La storia di Angela - parte prima


LA DISTRUZIONE DI DRESDA[1]

13 Febbraio del 1945. Avevo otto anni e mezzo. Le scuole erano chiuse. I ristoranti, le stazioni ferroviarie, erano stracolmi di profughi e di feriti. Era martedì grasso. Un giorno di festa, simile al Mardi Gras di New Orleans. Ma avevamo poco o nulla da mangiare, e molti profughi si rifugiavano a Dresda fuggendo dall’incombente Armata Rossa, lasciandosi ogni cosa alle proprie spalle. Cercavano un posto sicuro fino a che la guerra non fosse terminata. Quale errore.

Erano circa le 21.30, il mio fratellino ed io eravamo in camera da letto, con delle tendine verde scuro tirate in modo che non fosse visibile nessuna luce dall’esterno. Notai che fuori era molto luminoso. Era così luminoso che si poteva leggere il giornale senza difficoltà. Mi alzai per andare da mia madre che stava ascoltando la radio, la BBC, che era “illegale”. Non dovevamo sapere quelle che succedeva in guerra, era permesso solo quello che ci dicevano le stazioni-radio nazionali, che erano controllate.

Improvvisamente il palazzo si mise a tremare, le bombe cadevano dappertutto intorno a noi e, come ci era stato insegnato, ci mettemmo le nostre “tute da lavoro”, chiamate ora tute sportive, afferrammo lo zaino (che mia madre aveva preparato per noi bambini nel caso dovessimo fuggire dall’Armata Rossa) e andammo nel seminterrato insieme a tutti gli altri del palazzo. Le bombe cadevano dappertutto intorno a noi, il palazzo tremava e vibrava. Questo durò circa mezz’ora. Quando uscimmo dalla cantina, mia madre come responsabile dei soccorsi dovette lasciarci per aiutare altre persone le cui case stavano bruciando, la nostra era ancora in piedi ma tutte le finestre erano andate in pezzi, e le nostre tendine del secondo piano penzolavano a pezzi sopra la strada. Quasi tutti i palazzi del nostro quartiere erano avvolti dalle fiamme. Improvvisamente sentii UNA sirena suonare da qualche parte in direzione ovest.

Mia madre tornò, e tornammo in cantina. Adesso volevamo andare via di lì, mia madre prese delle coperte e degli asciugamani inzuppati nell’acqua da una tinozza che era lì a quello scopo, li avvolgemmo sui nostri corpi e sulla testa per impedire alle fiamme di attaccarsi a noi, e ci dirigemmo verso la nostra scuola. Non dimenticherò mai quella visione, ogni edificio sembrava un carbone ardente, con le travi d’acciaio di un rosso più scuro. Vedemmo la “tempesta di fuoco” proprio davanti a noi e dovemmo indietreggiare. Durante questo secondo raid rimanemmo nella scuola, circondati da soldati feriti. Il mattino dopo mia madre e un nostro vicino tornarono a casa, che era totalmente crollata. Mia madre lasciò un biglietto sulle rovine, come facevano molti altri, nel caso qualcuno ci cercasse, solo per fargli sapere che eravamo vivi. Non sapevamo dove andare tranne che, per il momento, tornare nella scuola.

Centinaia, migliaia di persone lasciavano la città in fiamme cercando salvezza, e il flusso principale era vicino a noi, così ci unimmo a loro, sperando che i pericoli fossero finiti. Non lo erano.

Angela, 23 Marzo 2003

Angela alla fine si trasferì negli Stati Uniti, ed è morta nel Settembre 2004.
[1] http://www.timewitnesses.org/english/~angela.html