Gli editoriali che i media italiani non riportano


CI STA ACCADENDO QUALCOSA DI BRUTTOEditoriale di Haaretz, 25 Febbraio 2008[1]

Tre anni fa, la CBS trasmise le immagini di soldati americani che torturavano i prigionieri della prigione di Abu Ghraib, in Iraq. Le immagini, orripilanti, provocarono il processo di otto soldati, la conseguente espulsione dall’esercito, e una tempesta d’indignazione in America. Durante il processo ad una delle guardie carcerarie, che venne condannata a otto anni di prigione, uno psicologo fornì la sua valutazione: secondo lui l’uomo condannato era una persona assolutamente ordinaria, senza alcuna tendenza particolare alla violenza, che aveva fatto la guardia per molti anni quando era civile, senza mai essersi comportato in modo sadico verso i prigionieri americani. La situazione di occupante e occupato, in quanto opposta a quella di cittadino contro cittadino, fa diventare violente le persone normali e fa perdere i freni inibitori. Ad Abu Ghraib - è venuto fuori nel corso del processo - il disprezzo era istituzionalizzato a ogni livello. Le guardie carcerarie capirono che “questo è il modo di comportarsi qui”.

La notte scorsa, il programma televisivo d’inchiesta “Fact” ha trasmesso immagini del nostro Abu Ghraib nazionale. Non sappiamo se un paese che è cresciuto con 40 anni di occupazione, e con le vicende che la accompagnano, rimarrà scioccato. Ci siamo abituati a trattare i palestinesi come esseri inferiori. Le generazioni vanno e vengono, e nuovi soldati torturano i residenti della città occupata di Hebron pressoché allo stesso modo. Vicende analoghe a quelle trasmesse la notte scorsa vennero mostrate dal gruppo Breaking the Silence [Rompere il silenzio] tre anni fa. Il detto “l’occupazione corrompe” è diventato una slogan della sinistra invece di essere un monito per tutti.

Questa volta, si tratta dei soldati [dell'esercito regolare] della Brigata Kfir. Essi hanno mostrato il loro deretano e gli organi sessuali ai palestinesi, hanno premuto una stufa elettrica sul viso di un ragazzo, hanno picchiato altri ragazzi fino a farli svenire, hanno registrato tutto sui loro cellulari e l’hanno inviato ai loro amici. Una delle loro “prodezze” consisteva nel verificare quanto a lungo un palestinese soffocato poteva resistere senza respirare. Quando sveniva l’esperimento cessava. I soldati hanno descritto attività per “rompere la routine” che erano torture a tutti gli effetti. Era sufficiente che un ragazzo “ci guardasse nel modo sbagliato” per essere picchiato.

In precedenza, al processo del tenente Yaakov Gigi, gli ufficiali parlarono di esaurimento per troppo lavoro, di “qualcosa di brutto accaduto alla brigata”, di un Far West, di una crisi morale. Il comandante della brigata, il colonnello Itai Virov, disse che “abbiamo fallito su diversi parametri”. Le sue parole esprimono la negazione della profondità di un tale fallimento. E' necessario che questi comportamenti continuativi, lontano dagli occhi dei comandanti, portino a una serie di indagini, e forse anche a delle espulsioni. E’ inconcepibile che il capo della brigata Hebron, il comandante della divisione, il Comando Centrale GOC, e persino il capo di stato maggiore, ignorino il comportamento effettivo dei soldati della brigata responsabile della sicurezza nella Cisgiordania. Il colonnello Virov ha ammesso che c’è stata una cospirazione del silenzio dentro la brigata – in altre parole una norma fatta di torture, e del loro occultamento. Per cambiare le regole, è necessario scioccare ed essere scioccati, non accontentarsi di poche condanne e di parole vuote sulla “perdita dei valori”.

Persone perfettamente ordinarie, come ha detto lo psicologo americano dei torturatori di Abu Ghraib, possono comportarsi come mostri quando ricevono un messaggio dall’alto per cui è permesso torturare, picchiare, soffocare, bruciare, umiliare la gente e fare tutto quello che il genio malvagio dell’uomo è capace di inventare per quelli che ricadono sotto il suo potere. Ci sta accadendo qualcosa di brutto, dicono nella Brigata Kfir. Questo “qualcosa” è l’occupazione.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.haaretz.com/hasen/spages/957536.html