Le leggi razziali furono un'ignominia. E quelle israeliane?


Due giorni fa, durante la trasmissione Ballarò, il presidente di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini ha detto che le leggi razziali fasciste del 1938 sono state "un'ignominia", un'ignominia che ha marchiato il fascismo in modo indelebile. A questo proposito vorrei dire a Fini e a quelli come lui: ma allora con le leggi razziali israeliane come la mettiamo? Se Fini è diventato davvero un sincero democratico perché non condanna con uguale fermezza le leggi che fanno di Israele uno stato razzista fondato (non lo dico io bensì autorevoli studiosi israeliani come Israel Shahak e Ilan Pappe) sull'apartheid?


In realtà Fini, nonostante le apparenze, è sempre rimasto fascista: solo che è passato, questo è il punto della questione, dal fascismo romano al fascismo sionista, infinitamente più pericolo del primo, visto che non solo è uscito vincitore dal secondo conflitto mondiale ma gode di una egemonia politica, in occidente, che negli ultimi decenni è diventata addirittura schiacciante.


E' il sionismo il vero fascismo del 2000, per chi non lo avesse ancora capito

A questo fascismo, così pervasivo e pericoloso - e incarnato da voltagabbana come l'"onorevole" Fini - cerchiamo di contrapporre almeno un minimo di resistenza intellettuale, per non soccombere al veleno della propaganda quotidiana.


E allora, a questo scopo, rileggiamo alcune citazioni, molto interessanti, tratte da I miti fondatori della politica israeliana, di Roger Garaudy (Genova, 1996).


Prima citazione (p. 117): "La segregazione si esprime anche nella politica degli alloggi. Il presidente della Lega israeliana dei diritti dell'uomo, dottor Israel Shahak, professore all'università ebraica di Gerusalemme, nel suo libro Le racisme de l'État d'Israël (Parigi, Authier, 1975, p. 57) ci fa sapere che in Israele esistono città intere (Carmel, Nazareth, Illith, Hatzor, Arad, Mitzpehn-Ramen e altre) nelle quali la legge vieta formalmente ai non ebrei di abitare."


Seconda citazione (p. 119): "Negli anni Cinquanta furono approvate due leggi concernenti il Fondo nazionale ebraico (23 Novembre 1953) e il Kéren Hayesod (Fondo di ricostruzione, 10 Gennaio 1956)...Le terre possedute dal Fondo nazionale ebraico sono state dichiarate "terre d'Israele" e una legge fondamentale ha proclamato la loro inalienabilità. Si tratta di una delle quattro leggi fondamentali adottate nel 1960." Questo significa, come scrive Garaudy, che una terra "redenta" dal Fondo nazionale ebraico è una terra diventata "ebraica": essa non potrà mai essere venduta a un non ebreo, né lavorata da un non ebreo.


Si può negare il carattere di discriminazione razzista di questa legge?


Terza citazione (p. 121): "Per cancellare perfino il ricordo dell'esistenza della popolazione agricola palestinese e accreditare il mito del "paese deserto", i villaggi arabi furono distrutti con le loro case, i loro recinti e anche i loro cimiteri...Il risultato globale è il seguente: dopo aver cacciato un milione e mezzo di palestinesi, la "terra ebraica", come la chiamano i responsabili del Fondo nazionale ebraico, che era il 6.5% nel 1947, rappresenta più del 93% della Palestina (per il 75% statale e per il 14% del Fondo nazionale). Il bilancio di questa operazione era anticipatamente (e significativamente) sottolineato nel giornale degli afrikaaners del Sud Africa "Die Transvaler", esperto in materia di discriminazione razziale (apartheid): "Qual'è la differenza tra il modo con cui il popolo israeliano si sforza di rimanere se stesso tra le popolazioni non ebraiche e quello degli afrikaaners per cercare di restare ciò che sono?"


Allora, "onorevole" Fini: qual'è la differenza?