Non tutti gli ebrei la pensano come Pacifici


IL NEGAZIONISMO NON E' MATERIA PENALE

Di Geoffrey Alderman, 30 Ottobre 2008[1]

LE LEGGI CONTRO I NEGAZIONISTI DELL'OLOCAUSTO RIENTRANO IN UN TREND PERICOLOSO.

Nel suo numero del 3 Ottobre, il JC [Jewish Chronicle] ha raccontato la storia dell’arresto, all’aeroporto di Heathrow in base ad un Mandato d’Arresto Europeo emesso dal governo tedesco, di un negazionista di origine tedesca, Fredrick Töben. Töben attualmente è cittadino australiano. Non importa; era arrivato a Heathrow dagli Stati Uniti, in viaggio per Dubai. La polizia lo ha arrestato perché il governo tedesco ritiene che egli abbia continuato a pubblicare materiale su internet negando o “minimizzando” l’Olocausto nazista degli ebrei.

Nel 1999, Töben scontò una condanna in Germania dopo aver pubblicato dei pamphlet che negavano lo sterminio degli ebrei ad Auschwitz. In seguito alla sua comparsa, all’inizio del mese, davanti ai magistrati di Londra, si dice che un portavoce del Community Security Trust abbia elogiato l’azione delle autorità inglesi in esecuzione al Mandato d’Arresto Europeo, e abbia espresso la speranza che la legge tedesca “faccia il suo corso”.

Spero che nulla del genere accada a Töben. Spero che il mandato di estradizione venga annullato, in modo che Töben sia di nuovo libero di girare il mondo negando l’Olocausto a proprio piacimento. Spero anche che non solo questo genere di incidenti non accadano più in questo paese, ma che il governo inglese chieda che le leggi tedesche (e austriache) che criminalizzano la negazione dell’Olocausto vengano abrogate il prima possibile.

E’ stato scritto molto, sulla stampa, sul trattamento vergognoso subito da Töben. La mia collega editorialista del JC Melanie Phillips ha giustamente condannato questo trattamento come una negazione della libertà di parola. Il 10 Ottobre, Anshel Pfeffer ha giustamente sostenuto sul JC che perseguire i negazionisti dell’Olocausto è uno spreco di denaro, con il solo risultato di dare a questi detestabili deficienti l’attenzione che cercano. Concordo totalmente con tutto ciò. Ma le mie preoccupazioni sul caso Töben sono molto più profonde.

Le mie preoccupazioni hanno a che fare con la tendenza allarmante degli stati-nazione a criminalizzare il passato e, in particolare, con una pessima proposta ora sotto esame da parte dell’Unione Europea, per costringere gli stati membri dell’Unione a rafforzare particolari interpretazioni della storia sotto le vesti di “combattere il razzismo e la xenofobia”. Questa proposta viene (sorpresa, sorpresa!) dal governo tedesco, il cui Ministro della Giustizia vuole, a quanto pare, realizzare una situazione in cui “scusare, negare o banalizzare pubblicamente in modo grave i reati di genocidio, di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra” verrebbe punito, in tutta l’Unione, con una pena da uno a tre anni di carcere.

Domandatevi in che modo una legge così folle potrebbe essere rafforzata, e con quali risultati. Domandatevi chi deciderà se un particolare avvenimento storico equivale a un “genocidio”. Domandatevi con quale grottesco criterio la banalizzazione di, diciamo, un crimine di guerra equivale a una “grave” banalizzazione. Ma, mentre iniziate a rispondere a queste domande, tenete presente quanto segue. In Turchia, attualmente, è reato penale dire che il trattamento degli armeni da parte dei turchi ottomani 90 anni fa, o giù di lì, equivale a un genocidio. In Svizzera però è reato penale dire l’esatto contrario. In Francia, nel 1995, il rinomato storico ebreo del mondo orientale e dell’Islam Bernard Lewis (nato a Stoke Newington, e ora professore all’Università di Princeton) è stato in effetti condannato per aver scritto un articolo (su Le Monde) in cui sosteneva che, sebbene gli armeni fossero stati brutalmente repressi, questo trattamento non equivaleva a un genocidio perché i massacri che ebbero luogo non furono né controllati né ispirati dal governo.

Come il rinomato storico inglese Timothy Garton Ash (professore a Oxford) ci ricorda sul Guardian (del 16 Ottobre), secondo una legge francese promulgata nel 2001, lo schiavismo è stato designato quale crimine contro l’umanità. Se, mentre mi trovo in Francia in vacanza, vengo sentito casualmente dire che lo schiavismo non fu in realtà un crimine contro l’umanità, rischio di essere trascinato in tribunale? E se scappo in Inghilterra i ragazzi in divisa blu mi arresteranno qui grazie a un Mandato d’Arresto Europeo ispirato dalla Francia? O supponiamo che dichiari che l’uccisione dei palestinesi a Deir Yassin nel 1948 non fu un crimine di guerra. Se le proposte dell’Unione Europea fossero attuate, rischierei la galera solo perché ho esercitato il mio giudizio professionale in un modo che ha offeso qualche propagandista arabo?

Il compito dello storico è di indagare, verificare, sfidare e, se necessario, correggere, la memoria collettiva della società. In questa funzione, lo stato non deve avere alcun ruolo, proprio nessuno. Certamente non in Inghilterra, che si compiace di presentare sé stessa come un bastione di libertà accademica.

[1] http://www.thejc.com/articles/denial-not-a-criminal-matter