Il vero volto dell'ADL


QUAL’E’ IL VERO PROGRAMMA ETNICO/RAZZIALE DELL’ADL?
 
Di Paul Grubach[1]
 
L’Anti-Defamation League of B’nai B’rith (ADL) è probabilmente ben conosciuta dalla maggior parte dei lettori di questo sito. Questa organizzazione religiosa ebraico-sionista, esente da tasse, e con sede a New York, con aderenti in quarantadue paesi, afferma di essere una delle più importanti organizzazioni per i diritti civili del mondo, e presuntamente, tra i suoi principali scopi vi sono quelli di impedire le discriminazioni e di garantire eguali diritti per tutti.[2] Indubbiamente, il programma socio-politico dell’ADL riflette i desideri di una parte significativa della comunità ebraica internazionale. Questo è il motivo per cui è importante porre la domanda: qual è il vero programma etnico dell’ADL?
 
L’ADL predica l’integrazione razziale, l’eguaglianza razziale e il multiculturalismo, poiché uno dei suoi slogan più popolari è il seguente: “La diversità è la nostra forza più grande.”[3] Questa lobby assai influente sponsorizza attività che esortano le persone “a rifiutare le divisioni razziali”, e condanna la discriminazione contro gli ebrei in cerca di alloggio come “una forma assai insidiosa di antisemitismo”.[4] Un obbiettivo fondamentale della sua attività negli Stati Uniti negli anni ’60 fu l’attuazione del Civil Rights Act del 1964.[5] Questa legislazione ha contribuito a creare una società razzialmente integrata negli Stati Uniti. L’ADL rifiuta infatti tutte le forme di “dominio razziale”. Vale a dire, quelle situazioni in cui un gruppo etnico domina su un altro, poiché l’ADL è particolarmente ostile verso tutte le manifestazioni di “supremazia bianca.” Dove coesistono differenti etnie nella stessa nazione, l’ADL si pone come una forte fautrice di una società integrata in cui tutte le etnie convivano tra eguali.

I critici tuttavia hanno affermato che questo “programma morale” dell’ADL è, in massima parte, una facciata ideologica, un metodo per promuovere furtivamente gli interessi ebraico-sionisti sotto le vesti della moralità. [6] Secondo questo punto di vista, l’opposizione pubblica contro la discriminazione etnico/razziale viene utilizzata al servizio del nazionalismo etnico/culturale ebraico-sionista dell’ADL. L’ADL predica l’eguaglianza universalistica e la mescolanza razziale per i non ebrei mentre conserva un’identità di gruppo esclusivista/separatista per gli ebrei. Il giudaismo si è caratterizzato [storicamente] per una separazione genetica e culturale dagli altri gruppi umani, e per un esplicito doppio metro di moralità: altruismo e cooperazione tra gli ebrei, ma competizione con i non ebrei. [7] Perciò, secondo questo punto di vista, le comunità ebraiche che risiedono fuori d’Israele – dove gli ebrei sono una minoranza – hanno bisogno di una nazione che tolleri la loro politica a lungo termine di non assimilazione e la loro solidarietà di gruppo. In una società integrata composta da una varietà di etnie differenti e competitive, tutte con interessi divergenti, è molto difficile sviluppare un movimento coeso di non ebrei che si opponga all’ebraismo organizzato. Inoltre, nelle società integrate fuori d’Israele, in cui i non ebrei hanno solo un senso debole e precario della propria identità, è meno probabile che gli ebrei vengano identificati come un elemento ostile, non assimilabile e estraneo. Di conseguenza, nelle società integrate e multiculturali fuori d’Israele, gli ebrei possono guadagnare potere e influenza.

E allora come la mettiamo? L'ADL è davvero interessata a creare società multiculturali dove tutte le etnie coesistano su una base di eguaglianza, dovunque nel mondo? Oppure questo programma multiculturale è in realtà una maschera ideologica sotto cui l’ADL promuove un programma ebraico-sionista: dominio ebraico in Israele dove gli ebrei sono la maggioranza, ma “eguaglianza razziale” e multiculturalismo fuori d’Israele affinché le comunità ebraiche beneficino enormemente di tale programma?
 
Fortunatamente, ci viene offerta una situazione nella quale possiamo mettere alla prova queste due ipotesi contrastanti: la nazione d'Israele. In un vecchio numero del New York Times, ci fu un articolo controverso che discuteva la proposta di sostituire lo stato sionista d’Israele con uno stato ebraico-arabo: uno stato bi-nazionale, etnicamente integrato e secolare, dove ebrei e arabi avrebbero vissuto insieme come eguali, sia da un punto di vista politico che sociale. Cito le parole dell’articolo: “L’impensabile è che Israele venga sostituito da uno stato bi-nazionale in cui ebrei e palestinesi vivrebbero insieme in democratica armonia.”[8]
 
Il presidente nazionale dell’ADL Barbara B. Balser rispose all’articolo con una sua “lettera all’editore”. Questa missiva esprime a quanto pare la politica ufficiale, definitiva, dell’ADL. Costoro rifiutano l’idea di uno stato bi-nazionale, etnicamente integrato e secolare in Medio Oriente, dove ebrei e arabi potrebbero vivere insieme come eguali. Essi etichettano tutto ciò come un “insidioso sforzo anti-israeliano”, e “uno sforzo per distruggere la sovranità ebraica sulla Terra Santa.” Essi vogliono chiaramente conservare la sovranità ebraica (leggi: il dominio ebraico sulla regione—uno stato dove gli ebrei sono segregati da, e conservano il dominio su, i non ebrei). [9] Questo ci suggerisce che quello che i critici dell’ADL dicono è vero. Se il motivo principale dell’ADL era di promuovere l’eguaglianza e il multiculturalismo, e la cessazione di tutte le forme di supremazia razziale e etnica, allora ci saremmo dovuti aspettare che promuovesse questo programma in Israele (dove gli ebrei sono la maggioranza), in modo altrettanto appassionato di come lo promuove in ogni altra parte del mondo (dove gli ebrei sono una minoranza). Ma non è questo il caso. In massima parte, l’ADL promuove l’integrazione e il multiculturalismo dovunque fuori d’Israele perché in tal modo fa avanzare il nazionalismo ebraico e permette agli ebrei di acquisire potere e influenza nelle società non ebraiche. E cioè, l’universalismo e gli appelli per l’eguaglianza vengono utilizzati per favorire il nazionalismo ebraico più settario. E’ difficile credere che costoro credano sinceramente negli ideali dell’eguaglianza e del multiculturalismo quando essi sono i sostenitori più ardenti d’Israele, una società separata e diseguale in cui la discriminazione è parte dell’ordine costituito e la supremazia ebraica è fissata per legge.[10]
 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è consultabile all’indirizzo: http://www.codoh.com/zionweb/zionpgadl.html
[2] Vedi il sito dell’ADL all’indirizzo: http://www.adl.org/ . Vedi anche Lee O’Brien, American Jewish Organisations and Israel, Washington, Institute of Palestine Studies, 1986, pp. 93-103.[3] Vedi la pubblicazione dell’ADL: ADL On the Frontline [L’ADL in prima linea], estate 1997, p. 8.
[4] ADL On the Frontline, Settembre/Ottobre 1997, p. 13; ADL On the Frontline, Giugno 1998, p. 7.
[5] O’Brien, pp. 93-94.
[6] Per esempio, vedi il dibattito epistolare di Paul Grubach con il direttore dell’ADL Abraham Foxman: http://www.washington-report.org/archives/April_2000/0004072.html
[7] Kevin MacDonald, A People that Shall Dwell Alone: Judaism as a Group Evolutionary Strategy [Un popolo che abiterà da solo: il giudaismo come una strategia evolutiva di gruppo], Westport, Connecticut, 1994; Kevin MacDonald, The Culture of Critique: An Evolutionary Analysis of Jewish Involvement in Twentieth-Century Intellectual and Political Movements [La cultura della critica: un’analisi evolutiva del coinvolgimento ebraico nei movimenti intellettuali e politici del ventesimo secolo], Westport, 1998.
[8] Edward Rothstein, “Seeking an Alternative to a Jewish State”, New York Times, 22 Novembre 2003.
[9] Barbara B. Balser, Letter to the Editor, The New York Times, 25 Novembre 2003. In rete: http://ww.adl.org/media_watch/newspapers/20031125-nytimes.htm
[10] Uri Davis, Israel: an Apartheid State, London, 1987; Ian Lustick, Arabs in the Jewish State: Israel’s Control of a National Minority, Austin, Texas, 1980.