di Ernst Zündel (1996)[1]

Alla vigilia del 50° anniversario dei processi di Norimberga, è opportuno che condivida con i miei lettori di lingua inglese qualche riflessione su questi processi. Vorrei cominciare con una citazione rivelatrice e stimolante proveniente da nientedimeno che Nahum Goldman, che fu a lungo presidente del World Jewish Congress, in un libro intitolato The Jewish Paradox:

“A parte il mio incontro con i sopravvissuti dei campi di concentramento dopo la liberazione, tornai ufficialmente in Germania solo per incontrare il Cancelliere Adenauer e per i negoziati sui risarcimenti. Queste riparazioni costituiscono un’innovazione straordinaria in termini di diritto internazionale.

Fino ad ora, quando un paese perdeva una guerra, pagava i danni al vincitore, ma era una questione tra stati, tra governi. Ora, per la prima volta, una nazione doveva fornire risarcimenti sia a dei comuni individui che a Israele, che legalmente non esisteva al tempo dei crimini di Hitler. Ma devo ammettere che l’idea non venne a me.

Durante la guerra il WJC [World Jewish Congress] aveva creato un Institute of Jewish Affairs a New York [il suo quartier generale ora sta a Londra]. I suoi direttori erano due grandi giuristi ebrei lituani, Jacob e Nehemiah Robinson. Grazie a loro, il loro istituto mise a punto due idee assolutamente rivoluzionarie: il Tribunale di Norimberga e i risarcimenti tedeschi”. [The Jewish Paradox, Grosset & Dunlap, 1978, p. 122].

Negli Stati Uniti, il nuovo canale tematico “Court TV” sta offrendo a tutto il continente nord-americano uno speciale su Norimberga – una festa dell’odio televisivo della durata totale di 15 ore. Parimenti, la Divisione Radiofonica della Canadian Broadcasting Corporation ha diffuso un sequel utilizzando giornali-radio d’epoca, con le tipiche onde corte distorte e crepitanti, dedicati ai procedimenti di Norimberga del 1946. Ancora una volta, i commentatori dei telegiornali ripetono pedissequamente fino alla nausea tutte le testimonianze disgustose e bugiarde degli spergiuri e degli artisti dell’impostura, insieme alle tristi “testimonianze”, spesso estorte con la tortura, dei leader politici e militari tedeschi.

Posso definire trasmissioni come queste solo come una “diffusione di odio”, che in Canada è un reato in base alla legge anti-discriminazione, in questo caso odio contro i tedeschi, con il pretesto di illustrare la “storia”. L’attuale stato tedesco, uno stato vassallo o Quisling (le mie scuse al signor Quisling!) fondato dagli Alleati nella Germania post-bellica – uno stato le cui radici e le cui fondamenta promanano da questi processi vergognosi, basati sulla vendetta degli Alleati contro lo sconfitto popolo tedesco – non difenderà il proprio popolo dalla valanga di odio e menzogne, così cercherò di difenderlo io. Preparatevi ad un po’ di materia di riflessione.

Il fatto che questa possa essere la prima volta che qualcuno dei miei lettori viene in contatto con una diversa versione storica dei Processi di Norimberga dimostra l’andazzo della nostra epoca. Siamo così abituati alla calunnia e alla maldicenza che spesso neppure le notiamo o le riconosciamo come tali. Siamo così abituati a vedere la Germania come il giusto e meritato capro espiatorio di tutti i suoi “crimini nazisti”, che non volgiamo mai la mente alla fabbricazione di tali crimini – ai suoi Artefici.

Scrive Nahum Goldman in The Jewish Paradox, a p. 123:

“Durante una riunione del World Jewish Congress a Londra, un ebreo russo chiamato Noah Baron, uomo meraviglioso e grande idealista, mi disse di assumere un ruolo attivo, prima di tutto incontrando Adenauer. Ero molto titubante, perché non era facile per me parlare di nuovo ai tedeschi. E alla fine fu la mia testa, non il mio cuore, a farmi decidere di negoziare. Ma posi una condizione preliminare prima di incontrare il Cancelliere: Adenauer doveva fare una solenne dichiarazione al Parlamento; doveva dire che per quanto la Germania di quei giorni non fosse la Germania che aveva prodotto Auschwitz, aveva nondimeno ereditato le responsabilità del nazismo e i risarcimenti erano un dovere; doveva aggiungere che i risarcimenti materiali non potevano cancellare il male fatto agli ebrei dai tedeschi.

Ora vedete come è iniziata – e si è evoluta! – tutta questa storia dei “Processi di Norimberga”, che si è conclusa con un tale fardello e con somme di risarcimento così enormi strappate alla nazione sconfitta, alla Germania, nel corso degli ultimi 50 anni.

Quando pensiamo ai processi di Norimberga pensiamo a Auschwitz, a Bergen Belsen, a Dachau – luoghi che gli Alleati “liberarono” e dove trovarono quegli "scheletri” – che fruttarono quegli sfondi fotografici così sfruttati e così utili per giustificare ciò che ne seguì, da quel momento in poi.

Il senso di colpa, utilizzato in modo sapiente, è un’arma terribile, uno strumento potente e anche una grossa vacca da mungere. Vi furono, in realtà, una politica e un programma volti a punire la Germania per i propri presunti crimini di guerra molto prima che i “crimini” della Germania nazista venissero “rivelati”, per mezzo dei cinegiornali e di titoli sensazionalistici, ad un mondo sbalordito, rabbrividito e orripilato.

Vi sono milioni di parole, e decine di migliaia di libri che sono stati scritti sui processi di Norimberga in risposta a questi presunti crimini di guerra – pubblicazioni in tutte le lingue, tutte che ripetono a pappagallo la propaganda alleata post-bellica e tutte che si scambiano, l’una con l’altra, le note a piè di pagina. Ma una menzogna ripetuta sei milioni di volte non diventa per questo una verità. Questo articolo esaminerà i presupposti e le ragioni della menzogna – una delle quali è che Norimberga e i suoi vergognosi procedimenti sono stati le levatrici della propaganda dell’Olocausto.

Le generazioni che sono diventate adulte dopo la fine della seconda guerra mondiale, hanno avuto poche possibilità di esaminare criticamente i processi di Norimberga. Non hanno avuto accesso, ad esempio, alle informazioni che mostrano quello che importanti personalità dell’epoca pensavano sulla procedura vergognosa di utilizzare leggi retroattive contro un ex nemico ormai inerme, militarmente sconfitto e militarmente occupato.

Secondo Nahum Goldman, ex presidente del World Jewish Congress, già durante la guerra erano stati approntati dei piani, con precisione e scaltrezza, ed erano state poste le fondamenta della menzogna. Molto tempo prima che l’America acconsentisse a introdurre i propri giovani in una guerra fratricida combattuta non per gli interessi nazionali americani ma per gli interessi di una popolazione straniera - e per quelli di uno Stato che allora neppure esisteva - venne posto in essere un Institute of Jewish Affairs a New York che escogitò una trappola diabolica.

Scrive Goldman, in The Jewish Paradox, pp. 122-123, trattando questo punto:

“L’idea dell’Istituto era…che la Germania nazista doveva pagare dopo la propria sconfitta. Per questo bisognava credere ancora nella [sua] sconfitta, in un’epoca in cui sembrava probabile che in Europa la guerra era perduta per gli Alleati ma, come Churchill e De Gaulle, conservai la mia fede. Non ho mai dubitato, neppure per un momento, perché sapevo che Hitler non sarebbe riuscito a controllarsi e che i suoi eccessi avrebbero trascinato gli Alleati nel conflitto. Secondo le conclusioni dell’Istituto, i risarcimenti tedeschi avrebbero dovuto essere pagati innanzitutto al popolo che aveva perso i propri averi in favore dei nazisti. Inoltre se, come speravamo, fosse stato creato lo stato ebraico, i tedeschi avrebbero pagato i danni per permettere ai sopravvissuti di stabilirsi lì. La prima volta che quest’idea venne espressa fu durante la guerra, nel corso di un convegno a Baltimora”.

Come tutti sappiamo, e come non ci è stato mai permesso di dimenticare, Hitler, a tempo debito, perse la guerra. Ora era il momento di condurre dei processi-show di tipo staliniano contro la classe dirigente tedesca sconfitta e consegnare quindi al mondo i suoi reprobi. Era questa la “punizione”? Pensateci!

Continua Goldman:

“L’importanza del tribunale che sedette a Norimberga non è stata riconosciuta per come merita. Secondo il diritto internazionale, era in realtà impossibile punire dei soldati che avevano obbedito agli ordini. Fu Jacob Robinson ad avere quest’idea insolita e straordinaria. Quando iniziò a proporla a i giuristi della Corte Suprema americana, lo presero per matto. “Cosa hanno fatto questi ufficiali nazisti di così inaudito? Domandarono. “Puoi immaginare Hitler messo sotto processo, o forse anche Goering, ma questi sono semplici soldati che hanno eseguito gli ordini e che si sono comportati in modo leale”. Fu quindi con la più grande difficoltà che riuscimmo a convincere gli Alleati; gli inglesi erano decisamente contrari, i francesi scarsamente interessati, e sebbene in seguito prendessero parte [ai procedimenti] non ebbero un gran ruolo. La svolta venne quando Robinson riuscì a convincere il giudice della Corte Suprema, Robert Jackson”. [The Jewish Paradox, p. 122.]

Cosa avvenne in seguito? Il controllo totale dell’informazione e la manipolazione delle notizie per mezzo della censura.

Dopo che la guerra era finita, e la Germania era stata sconfitta, le potenze Alleate, in realtà, avendo costituito un governo militare – che potrebbe essere definito una dittatura militare, per molti versi più restrittiva dello stato di Adolf Hitler – avevano il controllo ferreo di tutti i canali di comunicazione. Questo fatto non può essere sottovalutato.

Dal controllo e dalla supervisione del servizio postale fino alle comunicazioni telegrafiche e telefoniche, alle stazioni radio, ai libri, ai giornali e alle case editrici, gli Alleati controllavano un efficace “sistema di licenze”. Chiunque non si piegava alla propaganda Alleata subiva per punizione la perdita o la sospensione della propria licenza. I giornalisti perdevano i loro accrediti. I giornali perdevano i propri già scarsi fondi o i propri privilegi di spedizione a tariffa ridotta. Inoltre, la Germania venne divisa in zone di occupazione militare, che erano come degli stati in miniatura, che rilasciavano i propri passaporti, e le proprie tessere e i buoni spesa per il cibo, il carburante e il vestiario. Se volevate viaggiare nella Germania occupata, da una zona all’altra, nei primi anni dopo la guerra, dovevate spiegare alle autorità militari locali, con una richiesta scritta, il motivo del viaggio, la persona che volevate incontrare e dove volevate stare. Dovevate richiedere dei buoni spesa per il periodo della vostra assenza. C’erano anche altre restrizioni burocratiche estremamente gravose per gli avvocati difensori di Norimberga, derivanti sia da disposizioni specifiche che dall’assenza di disposizioni. Molti treni non arrivavano in orario, oppure non arrivavano affatto per mancanza di carbone. La maggior parte degli edifici erano senza riscaldamento. La popolazione soffriva la fame. Il paese era largamente privo di uomini adulti. C’erano rovine dovunque volgevate gli occhi. C’era dolore dovunque. Molto più dolore di quello patito durante una guerra aspramente combattuta.

Ho scoperto nel corso delle mie conversazioni e delle mie interviste, e persino durante i miei processi, che i giudici, i procuratori e persino gli avvocati difensori[2] non hanno la più pallida idea di qual’era davvero la vita dei collegi di difesa di Norimberga negli anni 1946-49. La generazione odierna, plagiata dalla frenesia mediatica per casi come quello di O. J. Simpson, e saturata dalle immagini, non ha indizi per capire in quali condizioni lavorarono gli avvocati difensori tedeschi. Neanche un indizio! Sospetto inoltre che alla generazione cinica di avvocati, pubblici ministeri e giudici di oggi, arraffa-soldi e arrivisti, non gliene importi un accidente di quale fosse allora la realtà e l’orribile verità. Ma certe cose vanno ricordate, per amore di verità storica.

Immaginate cosa sarebbe successo se aveste detto alle forze di occupazione che volevate andare a Norimberga a testimoniare in difesa di Rudolf Hess, Joachim von Ribbentrop, Kaltenbrunner, Göring, Streicher, o di capi dell’esercito come Keitel, Jodl, Dönitz, Raeder e altri! Se il funzionario dell’esercito al quale vi foste rivolti per il permesso era un ebreo con l’uniforme della Russia, o della Francia, o dell’America o dell’Inghilterra: immaginate la risposta! Non avrebbe pensato che il tedesco che inoltrava una tale richiesta era un nazista intento a ulteriori intrighi? Non c’è bisogno di essere un ingegnere spaziale per indovinare quante persone fossero restie a compromettersi politicamente come testimoni o periti della difesa dopo essere sopravvissuti a un guerra brutale, a orrendi raid aerei e alle orde stupratrici e predatorie dei sedicenti “liberatori. Chi avrebbe scelto di esporsi volontariamente all’arresto, ai pestaggi, alla tortura ecc., considerate le circostanze?

E’ straordinario che vi furono comunque dei testimoni a discarico, che si fecero avanti e cercarono di aiutare questi sventurati prigionieri di Norimberga. Vi sono casi di testimoni d’importanza cruciale per la difesa, che erano stati convinti dagli avvocati difensori a venire a testimoniare, ma che vennero tenuti prigionieri dagli Alleati nei campi di concentramento, e che risultarono – che fortuna, per l’accusa! – “dispersi” durante il trasferimento: “dispersi” fino a quando il processo aveva superato il punto in cui la loro testimonianza avrebbe potuto aiutare la difesa.

Gli stessi avvocati difensori operarono contro difficoltà quasi insuperabili. Stavano seduti nei seminterrati freddi e umidi di case semidistrutte dai bombardamenti, con finestre chiuse con assi, lavorando con addosso il cappotto, scrivendo con dita irrigidite, indossando cappelli, sciarpe e guanti per proteggersi dal freddo e dall’umidità avvolgente, cercando di scrivere qualche testo e di formulare qualche argomento in modo che il cliente, che veniva quotidianamente denigrato sulla stampa e alla radio, nei cinegiornali e nei notiziari delle Forze Armate come se fosse un mostro spregevole e un criminale privo di tracce di umanità, potesse ricevere una parvenza di difesa in quei procedimenti kafkiani e da incubo chiamati i Processi di Norimberga.

Erano tempi davvero disperati per i tedeschi! L’esercizio della difesa era ostacolato dalla mancanza di collaboratori, di spazio, di macchine da scrivere (e dei relativi nastri), e persino di carta carbone – sì, di carta carbone! – come pure dalla mancanza di fotocopiatrici e di forniture di carta. Ricordiamo che, nel 1945, una fotocopia significava esattamente quanto detto dal termine in questione. Bisognava fare una foto utilizzando una pellicola speciale. Bisognava sviluppare e asciugare un negativo. Quest’ultimo, a sua volta, doveva essere trasferito per mezzo di un ingranditore - e in una camera oscura - su una carta fotografica sensibile alla luce, che doveva quindi venire impressionata utilizzando sostanze chimiche non facilmente disponibili ed essiccatori elettrici a tamburo, ricorrendo alla preziosa elettricità per asciugare le foto (l’elettricità veniva severamente razionata per circa due ore al giorno, con non più di un certo numero di kilowatt disponibili a persona).

Cercate di mettervi nei panni degli avvocati difensori o, in questo caso, nei panni di tutti i collegi di difesa tedeschi, quando a due dozzine di avvocati, che difendono un gran numero di clienti differenti, vengono consegnate dall’accusa 30, 50, 100 o 200 pagine di documenti – spesso questa era l’unica serie di documenti disponibile per tutti i difensori! – e voi avete un tempo limitato fino al giorno dell’udienza per studiare, analizzare, soppesare le accuse, cercare testimoni potenzialmente a discarico in un paese devastato dai bombardamenti dove decine di milioni di persone sono senza casa, a soffrire la fame e il freddo. Gli elenchi del telefono vecchi e ancora esistenti sono inutilizzabili, perché il servizio telefonico in molti luoghi ancora non è stato ripristinato e i privati difficilmente ricevono una telefonata approvata dalle autorità di occupazione, a meno che siate “essenziali” – vale a dire, che siate un medico.

Esaminiamo ora il diritto degli imputati ad avere un difensore di propria scelta – un diritto considerato sacro nella maggior parte dei paesi civili. Cosa pensate che significasse, un tale diritto, in quei giorni isterici e senza legge della Germania post-bellica? Quale avvocato avrebbe osato difendere un “mostro nazista”? Molti anni dopo, il mio avvocato venne accusato, durante i processi a mio carico nel Canada "pacifico e democratico" - dagli opinionisti dei media, dagli avvocati e persino da un giudice - di “…essere troppo strettamente associato” a me, l’accusato: tutti a mostrare una violenta intolleranza contro di me, diffamato da coloro che nella società contemporanea hanno nelle loro mani il destino degli imputati. Immaginate quale coraggio debbono avere avuto questi avvocati difensori di Norimberga – che erano anche padri di famiglia, che erano uomini sposati – contenti di essere sopravvissuti alla guerra, e spinti a rifarsi una vita oltre le macerie della Germania sconfitta, decimata e devastata del 1946.

Ci voleva molto di più del fegato. Ci voleva una vera dedizione al principio e all’amore della giustizia che pochi, nella società odierna, possono rivendicare di possedere.

Immaginiamo che voi foste un avvocato di una statura tanto eroica. Gli Alleati, probabilmente, avrebbero dato del “nazista” anche a voi, inserendovi nella classe dei “criminali, da quando il partito nazista era stato dichiarato dai conquistatori un’”organizzazione criminale”. La maggior parte degli appartenenti all’elite intellettuale della Germania erano stati membri del Partito Nazionalsocialista, e quasi tutti erano andati in guerra, ed è molto probabile che fossero stati uccisi o gravemente feriti. Quelli che sopravvissero, erano davvero persone non gradite. Ritornavano da una guerra devastante e si ritrovarono non solo criminalizzati ma anche privati dei loro diritti civili e umani da conquistatori crudeli che continuavano tutto il tempo a ciarlare incessantemente, nella loro propaganda, del Nuovo Ordine degli Alleati.

Se, dopo aver superato enormi ostacoli, vi trovavate infine a essere scrutati, interrogati e accreditati come avvocati ai processi di Norimberga – che cosa vi sareste trovati ad affrontare, in realtà? Diamo uno sguardo freddo e duro a questo cosiddetto Tribunale Militare Internazionale. Quanto nobile e virtuoso suona questo appellativo! Un’etichetta come questa può nascondere molte piaghe. La piaga di Norimberga è ancora in corso.

Ecco cos’era Norimberga:

non fu assolutamente un tribunale militare internazionale. Non fu internazionale neppure nella sua composizione. Furono i vincitori a sedere in giudizio contro gli sconfitti. Il giudice Harlan Fiske Stone, che era allora Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti e, in quel ruolo, capo del giudice Jackson (il Procuratore Capo americano a Norimberga), ebbe questo da dire mentre conversava con un reporter della rivista Fortune, secondo quanto riportato in: Harlan Fiske Stone: Pillar of the Law [Harlan Fiske Stone: una colonna della legge], di Alpheus Thomas Mason, The Viking Press, p. 715:

“Per sua informazione, ma non perché sia pubblicata come proveniente da me, vorrei informarla che la Corte Suprema non ha avuto nulla a che fare, né direttamente né indirettamente, con i Tribunali di Norimberga, o con l’azione governativa che li ha autorizzati. Non sono stato informato della partecipazione del giudice Jackson fino a quando la sua nomina da parte dell’Esecutivo è stata annunciata sulla stampa.

“Finora il processo di Norimberga è un tentativo di legittimare l’esercizio del potere del vincitore sopra il vinto, perché il vinto aveva intrapreso una guerra di aggressione”, spiegò Stone, “Mi dispiace moltissimo vederlo abbellito con una finta facciata di legalità. Il meglio che si può dire di esso è che è un atto politico degli Stati vittoriosi, che può essere moralmente giusto com’era giusto il sequestro di Napoleone nel 1815. Ma quella volta gli alleati non sentirono il bisogno di giustificarlo con un appello a inesistenti principi legali. In pratica, mi sembra che le difficoltà e le incertezze di dire chi sia l’aggressore nelle condizioni che producono la guerra moderna dovrebbero renderci esitanti nel basarci in futuro su un principio che richiederebbe sempre una risposta, da parte del vincitore.

“Tutte le guerre in realtà sono aggressive. La vera fonte dell’autorità è “il potere del vincitore sopra gli sconfitti”.

“Non mi disturberebbe così tanto”, scrisse, “se questo potere venisse esercitato apertamente e lealmente per punire i leader tedeschi per essere dei cattivi soggetti, ma mi disturba che contro gli accusati sia stato abbellito con i paramenti del diritto anglosassone e delle garanzie costituzionali. E’ come se ci fossimo compromessi con la tesi che il risultato di ogni guerra deve essere che i capi degli sconfitti devono essere giustiziati dai vincitori”.

Questa fu la realtà. Il giudice Jackson, che maneggiava l’accusa dei processi più importanti di Norimberga, era un uomo con ambizioni presidenziali che aveva bisogno di un alto profilo ricavabile da un palcoscenico a proprio servizio: i Processi di Norimberga dovevano essere il trampolino di lancio per la sua corsa alla presidenza degli Stati Uniti. La corte di Norimberga non era stata selezionata da, o composta da, giudici della neutrale Svizzera, o della neutrale Svezia, o di qualche più lontana nazione africana, asiatica o latinoamericana. Furono in gran parte dei giudici civili americani a costituire il nerbo del collegio giudicante degli Alleati – non furono ufficiali di carriera, che avrebbero potuto avere una qualche comprensione e compassione per quello che i capi militari e il governo [della nazione sconfitta] avevano passato nelle condizioni estreme del periodo bellico. Essi avrebbero indubbiamente avuto una maggiore considerazione del perché alcune misure belliche vennero assunte dalla Germania nei giorni disperati della guerra. L’elite del paese aveva vissuto quello che una serie di giudici americani di piccole città non avrebbe potuto.

Inoltre, gli Alleati vittoriosi proseguirono spudoratamente, e con altri mezzi, la propria guerra contro i tedeschi fino a molto tempo dopo che gli scontri bellici erano cessati – non con le bombe e i proiettili ma, ora, con psicologi che formulavano false diagnosi o, ancora peggio, dando mano libera ai torturatori: inquirenti cinici e brutali che potevano, e lo facevano spesso, maltrattare, picchiare, bastonare, affamare, soffocare, e mutilare i propri prigionieri per costringerli a rendere confessioni e dichiarazioni che venivano estorte in modo altrettanto brutale delle confessioni delle streghedurante i vergognosi processi di stregoneria del Medioevo.

L’ingiustizia dei Processi di Norimberga è stata testimoniata non solo da Harlan Fiske Stone, Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti, ma anche dal giudice della Corte Suprema dello Iowa Charles F. Wennerstrum, un uomo del Midwest, che sedette in uno dei tribunali che giudicarono dopo la guerra i criminali nazisti minori.

Wennerstrum fece notare, in una famosa e controversa intervista rilasciata a un reporter del Chicago Daily Tribune, che spesso gli inquirenti e alcuni dei pubblici ministeri erano ebrei fuggiti dalla Germania nazista e che erano tornati indossando l’uniforme degli Alleati per tormentare e vendicarsi dei nazionalsocialisti, i quali avevano voluto espellere gli ebrei dallo spazio vitale europeo perché li consideravano dannosi per lo sforzo bellico e per la civiltà europea occidentale.

Ecco come l’articolo descrive i personaggi che giunsero nella Germania postbellica per regolare i propri conti personali, visti con gli occhi del giudice Wennerstrum, dopo che se ne andò via disgustato:

“Se avessi saputo sette mesi fa quello che so adesso”, ha detto (Wennerstrum) agli amici mentre faceva le valige per tornarsene in America, “Non sarei mai venuto qui…Il processo iniziale per crimini di guerra venne presieduto e condotto da americani, russi, inglesi e francesi con la maggior parte del tempo, degli sforzi e delle spese impiegati per coprire le colpe degli Alleati e per addossare la responsabilità esclusiva della seconda guerra mondiale alla Germania.

“Quello che ho detto sul carattere nazionalista dei tribunali”, ha continuato il giudice, “si applica all’accusa. Gli alti ideali, proclamati come se fossero le ragioni della creazione di questi tribunali, non erano evidenti.

“L’accusa non è riuscita a tenere lontana l’obbiettività dallo spirito di vendetta, dalle ambizioni personali mirate all’ottenimento delle condanne. Non è riuscita a stabilire dei precedenti che potevano aiutare il mondo ad evitare future guerre.

“C’è un’atmosfera qui assolutamente malsana. C’era bisogno di interpreti. Gli americani sono particolarmente scadenti come interpreti. Sono stati utilizzati avvocati, impiegati, interpreti e studiosi diventati americani solo in anni recenti, la cui formazione era radicata negli odi e nei pregiudizi europei…” [Chicago Daily Tribune, 23 Febbraio 1948].

In altre parola, gli Alleati fornirono gli inquirenti, la maggior parte dei quali erano ebrei, come alcune delle vittime - che avevano avuto a che fare per una vita intera con gli ebrei, e che perciò li avevano riconosciuti - avevano dichiarato. Quelli tra noi che sono tedeschi e che possono parlare tedesco possono riconoscere facilmente l’appartenenza etnica di alcuni tra gli accusatori dal loro accento e dalla cadenza dei loro discorsi, anche nelle trasmissioni radiofoniche e televisive.

Nei processi la maggior parte delle prove era “documentaria”, selezionata dagli Alleati dalla gran massa degli archivi catturati. La selezione dei documenti venne fatta dall’accusa. La difesa ebbe accesso solo ai documenti che l’accusa giudicò pertinenti ai procedimenti, e che vennero resi disponibili alla difesa. Gli Alleati potevano scegliere di divulgare o di nascondere e/o distruggere qualsiasi documento che non quadrasse con la loro strategia processuale. Gli Alleati riconobbero in altre sedi che i loro Ministeri addetti alla propaganda e i loro servizi segreti avevano in precedenza contraffatto timbri nazisti, lasciapassare nazisti, passaporti nazisti, ordini, carte d’identità ecc., contraffatti in modo tale da ingannare i nazisti molte volte, perché erano così perfetti, e grazie ai quali i propagandisti Alleati hanno gongolato fino a oggi.

Anche mettendo da parte le discutibili prove “documentarie”, esaminiamo qualche “testimonianza” degli accusati – come sono state ottenute e quello che davvero significano.

Al cuore del Tribunale di Norimberga troviamo, come detestabili punti esclamativi, certe parole: “Genocidio”, “Camera a gas”, “Sei milioni”. Queste parole, e il giudizio di valore che denotano, derivano in gran parte dalle ammissioni e dalla dichiarazione giurata di un uomo, Rudolf Höss, l’ex comandante di Auschwitz.

Rudolf Höss è stato il più importante testimone dell’Olocausto prodotto dagli Alleati. La sua dichiarazione e la sua testimonianza vennero largamente citate sia dall’accusa – e dalla sentenza del Tribunale Militare Internazionale – che dalla stampa. Fu la sua testimonianza che gettò le fondamenta e che convalidò la tesi dello “sterminio di milioni di persone con il gas ad Auschwitz”. E’ sulla “confessione” di Höss che hanno fatto grande affidamento fino ad oggi storici come Raul Hilberg, come una fonte documentaria di prima mano.

E’ vero che Höss parlò a Norimberga di orrende “atrocità”, e che confermò tale verità sotto giuramento con una dichiarazione che accettò di firmare per il pubblico ministero. In essa, confessava di aver dato gli ordini per la gasazione di milioni di vittime. La dichiarazione, naturalmente, era in inglese, una lingua che non parlava né capiva, secondo quanto detto dai suoi familiari.

Sappiamo ora dal libro Legions of Death, che Rudolf Höss venne picchiato quasi a morte da membri ebrei dell’esercito inglese, dopo la sua cattura, e trattato brutalmente fino a quando non fornì queste “testimonianze” davvero devastanti, utilizzate da allora in poi dai propagandisti Alleati. Giudicate voi. Ecco un estratto da questo libro di Rupert Butler, pubblicato da Hamlyn Paperbacks, p. 235:

“Alle 5 del pomeriggio dell’11 Marzo del 1946, la signora Höss aprì la porta di casa a sei specialisti di intelligence in uniforme inglese, la maggior parte dei quali erano alti e minacciosi e tutti addestrati nelle più sofisticate tecniche di interrogatorio prolungate e spietate.

Non venne usata nessuna violenza fisica sulla famiglia: non ce ne fu quasi bisogno. La moglie e i bambini vennero separati e sorvegliati. Il tono di voce di Clarke era intenzionalmente basso e colloquiale.

Iniziò gentilmente: “So che l’ultima volta che suo marito è venuto a trovarla è stata la notte scorsa”.

La signora Höss replicò semplicemente: “Non lo vedo da quando si è nascosto mesi fa”.

Clarke provò un’altra volta, parlando con gentilezza ma con un tono di rimprovero: “Lei sa che non è vero”. Poi all’improvviso le sue maniere cambiarono e si mise a urlare: “Se non ce lo dice, vi consegneremo ai russi e vi metterano davanti a un plotone di esecuzione. Suo figlio andrà in Siberia”.

Era più che sufficiente. Alla fine, un’affranta signora Höss rivelò il nascondiglio dell’ex Comandante di Auschwitz, l’uomo che ora si chiamava Franz Lang. Analoghe minacce sul figlio e sulla figlia produssero l’identica informazione.

Quando trovarono Höss, ecco come la cattura ebbe luogo. Clarke, uno dei partecipanti, la ricorda vividamente:

“Stava in cima a un letto a castello a tre piani, indossando un pigiama di seta nuovo. Scoprimmo in seguito che aveva smarrito la pillola di cianuro di cui la maggior parte di loro erano muniti. Non avrebbe avuto molte possibilità di usarla perché gli infilammo una torcia in bocca”.

Höss urlò di terrore alla sola vista delle uniformi inglesi.

Clarke gli gridò: “Qual è il tuo nome?”

Ogni volta che rispondeva: “Franz Lang”, la mano di Clarke si abbatteva sul viso del prigioniero. La quarta volta che accadde, Höss crollò e disse chi era.

L’ammissione scatenò improvvisamente l’odio dei sergenti ebrei della squadra incaricata della cattura, i cui genitori erano morti ad Auschwitz a causa di un ordine firmato da Höss.

Il prigioniero venne trascinato via dal letto, e il pigiama gli venne strappato di dosso. Venne quindi trascinato nudo su uno dei tavoli destinati alla tortura, dove sembrò a Clarke che le botte e gli urli non dovessero terminare mai.

Alla fine, l’Ufficiale Medico esortò il Capitano: “Falli smettere, a meno che non vogliate portarvi dietro un cadavere”.

Venne gettata su Höss una coperta e venne trascinato sulla vettura di Clarke, dove il sergente gli versò in gola una buona dose di whiskey. Allora Höss cercò di dormire.

Clarke gli piantò il suo manganello di servizio sotto le palpebre e gli ordinò in tedesco: “Tieni aperti i tuoi occhi da porco, bastardo”.

La squadra tornò a Heide verso le tre del mattino. La neve stava ancora infuriando ma la coperta venne strappata via da Höss e venne fatto camminare completamente nudo per il cortile della prigione fino alla sua cella. Ci vollero tre giorni per strappargli una dichiarazione coerente.

Questa dichiarazione, estortagli con il terrore, è quella che tutti conosciamo – la “prova” della cosiddetta “gasazione degli ebrei”.

Gli storici oggi ammettono finalmente che Höss è un testimone totalmente inattendibile – e c’è da meravigliarsi? Egli parlò di un campo di concentramento chiamato “Wolzek” che nemmeno esisteva. Giurò che ad Auschwitz erano state gasate e bruciate 2.500.000 persone e che un ulteriore mezzo milione morì di malattia, per un totale di 3 milioni di morti. Il Toronto Sun del 18 Luglio del 1990 disse che ne erano morti un milione e mezzo. Il Washington Post, alla stessa data, menzionò anch’esso 1.5 milioni. Da un articolo di Krzyszlov Leski, citiamo il passaggio seguente:

"La Polonia ha ridimensionato il proprio calcolo del numero di persone uccise dai nazisti nel campo della morte di Auschwitz da 4 milioni a solo 1 milione.

"Si ritiene che la grande maggioranza dei morti siano stati ebrei, nonostante le affermazioni dell’ex governo comunista polacco secondo cui nel più grande campo di concentramento di Hitler morì un numero equivalente di polacchi…

"Il nuovo studio potrebbe riaccendere la controversia sulle dimensioni della Soluzione Finale di Hitler.

"Shevach Weiss, sopravvissuto al campo della morte e membro del Partito Laburista del Parlamento israeliano, ha espresso incredulità sulla revisione delle cifre dicendo: “Sembra scioccante e strano”…

"Shmuel Krakowsky, capo delle ricerche del museo Yad Vashem dedicato alle vittime ebree dell’Olocausto, ha detto che le nuove cifre polacche sono esatte.

“La cifra dei quattro milioni sfuggì al Capitano Rudolf Höss, il comandante nazista del campo della morte. Qualcuno l’ha accettata, ma era esagerata…”

"Ma le autorità polacche hanno detto che le cifre esatte del numero degli uccisi potrebbero essere formulate solo studiando i documenti tedeschi sequestrati dall’Unione Sovietica. Ma Mosca ha rifiutato di restituire gli archivi".

E’ la scusa migliore! Nel 1989 organizzai una petizione per convincere il leader dell’allora Unione Sovietica Gorbaciov a divulgare i registri mortuari di Auschwitz catturati nel 1945 quando l’Armata Rossa prese possesso del complesso di Auschwitz. Pochi mesi dopo successe davvero. Gorbaciov consegnò questi documenti importantissimi alla Croce Rossa, documenti che mostravano nei dettagli perché le persone erano morte ad Auschwitz, la causa e l’ora della morte, la loro data di nascita, il loro indirizzo ecc.

Erano elencati i nomi di 74.000 morti, di cui solo circa 30.000 erano ebrei, insieme a un numero quasi equivalente di polacchi e di appartenenti ad altre nazionalità.

Un’Olocausto che si rimpicciolisce incredibilmente! I “milioni” che abbiamo sentito per mezzo secolo e di cui sentiamo e leggiamo ancora oggi: tutto è iniziato con la “testimonianza” estorta a suon di botte al povero Höss in quella notte orribile nella sconfitta Germania.

Lo storico Christopher Browning ha dovuto infine ammettere, in un recente articolo di Vanity Fair, che Höss era un testimone inattendibile. Browning ha detto che:

“…Höss è sempre stato un testimone molto debole e confuso. I revisionisti lo utilizzano sempre per questa ragione, per cercare di screditare la memoria di Auschwitz in quanto tale”.

Ma tutto ciò invalida le tesi dei revisionisti o la loro strategia? Assolutamente no. Al contrario. Dopo tutto, la testimonianza di Höss venne utilizzata come lo scheletro su cui venne subito costruito l’intero mito dell’Olocausto. I revisionisti si sono concentrati su Höss precisamente perché egli è probabilmente la fonte più importante degli storici dell’Olocausto. Raul Hilberg, che ha scritto la “Bibbia” dell’”Olocausto”, The Destruction of the European Jews (Holmes & Meier, edizione riveduta, 1985) si basa decisamente sulla testimonianza di Höss, e Höss fu il testimone primario su cui si basò il Tribunale di Norimberga nel suo giudizio sullo “sterminio degli ebrei”, anche se aveva detto alla corte di essere stato selvaggiamente torturato.

E quel che più conta, il trattamento di Höss da parte degli Alleati e l’inaffidabilità totale delle sue “prove” non sono insoliti. Non sappiamo quanti degli accusati ai processi di Norimberga vennero crudelmente maltrattati, poiché i riferimenti nelle trascrizioni processuali ai maltrattamenti subiti vennero espunte dai registri.

Un esempio è la testimonianza di Streicher. Venne scritto sul Times di Londra che Streicher testimoniò di essere stato torturato, bastonato, sputato e costretto a bere da una latrina (“Streicher Open His Case”, The Times, 27 Aprile 1946). La sua testimonianza venne in seguito espunta dai registri processuali con la partecipazione attiva dell’accusa, del presidente del tribunale, e persino del suo avvocato difensore!

Altre tracce del trattamento brutale inflitto ai prigionieri di Norimberga, tuttavia, sono sopravvissute. Una di queste testimonianze è il riferimento del Gauleiter Sauckel alle minacce subite dalla sua famiglia, riferimento che è rimasto nella trascrizione. Durante la sua testimonianza nel Maggio del 1946, Sauckel testimoniò di aver firmato un documento, anche se non sapeva cosa c’era in quel documento, dopo che la sua famiglia con 10 bambini venne minacciata di deportazione in Russia.

E infine, non va dimenticato che questo è stato il solo procedimento giudiziario, condotto in nome delle nazioni civili, per il quale non era previsto un meccanismo di appello ad un’autorità parallela o superiore per una revisione del processo, o delle sentenze cui questo cosiddetto tribunale militare internazionale era giunto. Il loro giudizio sulla classe dirigente della nazione più popolosa d’Europa, contro la quale avevano combattuto una guerra prossima al genocidio, era definitivo e assoluto.

Tenete bene a mente tutto ciò quando leggete, guardate e ascoltate tutto il battage emotivo di questi giorni sui media, in televisione e alla radio. E per cosa?

Il leader ebreo Nahum Goldman lo spiega per filo e per segno per voi nel suo libro sbalorditivo, The Jewish Paradox, pp. 123-125, in cui ammette l’esistenza della madre di tutte le truffe. Secondo le sue stesse parole, alla conclusione dell’accordo Goldman ottenne da Adenauer, il primo cancelliere nominato dagli Alleati dello stato-Quisling tedesco, che:

“i tedeschi avrebbero dovuto pagare un totale di 80 miliardi…Senza i risarcimenti tedeschi che iniziarono ad affluire durante i suoi primi dieci anni di vita, Israele non avrebbe metà delle sue attuali infrastrutture: in Israele tutti i treni sono tedeschi, le navi sono tedesche, e lo stesso è per le installazioni elettriche e per gran parte dgli impianti industriali…e ciò senza contare le pensioni individuali pagate ai sopravvissuti. Israele riceve oggi centinaia di milioni di dollari in valuta tedesca ogni anno. In certi anni la somma di denaro ricevuta da Israele da parte della Germania è stata doppia o tripla rispetto ai contributi ricevuti dall’ebraismo internazionale. Oggi, non c’è più nessuna opposizione a questo principio”.

Non dappertutto, però!

Quando i Processi e i Procedimenti di Norimberga vengono privati dell’iperbole e della cortina fumogena che li circondano, possiamo dire brutalmente che:

fecero tutto gli Alleati. Gli Alleati combatterono una guerra in terra straniera – in parte per costituire lo stato di Israele. Gli Alleati fornirono una mano sollecita alle crescenti ambizioni del campo sionista. Per mezzo dei processi di Norimberga, gli Alleati contribuirono alla fondazione e al finanziamento di Israele. Per mettere al sicuro Israele, gli Alleati e i membri del loro apparato diventarono accusatori, ricercatori, inquirenti, procuratori, giudici e carnefici – tutto in una volta! Gli Alleati fornirono gli “esperti” che vagliarono i documenti tedeschi, che erano tutti nelle loro mani, evidenziando i documenti incriminanti e scartando le prove a discolpa. A questi inquirenti venne detto di “trovare” contro gli sventurati imputati solo i documenti incriminanti, secondo quanto mi è stato detto dallo studioso americano Charles Weber, PhD, che era stato uno di questi ricercatori per conto degli Alleati, e che ha testimoniato ai miei processi. A questi ricercatori venne detto di ignorare quei documenti che avrebbero potuto risparmiare la vita dei capi tedeschi sotto accusa. Quando poi tutto era stato detto e fatto, non c’era neppure l’appello.

Il Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti, Harlan Fiske Stone, parlando del Procuratore Capo americano, Jackson, disse infine le seguenti parole, secondo quanto viene riportato nel libro summenzionato, a p. 746:

“Jackson è in trasferta a condurre il suo festino cruento di alta classe a Norimberga”, osservò. “Non mi importa quello che fa ai nazisti, ma odio vedere la finzione secondo cui sta dirigendo una corte e un procedimento in base alla legge ordinaria. E’ una truffa un po’ troppo ipocrita per soddisfare le mie idee vecchio stampo”.

Una truffa un po’ ipocrita!

Qualche record degli Alleati di cui “essere orgogliosi” – aver aiutato a fabbricare una farsa processuale tanto macabra, ispirata all’ideologia perversa marxista-sionista, che condannò a morte il solo tentativo militare mai intrapreso per impedire all’”impero del male” di portare a tutti noi la sua ideologia basata sulla legislazione “anti-odio”.

I polli stanno tornando a casa per andare a dormire? Ecco come l’America e il “mondo libero” hanno mostrato la propria gratitudine ai difensori dell’Europa e della Civiltà Occidentale: impiccando uomini coraggiosi e onesti che avevano cercato così a lungo e in modo tanto valoroso di fermare la decadenza e l’ipocrisia di quello che adesso chiamiamo, rabbrividendo, “il prossimo Nuovo Ordine Mondiale”!

Mi inchino con riverenza a quelli che vennero uccisi per via giudiziaria a Norimberga. Furono i martiri del mondo, non i reprobi. Nessuno di loro sarebbe stato condannato a morte in un giusto processo. Nessuno! Non dimentichiamo che sacrificarono un’intera nazione, e alla fine anche loro stessi, per salvare la Civiltà Occidentale. Vennero sconfitti da delinquenti in toga e da gangster in uniforme, e dai complotti tramati dagli imbroglioni dei ghetti e delle shtetl [cittadine con un’elevata percentuale di ebrei] dell’Europa Orientale.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.zundelsite.org/english/advanced_articles/incorrect.011.html
[2] Qui Zündel si riferisce ai due processi che lo hanno visto imputato in Canada, nel 1985 e nel 1988, per “diffusione di false notizie” relativamente all’Olocausto.