Un articolo di Jimmy Carter sui palestinesi


UN CRIMINE CONTRO I DIRITTI UMANI


di Jimmy Carter, 8 Maggio 2008


Il mondo sta assistendo a un terribile crimine contro i diritti umani a Gaza, dove un milione e mezzo di esseri umani vengono tenuti prigionieri senza quasi nessun accesso al mondo esterno. E' un'intera popolazione a essere brutalmente punita.


Questo macroscopico maltrattamento dei palestinesi di Gaza è stato drammaticamente intensificato da Israele, con l'aiuto degli Stati Uniti, dopo che i rappresentanti politici di Hamas avevano conquistato, nel 2006, la maggioranza dei seggi nel parlamento dell'Autorità Palestinese. Quelle elezioni vennero unanimemente giudicate eque e oneste da tutti gli osservatori internazionali.


Israele e gli Stati Uniti hanno rifiutato di accettare il diritto dei palestinesi a formare un governo di unità nazionale con Hamas e Fatah e ora, dopo una lotta intestina, è solo Hamas che controlla Gaza. Quarantuno dei quarantatre candidati vittoriosi di Hamas che vivevano in Cisgiordania sono stati imprigionati da Israele, più altri dieci che avevano assunto incarichi nel governo di coalizione dalla breve vita.


A prescindere dalle valutazioni personali sulla lotta intestina tra Fatah e Hamas all'interno della Palestina occupata, dobbiamo ricordare che le sanzioni economiche e le restrizioni sul rifornimento di acqua, cibo, elettricità e carburante stanno provocando sofferenze estreme tra la popolazione innocente di Gaza, di cui un milione circa è costituita da profughi.


Le bombe e i missili israeliani colpiscono la zona regolarmente, provocando un alto numero di vittime sia tra i militanti che tra le donne e i bambini innocenti. Prima dell'uccisione, di cui si è molto parlato, di una donna e dei suoi quattro bambini la scorsa settimana, questa situazione era stata illustrata da un rapporto di B'Tselem, la principale organizzazione israeliana per i diritti umani, secondo la quale sono stati uccisi 106 palestinesi tra il 27 Febbraio e il 3 Marzo. Cinquantaquattro di essi erano civili, e 25 avevano meno di 18 anni.


Nel corso di un recente viaggio in Medio Oriente, ho cercato di acquisire una migliore conoscenza della crisi. Una delle mie visite è stata a Sderot, una comunità di circa 20.000 persone nel Sud d'Israele, frequentemente colpita dai razzi lanciati dalla vicina Gaza. Ho condannato tali attacchi come abominevoli atti di terrorismo, poiché la maggior parte delle 13 vittime - negli ultimi 7 anni - erano non-combattenti.


In seguito, mi sono incontrato con alcuni capi di Hamas - una delegazione proveniente da Gaza e i vertici dell'organizzazione residenti a Damasco. Ho espresso loro la medesima condanna, e li ho spronati a dichiarare un cessate-il-fuoco unilaterale, o a concordare con Israele un accordo reciproco per far cessare ogni azione militare all'interno o nei pressi di Gaza per un lungo periodo.


Mi hanno risposto che in passato un tale passo da parte loro non è stato ricambiato, e mi hanno ricordato che Hamas aveva a suo tempo insistito per un cessate-il-fuoco in tutta la Palestina, incluse Gaza e la Cisgiordania, proposta rifiutata da Israele. Dopodiché Hamas inoltrò una proposta pubblica di cessate-il-fuoco reciproco limitato alla sola Gaza, anch'essa respinta da Israele.


Vi sono argomenti appassionati, espressi da entrambe le parti, sulle colpe per la mancanza di pace in Terra Santa. Israele ha occupato e colonizzato la Cisgiordania palestinese, la cui estensione equivale a circa un quarto della nazione israeliana. Alcune fazioni religiose israeliane rivendicano un diritto alla terra su entrambe le rive del Giordano, altre ancora sostengono che i loro 205 insediamenti - per complessive 500.000 persone - sono necessari per la "sicurezza".


Tutte le nazioni arabe hanno acconsentito a riconoscere Israele senza riserve se essa accetterà le risoluzioni-chiave delle Nazioni Unite [che la riguardano]. Hamas ha accettato ogni accordo di pace tra il presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, e il primo ministro israeliano Ehud Olmert, purché venga sottoposto all'approvazione di un referendum da parte del popolo palestinese.


In questo c'è una promessa di progresso ma, nonostante la breve fanfara e le dichiarazioni ottimiste della conferenza di pace lo scorso Novembre a Annapolis, il processo di pace è regredito. Sono state annunciate 90.000 nuove unità abitative israeliane nei territori occupati; il numero dei blocchi stradali dentro la Cisgiordania è aumentato; e lo strangolamento di Gaza è stato rafforzato.


E' normale che altri leader si rimettano alla volontà degli Stati Uniti quando i negoziati di pace sono cruciali, ma il mondo non può rimanere passivo mentre gli innocenti vengono trattati in modo crudele. E' tempo che le voci forti in Europa, negli Stati Uniti, in Israele e altrove parlino senza paura e condannino la tragedia umanitaria che ha colpito il popolo palestinese.


Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all'indirizzo: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2008/may/08/israelandthepalestinians