Una pratica barbara


GLI OMICIDI EXTRAGIUDIZIARI COME POLITICA UFFICIALE DI ISRAELE

Di Stephen Lendman[1]

Gli omicidi extragiudiziari sono indifendibili, moralmente odiosi e illegali, secondo le leggi e le norme internazionali. L’Articolo 23/b dell’Ordinamento dell’Aja del 1907, proibisce “l’omicidio, la proscrizione, o la messa al bando del nemico, o mettere una taglia sulla testa del nemico, come pure offrire una ricompensa per ogni nemico “vivo o morto””.

L’Articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) afferma che “chiunque ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona”. La detta dichiarazione riconosce anche “la dignità intrinseca e i diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana”.

Così stabiliscono i principi della “guerra giusta”, per i quali sono inammissibili la violenza gratuita, gli omicidi, specialmente se premeditati, la guerra contro i civili, e così via, nonostante le difficoltà di distinguere, tra i combattenti, quelli che hanno deposto le armi e gli innocenti in tempo di guerra – per non parlare del “terrorismo” o di quella che gli analisti chiamano “la zona grigia tra la guerra e la pace”. Altri la definiscono resistenza giustificabile, o ritorsione contro la violenza di stato e altri crimini di guerra e contro l’umanità.

Nel 1980, il Sesto Congresso delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Crimine e il Trattamento dei Criminali, condannò “la pratica delle uccisioni e delle esecuzioni degli oppositori politici o dei sospetti criminali attuate dalle forze armate, dalle forze di polizia o da altri enti governativi, o da gruppi politici o paramilitari”, che agiscono con il sostegno delle forze e degli enti govcernativi.

L’Assemblea Generale [delle Nazioni Unite] prese posizione anche contro le esecuzioni arbitrarie e gli omicidi politici. Il 15 Dicembre del 1980, adottò la Risoluzione 35/172, con cui esortò gli stati membri a conformarsi alle disposizioni degli Articoli 6, 14 e 15 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che contempla il diritto alla vita e varie garanzie giuridiche, a salvaguardia di procedimenti giudiziari equi e imparziali.

Il primo principio dei Principi stabiliti dalle Nazioni Unite nel 1989 sulla Prevenzione Efficace e l’Indagine delle Esecuzioni Sommarie, Arbitrarie ed Extra-legali, afferma:

“I governi proibiranno per legge tutte le esecuzioni sommarie, arbitrarie ed extra-legali e assicureranno che tutte le esecuzioni di questo tipo vengano riconosciute come reati in base alle loro leggi penali, e che vengano punite con sanzioni adeguate che recepiscano la gravità di tali reati. Le circostanze eccezionali, incluse lo stato di guerra o una minaccia di guerra, l’instabilità politica interna o ogni altra emergenza pubblica, non potranno venire invocate come giustificazione di tali esecuzioni. Non saranno attuate in nessuna circostanza, incluse – senza essere limitate a - situazioni di conflitti armati interni, o di uso eccessivo o illegale della forza da parte di un pubblico ufficiale, o di persona che eserciti tale funzione, o di persona che agisca su istigazione o con il consenso, manifesto o tacito, di pubblici ufficiali, comprese le situazioni di morti che hanno luogo in custodia cautelare. Questa proibizione prevarrà rispetto alle ordinanze promulgate dalle autorità governative”.

Questi articoli e disposizioni si applicano alle popolazioni civili occupate, e la Quarta Convenzione di Ginevra e il suo Articolo 3 offrono una protezione speciale a coloro (come i palestinesi) che vivono sotto occupazione straniera. Esso [l’Articolo 3] comprende tutte le azioni relative a “Violenza alla vita e alla persona, Uccisioni di tutti i generi, mutilazioni, trattamenti crudeli e tortura”. Inoltre “L’approvazione di sentenze e l’attuazione di esecuzioni senza previo giudizio pronunciato da una corte regolarmente costituita, che permetta tutte le garanzie giudiziarie…riconosciute come indispensabili dai popoli civili”.

Il suo Articolo 32 [della detta Convenzione] afferma: “Le Parti Contraenti concordano esplicitamente che a entrambe sia proibito di prendere qualsiasi misura di carattere tale da provocare la sofferenza fisica o lo sterminio di persone sotto protezione nelle proprie mani. Questo divieto si applica non solo all’omicidio, alla tortura, alle punizioni corporali, alle mutilazioni e agli esperimenti medici o scientifici non richiesti dal trattamento medico delle persone sotto protezione, ma anche a ogni altro tipo di brutalità sia che venga attuato da agenti civili oppure militari”.

Il suo Articolo 85 riguarda le “Violazioni Gravi” e le definisce come “Atti commessi volontariamente e che provochino la morte o seri danni al corpo o alla salute...rendendo la popolazione civile o i singoli civili oggetto di attacchi, [o] lanciare un attacco indiscriminato che colpisca la popolazione civile o obbiettivi civili…”

Anche lo Statuto della Corte Penale Internazionale di Roma del 2002 definisce queste gravi violazioni come “crimini di guerra”, che comprendono (nell’Articolo 8):

Violazioni “gravi” della Convenzione di Ginevra;
Gli “omicidi volontari”;
“Lanciare volontariamente un attacco” sapendo che “provocherà perdite di vite accidentali”;
“Uccidere o ferire” combattenti che hanno deposto le armi;
Gli omicidi extra-giudiziari; e
“Uccidere o ferire a tradimento gli avversari…”

Nel 1982, le Nazioni Unite costituirono il Relatore Speciale [Special Rapporteur] sulle esecuzioni extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie. Fu uno dei numerosi incarichi aventi per oggetto le sparizioni, la tortura, gli omicidi, e molte altre violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Attualmente è Philip Alston che ha il compito indagare sugli omicidi extragiudiziari, per attribuirne la responsabilità ai governi che li commettono, che non riescono a impedirli, o che non ne rispondono quando sono commessi da altri. Nel Maggio del 2008, egli ha diffuso l’ultimo rapporto sulle sue “attività principali” dal 2007 fino ai primi tre mesi del 2008. Fino al Marzo del 2008, aveva richiesto il permesso di visitare 32 paesi, e tra questi i territori occupati della Palestina. Nonostante avesse iniziato le procedure per la visita, Israele ha “finora omesso di rispondere in modo affermativo”. L’Autorità Palestinese lo ha invitato ufficialmente.

La posizione degli Stati Uniti sugli omicidi extragiudiziari

Nel 1976, il Presidente Gerald Ford firmò l’Ordine Esecutivo 11905 mettendo al bando tale pratica contro leader stranieri in tempo di pace, e contro altre persone eventualmente coinvolte. Tuttavia, il Ministro della Difesa di Reagan, Caspar Weinberger, argomentò che erano proibiti solo “gli omicidi con mezzi sleali” e così gli omicidi erano consentiti fintanto che non erano compiuti con “slealtà”.

Poi George Bush mise da parte le sottigliezze, ribaltò l’ordine di Ford e autorizzò la CIA a uccidere Osama bin Laden e i suoi sostenitori, e dichiarò pubblicamente che bin Laden “era ricercato, vivo o morto”. Il suo Ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, concordò e chiamò l’uccisione dei “terroristi” un atto di “auto-difesa”.

Nel Giugno del 2008, Philip Alston visitò gli Stati Uniti. Si incontrò con funzionari federali e statali, con giudici e con gruppi della società civile a New York, Washington, in Alabama e in Texas. Condusse anche un giro di ispezioni delle prigioni e dei centri di detenzione americani e presentò le sue conclusioni in una conferenza stampa il 30 Giugno. Criticò duramente l’amministrazione Bush, sistema giudiziario difettoso, e le continue violazioni dello stato di diritto. Egli citò:

· Il razzismo nell’applicazione della pena di morte;
· La mancanza di trasparenza nelle morti dei prigionieri di Guantanamo;
· La mancanza di informazione sulle morti dei civili in Iraq e in Afghanistan; l’indisponibilità da parte dei funzionari del Ministero della Difesa e di altri a collaborare; come pure la sua preoccupazione sulle gravi violazioni dei diritti umani; e
· Il rifiuto da parte del Ministero della Giustizia a incriminare gli appaltatori mercenari (come la Blackwater Worldwide) che avevano commesso omicidi illegali. O l’esercito degli Stati Uniti.

Gli omicidi extragiudiziari israeliani

Nel corso della sua storia, Israele ha commesso volontariamente e sistematicamente, come politica ufficiale di stato, l’omicidio extragiudiziario premeditato di palestinesi e di altri arabi – con l’autorizzazione esplicita degli alti livelli politici, giudiziari e militari, e presuntamente per “auto-difesa” contro individui che minacciavano la sicurezza di Israele. Certi funzionari governativi hanno persino ammesso che certe persone sono considerate dei bersagli, e Dan Haluts, ex capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, ha detto una volta al Washington Post (nell’Agosto del 2006) che “quello degli omicidi mirati è il metodo più importante nella lotta al terrorismo”. In altre parole, l’omicidio premeditato è accettabile fintanto che è opportunamente coperto dal segreto.

Nel Maggio del 2007, sulla radio dell’esercito israeliano, Binyamin Ben-Eliezer, ex Ministro delle Infrastrutture, ha difeso tale pratica e ha detto: “Abbiamo deciso di attuare più operazioni di liquidazione fisica contro i terroristi (palestinesi)…Penso che questo eliminerà il danno causato al territorio israeliano dal lancio dei razzi palestinesi”.

Praticamente mai i funzionari del governo o dell’esercito mostrano le prove che gli individui presi a bersaglio si comportavano in modo violento o minacciavano i cittadini israeliani. Chiamarli semplicemente “terroristi” è una giustificazione sufficiente per ucciderli per via extragiudiziaria, senza ricorso ad un giusto processo o al rispetto del diritto internazionale, che proibisce tale pratica in modo incondizionato.

Il mio crimine era di protestare contro gli omicidi israeliani

Il 5 Gennaio del 2007, il Guardian di Londra intitolò con questo commento la prima intervista dell’attivista ebrea Tali Fahima, dopo il suo rilascio da una prigione israeliana. Mentre era seduta con le braccia ammanettate alle gambe di una sedia per 16 ore al giorno, i suoi carcerieri le dicevano di volerle insegnare a essere “una buona ebrea”. E’ stata in carcere per 30 mesi per aver viaggiato in Cisgiordania, “incontrando un agente nemico e traducendo un semplice documento dell’esercito”.

Ella spiegò e disse che i suoi crimini erano di aver rifiutato di lavorare con lo Shin Bet (il servizio segreto israeliano), di essere andata a trovare i palestinesi, e di aver quindi protestato contro la politica israeliana degli omicidi. E’ stata tenuta in isolamento per nove mesi. Infine, esortata dal suo avvocato, ha chiesto un accordo per una riduzione della pena, e ne è uscita sentendosi “indomita”. Ha appreso come lo Shin Bet “terrorizza” le persone, sia i palestinesi che gli ebrei. “Il governo non vuole che vediamo quello che viene fatto in nostro nome”.

L’8 Agosto del 2004, venne arrestata e nel Settembre venne messa in detenzione amministrativa. A Dicembre, venne accusata “di assistenza al nemico in tempo di guerra”. L’accusa era inventata e falsa. Nel Gennaio del 2005, il tribunale distrettuale di Tel Aviv decise che durante il processo doveva essere posta agli arresti domiciliari. L’alta corte di Gerusalemme annullò la sentenza, con la motivazione che ella “si era identificata con una causa ideologica”. Nel Dicembre del 2005, patteggiò la condanna per aver incontrato e aiutato un agente nemico e per essere entrata in territorio palestinese. Venne rilasciata nel Gennaio del 2006.

Si era sentita obbligata a compiere regolari visite a Jenin. A parlare con centinaia di persone, inclusi insorgenti palestinesi, e così sentì per la prima volta il loro punto di vista e come è dura la vita sotto l’occupazione. Per aver mostrato compassione e disaccordo rispetto alla politica israeliana, è stata tenuta in prigione per quasi 30 mesi in base a false accuse. Nemmeno gli ebrei sono al sicuro dalle dure punizioni di stato contro chiunque si ribelli o osi resistere all’ingiustizia.

La documentazione del Centro Palestinese per i Diritti Umani sugli omicidi mirati israeliani

Il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR), costituito nel 1995, opera a Gaza in modo indipendente e gode di “status consultivo” presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). E’ associato anche alla Commissione Internazionale dei Giuristi di Ginevra, alla Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH) di Parigi, al Network Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani di Copenhagen, all’Organizzazione Araba per i Diritti Umani del Cairo, e al Consorzio di Assistenza Legale Internazionale (ILAC) di Stoccolma.

I legali e gli attivisti palestinesi per i diritti umani lo hanno fondato per:

· “proteggere i diritti umani e promuovere lo stato di diritto”;
· Creare, sviluppare e promuovere una cultura democratica nella società palestinese;
· Lavorare per l’autodeterminazione e l’indipendenza della Palestina “in accordo con il diritto internazionale e le risoluzioni dell’ONU”.

Il PCHR pubblica documenti, fogli di documentazione, e rapporti, come i suoi resoconti quadrimestrali delle esecuzioni extragiudiziarie israeliane nei territori palestinesi occupati (OPT). Il suo ultimo rapporto concerne gli avvenimenti dall’Aprile al Giugno scorsi, mentre un rapporto più esteso concerne i dati compresi tra l’Agosto del 2006 e il Giugno del 2008.

Il PCHR afferma: “Queste [le uccisioni] sono state indagate e documentate in modo approfondito e se ne conclude che le IOF (Forze di Occupazione Israeliane) hanno continuamente agito nel più completo disprezzo delle vite (per la maggior parte innocenti) dei civili palestinesi nei territori occupati, e che le forze di occupazione hanno continuato ad attuare esecuzioni extragiudiziarie approvate dallo stato, (in violazione del) diritto internazionale umanitario…nella stragrande maggioranza dei casi…i sospetti avrebbero potuto essere arrestati, ma non è stato fatto nessuno sforzo…e sono stati invece uccisi per via extragiudiziaria” – seguendo la politica ufficiale di stato.

Il costo delle vite umane

Dall’inizio della seconda Intifada nel Settembre del 2000 fino al 30 Giugno del 2008, ed escludendo tutte le altre uccisioni di palestinesi, le forze israeliane hanno attuato 755 esecuzioni nei territori occupati. Le vittime includono 521 obbiettivi mirati e 233 astanti, inclusi 71 bambini e 20 donne. A Gaza, sono state uccise 405 persone. Altre 350 in Cisgiordania. I metodi utilizzati comprendono:

F-16, droni senza equipaggio, e missili lanciati da elicotteri; carri armati; lancia-missili e cannoniere;
Unità militari israeliane sotto copertura camuffate da palestinesi; costituite per la prima volta durante la prima Intifada (1987-1993); sono diventate più attive durante la seconda; potevano facilmente arrestare i sospetti ma invece li hanno uccisi a distanza ravvicinata; e le
Imboscate alle abitazioni prese di mira in Cisgiordania.

Il più delle volte, i civili vengono attaccati in casa, sui propri veicoli, per strada e nei posti di lavoro. Qualche volta vengono uccise intere famiglie, inclusi i bambini, le donne, gli anziani e gli infermi: tipico al riguardo un incidente del Luglio 2002. Il bersaglio era Salah Shehada, un leader delle brigate Ezzedeen Al-Qassam (il braccio armato di Hamas).

Le forze israeliane sapevano che stava con la moglie e i figli. Che vivevano in una zona residenziale densamente popolata, e l’ex capo di stato maggiore Moshe Ya’alon ammise di sapere che la moglie e la figlia di Shehada “erano vicine a lui durante l’esecuzione dell’omicidio…e non c’era altro modo di condurre l’operazione”. Un F-16 israeliano gli bombardò la casa, e la distrusse completamente. Anche due case adiacenti rimasero distrutte e altre 32 vennero danneggiate.

Il costo fu orrendo: 77 civili feriti; altri 16 uccisi, inclusi Shehada, sua moglie, sua figlia, un’assistente, otto bambini (uno di due mesi), due uomini anziani e due donne. Fu un atto criminale indifendibile e gratuito.

Nel Maggio del 2007, un missile aria-terra ha colpito la famiglia Al-Hayia, nella zona orientale di Gaza. Ha fatto centro. Sono stati uccisi sette membri della sua famiglia, un altro palestinese e il bersaglio dell’attacco, Sameh Saleh Farawana, attivista di Hamas. Oltre a questi, sono rimaste ferite altre tre persone.

Nel Luglio del 2006, i missili aria-terra hanno distrutto la casa di Nabil Abdol Latif Abu Selmeya, a Gaza City. Sono stati uccisi uccisi lui, sua moglie e sette figli. Inoltre, sono rimasti feriti 34 astanti, inclusi 5 bambini e 6 donne. Nell’operazione con cui Israele ha detto di aver colpito Mohammed Al-Deif – il leader del braccio armato di Hamas e a quanto pare l’uomo più ricercato da Israele – sono state anche danneggiate almeno 15 case vicine.

Nel Gennaio del 2008, un missile aria-terra ha colpito un veicolo civile che trasportava tre membri della famiglia Al-Yazji, uccidendo Mohammed Al-Yazji, suo figlio di cinque anni, e suo fratello di 40. Sono rimasti feriti anche tre astanti. Fonti delle forze israeliane hanno amesso in seguito che l’attacco era stato un errore e che avrebbe dovuto colpire un altro veicolo che trasportava attivisti della resistenza palestinese.

Nell’Agosto del 2007, un’operazione a Gaza vicino al valico internazionale di Rafah ha ucciso due civili, ne ha feriti altri 12 e ha leggermente ferito i tre attivisti presi di mira, che sono riusciti a fuggire. Alcuni istanti dopo, un altro veicolo è stato colpito nelle vicinanze uccidendo il guidatore, un astante civile, e ferendo altre 12 persone, incluso un bambino.

Nel Novembre del 2006, nella zona orientale di Gaza, è stato colpito un veicolo che trasportava Bassel Sha’aban Ubeid, un membro delle Brigate Ezzedeen Al-Qassam. Inoltre, sono rimasti feriti cinque membri della famiglia Amen, inclusi due bambini.

Nel corso del periodo suddetto, vi sono stati molti altri omicidi a Gaza e in Cisgiordania. Nel Novembre del 2006, quattro civili di Jenin. Nel Febbraio del 2007, altri tre a Jenin. Nel Marzo del 2008, quattro civili a Betlemme. Nei territori ne sono stati uccisi molti altri, a Ramallah, Nablus, Rafah, Khan Younis, Tul Karim, a Gaza e altrove – omicidi perpetrati contro attivisti, insorgenti, civili, donne e bambini, per il crimine di essere palestinesi che volevano l’auto-determinazione, la libertà, e il rispetto dei propri diritti in base al diritto internazionale. Da parte sua, Israele, con il sostegno e la complicità del mondo intero, continua a negare tali diritti con la repressione e l’illegalità.

Le esecuzioni extragiudiziarie nell’ultimo periodo preso in considerazioneAprile-Giugno 2008

Durante questo periodo, le forze israeliane hanno condotto otto esecuzioni extra-giudiziarie nei territori occupati, uccidendo un totale di 16 persone, inclusi due astanti. Due operazioni sono state condotte in Cisgiordania. Le altre sei a Gaza.

Il 14 Aprile, un missile aria-terra ha ucciso Ibrahim Mohanned Abu’Olba, il leader delle Brigate della Resistenza Nazionale (il braccio armato del Fronte di Liberazione della Palestina) nella zona nord di Gaza. Sono rimasti feriti anche due civili, incluso un ragazzo di 15 anni. Sono rimaste danneggiate anche un certo numero di case vicine.

Il 15 Aprile, un missile aria-terra ha ucciso Abdullah Mohammed al-Ghassain, attivista delle brigate Al-Quds (il braccio armato della Jihad islamica) nella zona nord di Gaza. Altri tre sono rimasti feriti.

Il 17 Aprile, le forze israeliane hanno assediato un edificio del villaggio Qabatya, a sud-est di Jenin, nella zona nord della Cisgiordania. Hanno aperto il fuoco contro un’automobile civile, hanno ordinato alle persone di uscire dall’edificio e, dopo aver sparato alcuni proiettili, lo hanno demolito con un bulldozer. Dentro sono stati poi ritrovati due palestinesi morti.

Il 20 Aprile, un missile aria-terra ha ucciso Nour al-Dibari, a Gaza. Un secondo missile ha colpito un gruppo di palestinesi che stavano appena uscendo da una drogheria. Il proprietario è rimasto seriamente ferito, così come suo figlio. Almeno un altro palestinese è rimasto parimenti ferito.

Il 29 Giugno, le forze israeliane sono entrate a Tuba, nella zona nord della Cisgiordania, e hanno teso un agguato mortale a un gruppo di ragazzi palestinesi che stavano gettando pietre e bottiglie molotov a dei veicoli militari. Hanno aperto il fuoco e hanno ucciso un sedicenne con numerosi colpi al petto e all’addome.

Il PCHR afferma “che il governo di Israele continua ad agire in modo avventato e nel più completo disprezzo dei diritti umani del popolo palestinese, incluso il suo diritto alla vita” e alla sicurezza. Israele non è neppure riuscita “ad adempiere i propri doveri secondo il diritto umanitario, inclusa la Quarta Convenzione di Ginevra”. Nessun rappresentante delgoverno israeliano ha voluto rilasciare commenti al riguardo.

Stephen Lendman è un ricercatore associato al Centre for Research on Globalization [Centro Studi sulla Globalizzazione].
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.countercurrents.org/lendman191108.htm