Un altro editoriale del Telegraph su Töben


NESSUNO E' AL SICURO DAL LUNGO BRACCIO DELLA LEGGE EUROPEA[1]

Di Philip Johnston, 6.10.2008

Ecco qualcosa che il governo ci aveva detto che non sarebbe mai accaduto. Quando l’Inghilterra firmò il Mandato d’Arresto Europeo sei anni fa, i critici fecero notare che una persona poteva venire estradata in un altro stato dell’Unione Europea per essere processata per qualcosa che in Inghilterra non è reato e che non è stato neppure commesso nel paese richiedente. I Ministri liquidarono queste preoccupazioni come fantasiose, ma è quello che è accaduto.

Un insegnante australiano è attualmente in prigione a Londra, in seguito al suo arresto all’aeroporto di Heathrow da parte della polizia inglese, che ha eseguito un mandato emesso dalle autorità tedesche.

Gerald Töben, 64 anni, è ricercato in Germania per il reato di “negazione dell’Olocausto”. Un tempo esisteva una fondamentale protezione nella legge inglese, secondo cui nessuno avrebbe potuto essere processato in un’altra giurisdizione per qualcosa che qui non era reato. Era chiamato il principio della doppia imputazione. Tuttavia, quando il Mandato d’Arresto Europeo è stato redatto, questo principio è stato rimosso da una lista di 32 reati, che include quello di “razzismo e xenofobia”.

Questi reati non hanno l’equivalente nel nostro paese; ma ora è chiaro che negare l’Olocausto, o “diffamare i morti”, ricade nella categoria. Inoltre, Töben non ha commesso i presunti reati in Germania e neppure all’interno dell’UE.

Il mandato di cattura, emesso nel 2004, presume che egli abbia effettuato dall’Australia (dove neppure è un reato) la “pubblicazione mondiale su internet” di materiale che negava, approvava o minimizzava lo sterminio degli ebrei perpetrato dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.

Pochi anni fa, i Ministri avevano assicurato che un cittadino inglese con residenza in Inghilterra che avesse pubblicato simili opinioni su un sito web accessibile in Germania non sarebbe stato estradato. Tuttavia, la legge lascia ai tribunali di decidere il luogo del reato. Se un cittadino straniero può essere tenuto in prigione per qualcosa che non è un reato né nel suo paese né in questo, c’è chiaramente qualcosa che non va, qualunque cosa si pensi dell’individuo in questione.

Quando il Mandato d’Arresto Europeo è entrato in funzione, i Ministri dissero che l’Inghilterra aveva leggi simili alla negazione dell’Olocausto, come l’istigazione all’odio razziale, ma non è la stessa cosa.

L’Inghilterra non ha il reato di “razzismo”, sebbene sia illegale istigare all’odio razziale in un modo che potrebbe turbare l’ordine pubblico – una legge utilizzata contro islamisti radicali che fomentano la violenza su internet. Non c’è neppure nessuna definizione legale di “xenofobia”. In questo paese è sempre valso il principio che le opinioni, per quanto discutibili e offensive, come quelle di Töben indubbiamente sono, possano essere espresse liberamente, fatto salvo che non provochino violenza o disordini.

Il caso in questione mette a nudo il problema fondamentale del Mandato d’Arresto Europeo. Esso presume che i sistemi legali di tutti i paesi firmatari contengano le stesse garanzie e riflettano priorità culturali condivise. Ma non è così.

La maggior parte delle giurisdizioni continentali, per esempio, non hanno l’habeas corpus; così è possibile venire estradati senza nessuna prova “prima facie” che un reato sia stato commesso, ed essere detenuti per mesi o per anni, mentre si indaga prima che l’accusa sia stata formulata. Da noi, questo non può avvenire; ma sotto il Mandato d’Arresto Europeo, si presume che le udienze siano una formalità e il paese richiedente non deve presentare le prove di un caso fondato.

All’accusato non è neppure permesso di sostenere che non avrà un giusto processo; di nuovo, la presunzione è che lo avrà. La legge inglese ha avuto per molto tempo come principio stabile quello di non permettere estradizioni verso giurisdizioni le cui procedure erano considerate ingiuste. Questo è il problema di un altro caso giudiziario che vede coinvolto uno studente inglese di 19 anni chiamato Andrew Symeou, che è ricercato dalle autorità greche per un’inchiesta sulla morte di Jonathan Hiles, di 18 anni, gallese.

Quest’ultimo ha subìto ferite alla testa quando è caduto da un podio in un locale notturno nell’isola greca di Zacinto, nel Luglio scorso. Symeou è stato arrestato con il Mandato d’Arresto Europeo anche se sostiene di non essere stato presente in quel locale all’epoca. Non c’è ragione per prenderlo necessariamente in parola e c’è bisogno di un’indagine adeguata per dare giustizia alla famiglia sconvolta di Hiles.

Ma non è questo il punto. Nell’attuazione dell’integrazione giudiziaria europea, viene messo da parte un principio fondamentale della legge inglese, maturato nel corso dei secoli: che per un reato commesso vengano richieste prove “prima facie”, prima che qualcuno venga giudicato. Nel caso Symeou, queste non sono state prodotte, e tuttavia potrebbe passare dei mesi in prigione prima che lo siano. Nel caso di Töben, non c’è nemmeno il reato previsto dalla nostra legge o da quella dell’Australia, dove ora vive.

C’è un modo per evitare di incarcerare qualcuno per negazione dell’Olocausto in Inghilterra, dove non è un reato – ed è quello di farlo diventare un reato anche qui. Questo è già stato proposto dalla Commissione Europea. Il reato verrebbe punito fino a tre anni di reclusione; anche indossare una svastica porterebbe in carcere, cosa che sarebbe stata una brutta notizia per il Principe Harry qualche anno fa.

Il Mandato d’Arresto Europeo è stato approvato in fretta in seguito all’11 Settembre, apparentemente per rendere più facile l’estradizione di sospetti terroristi, ma in realtà per velocizzare la creazione di un’area giudiziaria europea comune. Viene ora usato come copertura per l’estensione dei reati d’opinione.
[1] http://www.telegraph.co.uk/opinion/main.jhtml?xml=/opinion/2008/10/06/do0604.xml