Gaza: catena umana contro l'assedio


UNA CATENA UMANA CONTRO L’ASSEDIO

Di Rami Almeghari, 28 Febbraio 2008[1]

Il 25 Febbraio, il popolo sotto assedio di Gaza ha parlato chiaro contro la chiusura, imposta da Israele, del proprio territorio: migliaia di palestinesi – uomini, donne e bambini e membri del parlamento – hanno formato una catena umana sulle strade principali vicino al confine con Israele.

I manifestanti hanno lanciato slogan contro il paralizzante assedio israeliano, che è stato stigmatizzato dalle organizzazioni per i diritti umani e da molti governi occidentali come una forma di punizione collettiva contro la popolazione di Gaza (un milione e mezzo di abitanti).

Mosheera, un’insegnante, stava con i suoi allievi, schierati con dei poster al raccordo di Zemo, vicino al campo profughi di Jabalia, nella zona Nord della Striscia di Gaza.

“Viviamo sotto assedio, nessuno ci ascolta. Perciò, abbiamo deciso come un unico popolo di venire qui oggi con questa catena per mandare un messaggio al mondo intero: basta col silenzio sull’assedio di Gaza, basta col silenzio sulle uccisioni dei palestinesi, basta col silenzio sulla morte dei malati a causa del blocco”, ha detto Mosheera, con rabbia.

All’inizio della settimana, una campagna popolare per chiedere la fine dell’assedio ha lanciato una protesta della durata di una settimana, a livello locale e internazionale, con molti negozi di Gaza che hanno chiuso per tre ore.

La catena umana di Lunedì scorso è avvenuta per il perdurante, e paralizzante, blocco israeliano iniziato nel Giugno 2007, immediatamente dopo che il partito – regolarmente eletto – di Hamas prese il controllo del territorio costiero, nel mezzo della lotta per il potere con il partito rivale Fatah di Mahmud Abbas.

Rami Abdo, organizzatore della catena umana e coordinatore della campagna, ha parlato delle gravi conseguenze dell’assedio che dura da otto mesi: “Ogni mese, 600 pazienti fanno domanda per essere curati fuori Gaza, e secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa, dal 20 al 25% di tali richieste vengono respinte [da Israele].”

“Questo significa che Israele ha già condannato questi malati a morte, la maggior parte dei quali sono bambini”, ha detto Abdo, riferendosi ai malati già morti dopo l’inizio del blocco per non aver potuto ricevere le cure necessarie. Rifiutandosi di rilasciare i permessi di trasferimento, ha aggiunto Abdo, “Israele ha già condannato a morte 1.200 malati negli otto mesi appena trascorsi.”

Il Centro al-Dameer per i diritti umani, con sede a Gaza, dove le cure specialistiche sono spesso non disponibili e dove l’assedio ha avuto un impatto devastante sui servizi medici, ha riferito che dallo scorso mese di Giugno 100 malati che avevano bisogno di cure mediche fuori Gaza sono morti dopo che le loro richieste erano state respinte o dilazionate.

Inoltre, il Ministro palestinese dell’Economia di Gaza ha riferito che più del 90% degli impianti industriali di Gaza sono stati costretti a chiudere, lasciando senza lavoro 70.000 lavoratori.

I registri delle Nazioni Unite indicano che più dell’80% del milione e mezzo di abitanti di Gaza dipendono ora totalmente dall’assistenza alimentare fornita dall’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, la UNRWA, poiché il blocco ha accelerato il crollo della già fragile economia palestinese.

La catena umana è terminata con una conferenza-stampa dei parlamentari di Hamas a solo poche centinaia di metri di distanza dal valico di Erez, nella parte settentrionale di Gaza. I funzionari di Hamas hanno letto un comunicato di forte protesta contro il blocco, attuato secondo molti per erodere il sostegno popolare al partito islamico.

“Oggi i palestinesi stanno mandando un messaggio al mondo: noi siamo contro l’assedio, contro le minacce del nostro nemico che cerca di ucciderci, di uccidere il nostro spirito. Ma noi oggi siamo qui per dire al mondo che siamo ancora vivi, che siamo tenaci e che niente ci ucciderà”, ha detto Jamila al-Shanti, parlamentare e presidente di un comitato di donne palestinesi all’Electronic Intifada.

Un altro partecipante alla catena umana, uno studente di liceo chiamato Samar, ha affermato: “Mi piacerebbe fare una domanda ai capi arabi che ci circondano: quando vi sveglierete? Vi sveglierete dopo che tutto il popolo palestinese sarà già morto?”

Rami Almeghari

Rami Almeghari collabora attualmente a diversi media, compresi il Palestine Chronicle, l’IMEMC, l’Electronic Intifada e Free Speech Radio News.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/article9343.shtml