Una testimonianza da Gaza

NON HO PAURA DI NULLA, ORA

Una testimonianza, The Electronic Intifada, 7 Gennaio 2008[1]

Nael Shaeth, 40 anni, padre di quattro figli, ha parlato all’IRIN[2] per telefono da casa sua, nel quartiere al-Naser nel centro di Gaza, sulle sfide affrontate dalla popolazione che è rimasta intrappolata nelle proprie case da quando il 27 Dicembre è iniziata l’offensiva contro Gaza da parte di Israele.

Le scene di distruzione sono dovunque. Quando cammini per le strade vedi molti edifici danneggiati. Alcuni sono totalmente danneggiati e non possono essere riparati. Hanno bisogno di essere ricostruiti di nuovo.

Nessuno lascia le proprie case a meno che vi sia qualcosa di estremamente urgente. L’ultima volta che sono uscito è stato l’altro ieri per riempire la mia auto di carburante. Ma sono andato a trovare mia madre che vive nelle vicinanze per controllarla. Quel giorno sono andato dal fornaio dove ho dovuto fare una lunga fila per prendere un po’ di pane. Di solito aspettiamo in fila per un’ora per comprare il pane perché nella nostra zona funzionano ormai solo due o tre forni. Quando è il proprio turno, la quantità che ti danno dipende dalla quantità disponibile di grano e di gas da cucina.

I prezzi [dei generi di prima necessità] stanno salendo. Nelle drogherie alcune cose sono disponibili e altre no. E anche quello che è disponibile adesso può rimanere avariato, dopo tre giorni di tagli continui dell’elettricità nella nostra zona. Ho sentito che alcune zone non hanno più avuto la corrente dall’inizio dei bombardamenti, nove giorni fa.

Quando l’elettricità manca, vengono direttamente colpiti i rifornimenti d’acqua. Usiamo l’elettricità per pompare l’acqua dalle cisterne a piano terra alle cisterne in cima al tetto – da dove viene distribuita nei vari appartamenti. Adesso, anche se hai l’acqua non la puoi usare, a meno che non cerchi di trasportarla. Anche quando riesci ad avere l’acqua, è difficile fare la doccia con l’acqua fredda…I sistemi di riscaldamento solare non funzionano bene d’inverno.

I miei quattro figli sono terrorizzati dagli attacchi – specialmente i più piccoli, di sei e undici anni. Con i pesanti bombardamenti fuori e la mancanza di elettricità dentro, rifiutano di andare al bagno da soli di notte. Vogliono qualcuno che li accompagni. Siamo sottoposti anche alla pressione psicologica. Poche ore fa ho sentito che un mio amico è morto.

Gennaio è uno dei mesi più freddi dell’anno…ma in queste condizioni di atmosferiche dobbiamo lasciare le finestre parzialmente aperte per impedire che si fracassino con i bombardamenti.

Nonostante questa situazione estremamente difficile, adesso non ho paura di nulla e non ho nessuna preoccupazione. Credo in Dio e nel fatto che ognuno deve morire, in un modo o nell’altro. E’ meglio morire in questo modo onorevole. Queste non sono mie convinzioni personali: tutti gli abitanti di Gaza credono la stessa cosa.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/article10137.shtml
[2] L’Irin è un’agenzia di informazioni dell’Onu.