Un articolo del professor Daniel McGowan


COSA SIGNIFICA DAVVERO IL TERMINENEGAZIONISMO DELL’OLOCAUSTO”?

Di Daniel McGowan[1]

Il termine Olocausto (scritto con la O maiuscola) viene riferito di solito all’uccisione di sei milioni di ebrei da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Si presume che fosse questa la “Soluzione Finale” attuata dalla Germania della questione ebraica. Gran parte di questo sterminio sistematico si ritiene che abbia avuto luogo nei campi di concentramento: fucilando, gasando e bruciando vive le vittime innocenti del Terzo Reich.

Germar Rudolf, Ernst Zündel, Robert Faurisson e altri che non credono a questa descrizione e che osano dirlo in pubblico vengono insultati come fanatici, antisemiti, razzisti e peggio ancora. Le loro ricostruzioni storiche alternative non vengono definite semplicemente “revisioniste” ma vengono sminuite come “negazionismo dell’Olocausto”.

I politici che cercano di arruffianarsi i voti degli ebrei o dei cristiani-sionisti etichettano gli scritti e i convegni dei revisionisti come “oltre tutti i limiti del discorso internazionale e del comportamento accettabile”. Gli ebrei non sionisti, come il rabbino Dovid Weiss del movimento “Neturei Karta”, vengono bollati come “odiatori di sé stessi”e vengono evitati e scacciati. Anche il professor Norman Finkelstein, i cui genitori erano entrambi sopravvissuti dell’Olocausto, e che ha scritto il libro “L’industria dell’Olocausto”, è stato stigmatizzato come negazionista. Ma mettendo da parte l’odio contro quelli che mettono in dubbio la veridicità delle tipiche narrazioni dell’Olocausto, cos’è che queste persone credono e affermano rischiando la galera e persino la propria incolumità fisica? Per la maggior parte dei revisionisti dell’Olocausto, o dei negazionisti – se preferite questo termine – i loro ragionamenti sono riassumibili in queste tre semplici tesi:

La “Soluzione Finale” di Hitler era finalizzata alla pulizia etnica, non allo sterminio;
Non vennero mai utilizzate camere a gas omicide sotto il Terzo Reich;
Dei presunti 55 milioni di persone che morirono nella seconda guerra mondiale gli ebrei uccisi furono meno di 6 milioni.

Tali tesi revisioniste sono così odiose da giustificare che quelli che le propugnano vengano ingiuriati, picchiati, e imprigionati? E, quel che più conta, non è possibile che le tesi revisioniste siano vere, o anche parzialmente vere, e che vengano disprezzate perché contraddicono la storia dell’Olocausto, una storia che è stata elevata a livello di religione in centinaia di film, monumenti, musei, e documentari?

E’ sacrilego chiedere - se davvero Hitler era intento allo sterminio - come hanno fatto Elie Wiesel, suo padre, e due delle sue sorelle a sopravvivere al peggior periodo di reclusione ad Auschwitz? Wiesel afferma che le persone venivano gettate vive in fosse fiammeggianti, e tuttavia persino le guide indottrinate di Auschwitz non confermano quest’affermazione.

E’ veramente “oltre tutti i limiti del discorso internazionale” mettere in discussione l’efficacia e le prove documentarie delle camere a gas omicide? Se altri miti, come l’estrazione del sapone dal grasso umano, sono stati accantonati come propaganda di guerra degli Alleati, perché mai sarebbe un “comportamento inaccettabile” chiedere se la camera a gas di Dachau non è stata [effettivamente] ricostruita dagli americani in quanto non è stato possibile trovare e utilizzare come prova nessun’altra camera a gas omicida ai processi di Norimberga?

Per più di cinquant’anni gli studiosi ebrei hanno speso centinaia di milioni di dollari per documentare ogni vittima dell’Olocausto nazista. I nazisti erano tedeschi, ossessionati dalla registrazione dei dati. Tuttavia sono stati raccolti solo 3 milioni di nomi e molti di loro morirono per cause naturali. E allora perché è cosi sbagliato dubitare che vennero uccisi meno di 6 milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale?

Il “negazionismo dell’Olocausto” potrebbe essere non più stravagante o non più criminale che affermare che la terra è piatta, se non fosse che l’Olocausto stesso è stato utilizzato come la spada e lo scudo nella costruzione di uno stato ebraico tra il mare Mediterraneo e il fiume Giordano, dove anche oggi oltre metà della popolazione non è ebraica.

La narrazione dell’Olocausto fa diventare gli ebrei le vittime supreme, non importa quanto essi esproprino o degradino o epurino etnicamente il popolo palestinese. La narrativa dell’Olocausto permette allo Yad Vashem, il più raffinato museo dell’Olocausto del mondo, di ripetere il mantra del “non dimenticare”, mentre esso è situato su una terra araba rubata a Ein Karem e guarda sulle fosse comuni dei palestinesi massacrati dai terroristi ebrei a Deir Yassin. La storia dell’Olocausto cancella ogni confronto tra Ketziot o Gaza e il concetto di campo di concentramento, quali esse sono in realtà.

L’Olocausto viene utilizzato per tacitare i critici d’Israele in quello che lo studioso ebreo, Marc Ellis, ha definito il patto ecumenico: voi cristiani guardate da un’altra parte mentre noi bastoniamo i palestinesi e costruiamo il nostro stato ebraico e non vi ricordiamo che Hitler era un buon cattolico molto tempo prima di diventare un buon nazista.

La narrazione olocaustiana di uno sterminio sistematico e industrializzato è stata anche una chiave importante per portare gli Stati Uniti in Iraq e ora contro l’Iran. Il titolo del recente convegno israeliano dello Yad Vashem rende tutto ciò di una chiarezza cristallina: “Negazionismo dell’Olocausto: spianare la strada al genocidio”.

“Ricordare l’Olocausto” sarà il grido di battaglia del prossimo grande scontro tra il bene (valori giudeo/cristiani) e il male (l’aggressione dell’islamismo radicale) e quelli che lo mettono in discussione devono essere demonizzati se non bruciati sul rogo.

Daniel McGowan è professore emerito dei College Hobart e William Smith.


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.codoh.info/newrevoices/nrdenial.html