Donne in Nero


NELLO STATO D’ISRAELE LA MADRE EBREA STA SCOMPARENDO

Di Nurit Peled-Elhanan[1]

Ringrazio le Donne in Nero per avermi invitato a parlare qui oggi.

In questo momento mi piacerebbe dedicare le mie parole ai bambini della Striscia di Gaza, che stanno deperendo lentamente a causa della fame e delle malattie, e alle loro madri, che continuano a portare alla luce bambini, a nutrirli e a educarli meravigliosamente. Il tasso di alfabetizzazione nella Striscia di Gaza oggi sta al 92% - tra i più alti del mondo, e tutto ciò nel più terribile campo di concentramento della terra, i cui residenti vengono strangolati mentre il mondo civilizzato guarda in silenzio.

Vorrei che potessimo celebrare oggi la conclusione delle attività delle Donne in Nero. Ma la verità è che le loro attività stanno diventando ogni giorno più dure.

In uno stato in cui comandano gli dei della morte e del denaro, in uno stato dove l’economia prospera mentre i bambini vengono affamati, dove gli eroi sono assassini spudorati, dove i capi ammettono apertamente e pubblicamente che la vita umana non vale un fico ai loro occhi, uno stato che manda i suoi figli ad essere uccisi senza nemmeno preoccuparsi di inventare una ragione per questo, in uno stato che imprigiona milioni di esseri umani e li rinchiude e uccide lentamente, la voce calma e persistente delle Donne in Nero costituisce la voce più forte di rifiuto.

Le Donne in Nero sono l’esempio e il metro di paragone del rifiuto di adorare il dio della morte, il rifiuto di obbedire alle leggi razziste dello Stato d’Israele.

L’azione delle Donne in Nero, costituisce in sé stessa il rifiuto dell’educazione razzista e dell’avvelenamento ordinario e sistematico delle menti che sorregge le scuole, i media e i discorsi dei rappresentanti eletti della nazione.

Nello Stato d’Israele la madre ebrea sta rischiando l’estinzione.

La madre ebrea al giorno d’oggi è chiusa nei quartieri come Mea Shearim;[2] lì le madri proteggono i loro figli dall’esercito, e fuori di questi quartieri la voce della madre ebrea non è ascoltata, tranne che da organizzazioni come Donne in Nero, che vengono di solito condannate e diffamate dalla società.

Lo Stato d’Israele condanna e diffama la voce della madre ebrea, che è la voce della compassione, della tolleranza e del dialogo.

Lo Stato d’Israele fa tutto quello che può per fare in modo che questa voce sia messa a tacere per sempre.

All’infuori delle organizzazioni pacifiste che sono generalmente considerate marginali ed estremiste, la voce della madre ebrea ha smesso da lungo tempo di essere una voce materna. La madre israeliana, come esiste oggi, incarna una maternità che è distorta, smarrita, confusa e malata.

Le madri ebree come Yochabad, la madre di Mosè; come Rachele, che pianse i suoi figli e rifiutò di essere consolata; come Madre Coraggio; la madre che non può trovare conforto e rimedio nella morte dei figli di un’altra madre, è stata sostituita da madri che non sono altro che golem che si sono rivoltati contro i loro creatori e che sono più terribili e crudeli di essi, che consacrano il loro grembo allo stato dell’apartheid e all’esercito di occupazione, che educano i loro figli ad un razzismo intransigente e sono preparate a sacrificare i frutti del loro ventre sull’altare della megalomania, dell’avidità e della ferocia dei loro capi.

Madri di questo tipo si trovano anche tra gli insegnanti e gli educatori dei nostri giorni.

E solo le donne che stanno qui settimana dopo settimana, alla pioggia e al sole, sono l’unica testimonianza che la voce dell’altra maternità, quella naturale, non è completamente scomparsa dalla faccia di questa terra desolata, di questa che una volta era la Terra Santa…

Sono pochi i genitori in Israele che ammettono con sé stessi che gli assassini dei bambini, i distruttori di case, gli estirpatori degli alberi di olivo e gli avvelenatori dei pozzi non sono altro che i loro bei figli e figlie, i loro bambini che sono stati educati in questo paese, negli anni di scuola, all’odio e al razzismo.

I bambini che hanno imparato per 18 anni ad aver paura e a disprezzare lo straniero, ad aver sempre paura dei vicini, dei non ebrei, bambini che sono stati cresciuti con la paura dell’Islam – una paura che li prepara ad essere soldati brutali e discepoli di sterminatori. E non solo questi ragazzi e ragazze uccidono e tormentano; essi agiscono così con il pieno sostegno di Mamma, con la piena approvazione di Papà, incoraggiati da quest’intera nazione, che non solleva neppure un sopracciglio per la morte dei bambini, dei vecchi e dei disabili.

Una nazione che si stringe intorno a piloti che non sentono niente tranne il contraccolpo sull’ala dell’aereo quando gettano le bombe su intere famiglie e le uccidono.[3]

Nell’inferno in cui viviamo, nell’inferno quotidiano in cui si agita e cresce il regno sotterraneo dei bambini morti, il ruolo delle Donne in Nero, le mamme e le nonne che rimangono in questa piazza[4] – e in piazze simili in tutto il mondo – è quello di essere il custode della maternità assennata e naturale e di assicurare che la sua voce non sia messa a tacere e non scompaia dalla faccia della terra.

Per ricordare ad un mondo che ha perduto la propria immagine di umanità che noi tutti siamo stati fatti a Sua Immagine; per dire – invariabilmente e instancabilmente – a dispetto del Muro dell’apartheid, a dispetto dell’assedio crudele di Gaza, a dispetto delle guerre senza motivo, e a dispetto della furia dei capi di questo paese, che sono tutti dal primo all’ultimo criminali contro l’umanità, che la voce delle donne e delle madri – la voce della compassione, della giustizia e della speranza – non sarà messa a tacere. Più potere a voi.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato all’indirizzo: http://www.globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=7730
[2] Un quartiere ebraico ultra-ortodosso di Gerusalemme in cui la maggior parte dei residenti non riconoscono lo Stato d’Israele e non fanno il servizio militare.
[3] Il riferimento è al pilota dell’esercito israeliano ed ex capo di stato maggiore Dan Halutz che, quando gli venne chiesto da un giornalista – poco dopo che l’aviazione israeliana gettò una bomba da una tonnellata su un edificio nella Striscia di Gaza uccidendo numerosi civili – quello che sentiva come pilota quando gettava una bomba, replicò “Sento un leggero contraccolpo sull’ala quando la bomba viene gettata”.
[4] La piazza Paris Square a Gerusalemme.